L’estrema destra sconvolge in Germania gli equilibri politici e mette in crisi i democristiani già intontiti nella fase post Merkel
I fatti sono noti. Elezioni regionali in Turingia. Il partito dei Linke, già al governo, non riesce a raccogliere il 5 febbraio scorso voti sufficienti per la rielezione del governatore Bodo Rammelow, che peraltro gode comunque di un consenso oltre il 40%. Gli altri partiti al parlamento regionale non hanno nessuna chance di racimolare voti sufficienti attorno ai loro candidati. Linke, Verdi, liberali della FDP, i socialdemocratici della SPD, i democristiani della CDU e l’estrema destra dell’AFD si girano attorno a se stessi. Si nota però subito un intento comune: democristiani, estremisti di destra e liberali vogliono impedire ad ogni costo la rielezione di Rammelow.
Si deve annotare che Rammelow è un esponente dei Linke, il partito di sinistra, molto affermato in Turingia e che si è distinto per i suoi modi calmi e ragionevoli di gestire la politica regionale. Un uomo che con le sue posizioni, in passato, avrebbe trovato posto tra i socialdemocratici, quando si definivano ancora “Arbeiterpartei”, partito dei lavoratori, e anche nella CDU quando prevaleva, con Norbert Blühm e Heiner Geissler la linea dura della “Christliche Sozialethik”, l’etica sociale di stampo cristiano.
Accade così in Turingia che il candidato dei liberali, Thomas Kemmerich, è effettivamente eletto con i voti dei tre partiti che si vedono improvvisamente alleati contro il comune avversario, rinunciando a votare per i propri esponenti.
Bloccato il “comunista”, obiettivo raggiunto?
Sembrava di sì, almeno per le prime ventiquattro ore. Il democristiano Dregger si congratula per le elezioni. Non manca il mazzolino di fiori e la pacca sulla spalla. Il candidato della FDP si ritrova eletto governatore della Turingia con appena il 5% dei consensi e accetta la nomina con l’espressione del gatto che ha appena mangiato l’uccellino.
Realpolitik di stampo Germania Est. Tutti sembrano dire: e allora? Obiettivo raggiunto, abbiamo impedito ai Linke, quegli odiosi ex comunisti, di accaparrarsi la guida di un Bundesland.
I conti però non tornano alle centrali dei partiti CDU e FDP. La notte dopo le elezioni, i telefonini di Annegreth Kramp-Karrenbauer, Presidente della CDU/CSU Germania, successore in questo ruolo di Angela Merkel e di Christian Lindner Segretario nazionale dei liberali FDP si fanno roventi.
I giornali della notte escono con il titolo: CDU e Liberali alleati dei neofascisti!
Subito è chiaro che una semplice operazione aritmetica in un parlamento regionale, rischia di mettere in dubbio l’etica, la morale, la strategia e la faccia di due partiti da sempre autoproclamatisi liberali e antifascisti.
Particolarmente spiazzata in quest’operazione, è la Kramp-Karrenbauer. Tocca a lei ricordare ai suoi iscritti, democristiani di Turingia, che l’ultimo congresso della CDU ha imposto il divieto di alleanze politiche tanto a sinistra quanto a destra. Niente alleanze con i Linke e niente alleanze con l’AFD. Stessa cosa vale per i liberali. Le presidenze dei due partiti, dopo il voto in Turingia, si dissociano dalle loro sezioni. I Liberali ordinano al loro candidato “vincente” l’immediata dimissione. Annegreth Kramp Karrenbauer si presenta immediatamente alla sede del partito e impone la linea del congresso: astensione al voto, ritorno alle urne.
Ed ecco la crisi. Il candidato FDP non si dimette. La CDU della Turingia chiede tempo per una soluzione ad interim e si ostina nella linea dura contro Rammelow.
A questo punto, il capo dei Liberali Lindner, chiaramente delegittimato dai liberali della Turingia, convoca un congresso straordinario dei liberali e chiede la fiducia. La FDP nazionale conferma il proprio Leader che ne esce piuttosto malconcio ma vivo.
Per quanto riguarda la CDU, la situazione si rivela subito più complessa.
