È del 7 gennaio l’ultimo comunicato della Confsal-Unsa -il sindacato con il maggiore livello di rappresentatività al Dicastero degli Esteri- lanciato contro l’evidente distrazione verso la riapertura delle sedi consolari soppresse dai passati governi, come avvenuto in Germania ad Amburgo, Mannheim, Norimberga e Saarbrücken. “È ora di chiedere ai nuovi responsabili politici e amministratori al vertice del MAECI, e senza mezzi termini, la semplice riapertura – a costo zero – delle postazioni consolari già soppresse in nome di un risparmio perpetrato sulle spalle dei più deboli, e cioè degli italiani che per lavorare hanno dovuto lasciare il Paese”.
Questo a “costo zero” citato dalla Confsal-Unsa, si riferisce evidentemente a quelle sedi, come Saarbrücken, in cui le amministrazioni locali hanno messo a disposizione del Governo italiano gli uffici pubblici gratuiti per ospitare un distaccamento consolare. Il Sindacato annuncia che: “La nuova legge finanziaria 2019 garantisce altre assunzioni per la rete consolare ma non basta. Diciamo grazie e ricordiamo però che ora è giunto il momento di collocare le nuove assunzioni nelle sedi già soppresse e che queste vanno finalmente riaperte”.
Ma cosa c’entra il medioevo?
Nel comunicato si legge: “Usciamo dal buio del medioevo, in cui la politica per gli italiani all’estero ha collocato in passato la ramificazione dei servizi consolari, con il pervertimento del principio di sussidiarietà e con la creazione di nuovi centri d’interesse, talvolta materiali, talvolta politici, attorno ai cosiddetti servizi ai connazionali”. Come nel film “Non ci resta che piangere” il Sindacato vede gli italiani all’estero nei panni di Troisi e Benigni catapultati nel medioevo e affidati per i loro servizi a: “Vassalli: Consoli onorari privi di deleghe adeguate, spesso completamente sopraffatti nell’affrontare le esigenze di comunità italiane che in taluni casi superano le trentamila unità. Poche ore di apertura mensili, per fungere spesso solo da passacarte e che in certi casi addirittura allungano i tempi di elaborazione delle pratiche consolari. Valvassori: Centri italiani di assistenza sociale come i Patronati ed Enti gestori di analoga natura alla disperata ricerca di una legittimazione sempre più scarsa all’estero, dove gli italiani ormai non hanno più bisogno di chi “gli fa la pratica di pensione”. Valvassini: la solita cerchia di persone che ruota attorno ai consolati con interessi di varia natura”.
La Confsal-Unsa teme che: “Soprattutto in Europa, dove vige il diritto al voto comunale attivo e passivo per i cittadini comunitari, l’uno o l’altro connazionale abbia ben pensato di “mettersi a disposizione”, raccogliendo una domanda di passaporto o consegnando una carta d’identità. I conti potrebbero tornare con l’equazione “Una carta d’identità uguale a un voto alle prossime elezioni comunali”. Il Sindacato Confsal-Unsa, evidentemente preoccupato che i posti di lavoro sulla rete estera al servizio degli italiani siano assottigliati con l’impiego di volontari, chiede in questo suo ultimo comunicato: “Che sia ripristinata la dignità nei servizi all’estero; che i servizi siano sottratti alla strisciante privatizzazione evidentemente in atto; che si realizzi una seria decentralizzazione dei servizi resi da personale del MAECI ben addestrato e ben attrezzato; che lo Stato rioccupi gli spazi lasciati vuoti nell’erogazione dei servizi statali all’estero, mettendo fuori gioco tutti quegli “strascinafaccende” che cercano vantaggi dalla tragedia delle chiusure consolari”.