E qualcuno si meraviglia ancora se gli italiani all’estero hanno votato per la riduzione dei parlamentari?
Sono in diciotto, sei al Senato e dodici alla Camera dei Deputati, e sono serviti a ben poco, almeno per quanto riguarda l’epocale ingiustizia del pagamento dell’Imposta municipale sulla prima casa a carico degli italiani all’estero.
Di questi diciotto parlamentari, in passato qualcuno ha fatto almeno parlare di sé, occupando addirittura stampa e TV nazionali.
L’uno, infatti, è finito in galera accusato dalla polizia americana, l’altro è finito nel mirino delle “Iene” per gli strani messaggini notturni alla sua segretaria, l’altro ancora continua a fare ridere con il suo italiano maccheronico e l’ambizione di contribuire alla pace mondiale “interloquendo” con la Corea del Nord.
La maggior parte degli eletti all’estero, negli anni passati, è restata invece piuttosto silenziosa ma molto preoccupata di edificare la propria personale carriera politica, entrando in commissioni parlamentari e altri organismi di prestigio e di potere.
E gli interessi dell’elettorato all’estero? Dei sei milioni di Italiani all’estero, in Italia non se ne parla. Finito il piagnisteo stile “valige di cartone e bastimenti che partono per terre assai luntane”, sei milioni di cittadini italiani sembrano essere oggi privi di una vera e propria lobby parlamentare.
Lo stesso Senatore Ricardo Merlo, che per un caso di fortunata aritmetica parlamentare è riuscito ad accaparrarsi un ruolo al Governo come Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, non riesce ad andare oltre la stampa d’emigrazione ed è sconosciuto alla quasi totalità dei “consumatori” di notiziari politici nazionali.
Eppure, non è la prima volta che i seggi al Senato e alla Camera dei Deputati occupati da cittadini italiani eletti all’estero hanno acquisito un certo peso per la stabilità di un governo nazionale. È successo all’epoca di Berlusconi contro Prodi e succede anche oggi con i seggi al Senato del MAIE di Ricardo Merlo al fianco di Giuseppe Conte e compagni.
Ci si potrebbe aspettare quindi che questi eletti all’estero, che sono stati mandati a Roma dagli elettori italiani iscritti all’AIRE, si concentrassero maggiormente sui bisogni degli italiani emigrati (“emigrati” sì! Ed è ora che si ricominci a usare la parola “emigrati” giacché chi lascia il proprio Paese in cerca di lavoro all’estero, perché in patria non ne trova, tale è e tale rimane: un “emigrato”) e tra i bisogni degli emigrati rientra innanzitutto la necessità di essere trattati, almeno sul suolo nazionale, come tutti gli altri cittadini fortunatamente rimasti in Italia.
Ma non è così. Sei emigrato (o sei all’estero nel raro caso di una tua libera scelta non obbligata dal bisogno) e ti iscrivi all’anagrafe dei residenti all’estero? Zack! Sei tagliato fuori dal Servizio Sanitario Nazionale. T’iscrivi all’AIRE? Zack! Se vuoi una carta d’identità dal tuo comune d’origine, ti è negata. T’iscrivi all’AIRE? Zack! Ti tocca pagare la tassa sulla prima casa anche se è vuota e non ti procura redditi. T’iscrivi all’AIRE? Zack! Paghi la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, anche se tu immondizia non ne produci quando sei all’estero.
Insomma, una bella fregatura. Anzi, fregatura doppia se si pensa che fino agli anni 80-90 l’abitudine degli emigranti di investire i propri risparmi per la costruzione o per la ristrutturazione della casa in Italia era molto diffusa.
All’epoca ancora regnava l’illusione del ritorno dopo aver lavorato all’estero e i risparmi finivano in cemento e mattoni per tornare “a casa” e godersi la vecchiaia.
Paradossalmente, l’italiano che aveva dovuto lasciare il proprio comune per trovare lavoro all’estero, creava a sua volta lavoro in Italia, dando occupazione ad architetti, muratori, elettricisti, idraulici, insomma a tutti quelli che occorrono per rinnovare, acquistare o costruire una casa o un appartamento.
La risposta politica a quasi tre generazioni di lavoratori all’estero, che hanno mandato il proprio denaro e creato lavoro in Italia: pagami le tasse! Pagami le tasse mentre i tuoi connazionali che vivono in Italia, proprietari di casa come te, non le pagano!
Infatti, da quest’anno anche i pensionati italiani residenti all’estero, iscritti AIRE, sono obbligati al pagamento dell’IMU sugli immobili siti in Italia, di cui sono proprietari, anche se non sono ceduti in affitto. Se n’è andata a benedire pure quest’esenzione per la categoria degli anziani già in vigore dal 2014. Nel frattempo, l’esenzione in Italia dal pagamento dell’IMU continua a essere concessa a chiunque occupi la sua prima casa di proprietà. A chiunque sia cioè “residente” nella sua casa. Chi si trova all’estero, chi ha dovuto lasciare l’Italia in cerca di lavoro non è “residente” e pertanto paga.
Diciotto italiani mandati al Parlamento non sono in grado di ottenere l’esclusione dal pagamento IMU di chi è “residente all’estero per motivi di lavoro”. Diciotto politici che abbiamo mandato a Roma e che non riescono a ottenere la modifica di una sola parola nel testo della legge da “residente” a “domiciliato, iscritto AIRE”. Diciotto politici che tra poco diventeranno dodici, come i dodici apostoli.