S’intromette, infatti, Angela Merkel, la Cancelliera, il capo storico della CDU! Con pochi riguardi verso la gerarchia interna del proprio partito, Angela Merkel licenzia personalmente e immediatamente l’incaricato del governo federale alle questioni della Germania orientale Christian Hirte. A Hirte prudevano le mani e subito aveva mandato il messaggino di congratulazioni al tizio della FDP che era stato eletto con i voti fascisti.
Angela Merkel non si trova nemmeno in Germania. È in visita di Stato in Namibia. Invece di approfittare della lontananza per dare tempo alla CDU di Annegreth Kramp-Karrenbauer di uscire dignitosamente dalla crisi, pronuncia nella conferenza stampa africana la frase “ la decisione della CDU in Turingia è un errore imperdonabile”. Attenzione: la Cancelliera ha detto “imperdonabile” e l’ha fatto coscientemente. Avrebbe potuto dire “ errore grave” oppure “mossa sbagliata contro le decisioni del congresso” o qualsiasi altro commento. Ha invece usato il termine “perdono” che significa: io questa roba sotto la guida della mia CDU, caro mio successore, non la perdono!
Dalla Namibia a Berlino i messaggi viaggiano alla velocità della luce.
Nemmeno ventiquattrore dopo la Kramp- Karrenbauer annuncia due cose: la rinuncia alla candidatura per la Cancelleria Federale e le dimissioni da Segretario nazionale della CDU, restando in carica solo fino a nuove elezioni da indire entro un anno.
Ed ecco venire a galla tutta la fragilità alla guida della CDU.
Ecco che tutti si accorgono che la Kramp-Karrenbauer non si è mai tolta di dosso i panni dell’apprendista. Ecco che la presenza di Angela Merkel, anche nelle questioni interne del partito CDU, è ancora indiscussa, ferma e ora addirittura ingombrante. Il piano di organizzare la successione di Angela Merkel alla presenza di una personalità, come quella di Kramp-Karrenbauer, che deve però ancora “crescere” è fallito.
La dinamica della CDU, come quella di tutti i partiti, pretende altri ritmi.
Lo dimostra il fatto che la proposta di attendere un anno per l’elezione del nuovo Segretario Nazionale è subito bocciata ai vertici della CDU. Un’altra batosta per la AKK. Ti sei dimessa? E allora vattene subito. Congresso ed elezione del nuovo vertice in aprile!
All’interno del partito, infatti, sono troppi quelli che scalpitano a cominciare da Friedrich Merz, i cui conti con Angela Merkel, da quando lo mise alla porta del vertice della CDU, non sono ancora saldati. È inevitabile che i nostalgici della CDU/ CSU rimpiangano i tempi di Adenauer, di Strauss e di Kohl. A loro sarebbe bastata una telefonata per richiamare all’ordine gli esponenti regionali del partito. Una telefonata fatta da qualche segretaria e tutti sarebbero ammutoliti.
Ora la Cdu è in crisi. E non è sola.
Qui in crisi si trova tutto il sistema politico e dei partiti tedesco. La crisi coinvolge la società tedesca nel suo insieme. In Germania, oltre il 10% degli elettori ha tendenze neofasciste. È questo il “veleno” di cui parla Angela Merkel. Ma, come in ogni caso di avvelenamento, la prima reazione è lo spavento, subito dopo, però, si deve correre a cercare un antidoto. E non solo. Bisogna cercare la fonte avvelenata. E la fonte è all’est. La fonte è in quella parte della Germania, dove per mezzo secolo non è stato inculcato quel giusto senso di colpa secondo cui la sola parola razzismo, o fascismo o nazismo deve fa venire la pelle d’oca.
I tedeschi dell’est sono stati indottrinati quali naturali difensori dal fascismo, assoggettati a un altro tipo di dittatura. Hanno perso un certo senso del pudore nell’esternare pensieri, che da questa parte della Germania sono definiti d’estrema destra. Che fare? I tedeschi faranno bene a tenere gli occhi aperti e a non aprire i loro salotti a gente che prova gusto nel fare paura e ha tutto l’interesse a distruggere l’ordine costituito, non avendo forza sufficiente per costruirne uno nuovo.
L’AFD, comunque, non va affrontata con l’esorcista. Occorrono piuttosto chiarezza e fermezza anche a costo di rinunciare a una poltrona politica, astenendosi da un voto.