Siamo in una situazione terribile, potremmo dire che ci ritroviamo al giro di boa? Catastrofi naturali continuano ad imperversare in ogni parte del pianeta, e per colpa di chi? Dell’uomo che non sa curare la propria terra, la propria vita, come la propria nazione; ma che uomo è un governante che affama il suo popolo? Che uomo è un governante che pensa solo ai propri interessi od a quelli di pochi? O che uomo è un governante che pensa solo alla propria nazione affamandone altre? Ecco allora che riteniamo sia giunto il momento di una seria riflessione a tutti i livelli se non vogliamo andare verso l’autodistruzione.
Dittatori che in nome di un proprio divertimento “giocano con i soldatini” inviando missili verso altre pacifiche nazioni, Pazzi che in nome di una religione pensano di dover distruggere tutto e tutti per ripristinare un ordine mondiale che secondo loro è solo il proprio perché altri infedeli. Ci si mettono persino i “servizi sociali” ad alimentare ciò, basti pensare al caso di qualche giorno fa di quella bimba inglese di cinque anni – cristiana – affidata a due famiglie musulmane osservanti che non solo le hanno strappato il Crocifisso dal suo tenero collo, costringendola a rinnegare le proprie origini per divenire musulmana facendole studiare arabo e corano, ma lei invece piccola inglese cristiana non vuole più vedere quelle donne col “burqa”.
Da qui poi nasce ovviamente l’odio e la violenza nei confronti di chi sbarca – a ragione o torto – sulle nostre terre, senza talvolta neppure rispettare quelle che sono le nostre tradizioni, ma secondo alcuni benpensanti e buonisti bisogna invece accogliere indiscriminatamente “oves et boves”, senza pensare a quelle che saranno le conseguenze per il futuro delle nostre nazioni e delle tradizioni, soprattutto cristiane. Per questo riteniamo che solo nella coesione della carità e nella sincera ricerca d’avvicinamento ecumenico possa sempre più aumentare la pace civile e sociale nel mondo. Sì, la pace dell’umanità.
Questa causa suprema della pace penetri sempre più nella coscienza degli uomini, come un postulato indispensabile d’ogni benessere e d’ogni progresso, e come un coronamento sopra ogni cosa desiderabile di tutti gli sforzi rivolti a dare all’uomo una vita degna, nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore.
Nessuno ripudia la pace, in linea di principio; chi la ripudiasse di proposito, si costituirebbe da sé nemico dell’umanità. Così vediamo che tante iniziative di Uomini responsabili e autorevoli, di Stati, di Enti internazionali, di libere associazioni, di organi dell’opinione pubblica, si muovono alla ricerca, al consolidamento, alla promozione della pace.
È questo uno degli aspetti migliori della storia contemporanea; noi li ammiriamo, noi li incoraggiamo.
Ma nello stesso tempo vediamo insorgere ostacoli formidabili non solo allo sviluppo della pace, il quale reclama provvedimenti e rimedi molteplici e gravi, ma alla stabilità stessa della pace presentemente vigente nel mondo. L’ideale della concordia universale e del primato del bene comune, che la tragica esperienza della guerra e la paura di altra peggiore avevano acceso sul panorama del nostro secolo, sembra svanire in un sogno irrealizzabile. È questo che ci rende trepidanti ed afflitti.
Una volta ancora la storia umana dovrà forse documentare la parola che il mondo non è capace di darsi la pace, quella vera e fraterna, quella sicura e durevole? È così? È così? Il mondo è condannato a disperare di sé? Un fatalismo scettico dovrà guidare le sorti dell’umanità, e rinunciare al grande, impellente dovere di scongiurare a tempo l’immane sciagura d’una guerra “scientifica”, cioè per tutti orrendamente micidiale? Ci dovremo accontentare dei tentativi, finora sterili, per mettere fine a vari conflitti, che tutti tengono in ansia e in dolore; ovvero vi è altro da fare? Indubbiamente vi è altro da fare.
A questo proposito vogliamo ancora sperare che le nuove proposte di trattative per una composizione onorevole dei vari conflitti, la quale assicuri la libertà dell’una e dell’altra parte contendente, non siano respinte, ma siano piuttosto studiate e finalmente accolte, favorite come possono essere da imparziali mediazioni e presidiate da autorevoli garanzie per il bene di tutti i Popoli in lotta.
Ma intanto che cosa si fa? Lasciando a chi spetta il giudizio e l’azione sul piano della causalità temporale, noi cristiani, senza perdere la fiducia negli uomini, ricorriamo alla speranza, che nasce da un’altra causalità, quella non mai stanca, non mai lontana, della bontà di Dio che ci è Padre; e per meritare l’intervento risolutore di questa misteriosa e provvida causalità, ecco che ci rimettiamo in condizione di sperimentarne ancora una volta l’ineffabile e onnipotente assistenza; ci rimettiamo in preghiera per questo nostro Mondo sconvolto dagli uomini e dalla natura.