L’approccio scarsamente pragmatico e poco lungimirante dimostrato da alcuni paesi UE sul fronte delle iniziative di contenimento della propagazione epidemiologica da COVID-19 è stato tale da creare una drammatica impasse operativa nell’intera Unione e si conferma, in maniera altrettanto drammatica, con la imperterrita volontà di attuare grossolanamente gli adempimenti comunitari previsti dal Regolamento UE 883/2004 sebbene le energie delle amministrazioni e degli enti deputati dovrebbero essere invece orientate verso la gestione di una crisi mondiale senza precedenti”. Lo dichiara in una nota il Segretario Nazionale, Iris Lauriola, della Confsal Unsa Esteri.
“La tutela dei diritti dei lavoratori, la corretta applicazione delle disposizioni comunitarie in un clima di confronto e di dialogo, priorità inderogabili, sembrano essere state immolate sull’altare di altri interessi nazionali, in deroga alla stessa disciplina comunitaria oltre che al sistema valoriale condiviso a livello europeo, che crea un precedente deprecabile a cui guardare con rammarico e preoccupazione”.
“Paesi come Germania, Belgio, Danimarca e Olanda pretendono l’applicazione dell’articolo 11 del regolamento 883/2004, dunque il transito obbligatorio di alcune categorie di lavoratori, in primis gli impiegati a contratto della nostra rete diplomatico-consolare all’estero, verso il loro sistema sociale e di sicurezza, malgrado sia ancora in corso un confronto con Roma e nonostante il carattere dubbio sotto il profilo legislativo ed amministrativo che tale disposizione regolamentare solleva e sui cui è almeno un decennio che tentiamo di rivederne la ratio”.
“Il transito obbligatorio verso il sistema di sicurezza del paese ospitante comporterà una riduzione tra i 400 e i 600 euro in busta paga per gli impiegati consolari, delle ambasciate e degli Istituti italiani di cultura dal prossimo maggio, e tutto questo appare paradossale non solo perché questi paesi si sono mostrati sordi verso le soluzioni proposte dall’Italia e dalla nostra rappresentanza, ma anche perché in una stagione emergenziale come quella attuale i singoli Paesi e l’Europa hanno il dovere di tutelare i cittadini e salvaguardandone e implementandone gli strumenti di sostegno al reddito e welfare”.
“E’ prioritario operare una scelta di etica istituzionale oltre che di opportunità
politica e amministrativa che porti il Governo, nella cornice europea, a
prevedere la sospensione dell’entrata in vigore dell’articolo 11 del Reg.
883/2004 bloccando dunque il transito obbligatorio verso il sistema di
sicurezza sociale dei nostri lavoratori, per tutta la durata dell’emergenza da
COVID-19, al fine di non intaccare la gestione amministrativa dell’emergenza e
nel contempo concedere un adeguato timing per il confronto europeo e bilaterale
che miri esclusivamente alla tutela dei lavoratori”.
“Non dimentichiamo che i nostri impiegati sono in prima linea all’estero per
supportare i nostri connazionali ed il sistema italiano travolti da
un’emergenza epocale, mettendo a repentaglio quotidianamente la loro salute,
per cui la mannaia che incombe sulle loro retribuzioni rappresenta, soprattutto
in questo momento, un schiaffo – non solo morale – alla loro dignità e alla
loro abnegazione”.