Dall’accoglienza alla sicurezza: il Mediterraneo come autostrada senza regole
Il Governo italiano (che nel frattempo con il decreto-flussi ha permesso la regolarizzazione di molti immigrati irregolari inserendoli nel mercato del lavoro) aveva promesso in campagna elettorale una riduzione degli arrivi via mare, ma di fatto non riesce ad ottenerlo, anzi, si moltiplicano naufragi e sbarchi.
Lo ha ammesso la stessa Meloni ed il tema è divisivo e complesso.
Se il governo intervenisse duramente con un blocco navale sarebbe subito tacciato a sinistra di insensibilità oppure peggio, mentre contemporaneamente le regioni (a cominciare da quelle “rosse”) non vogliono i centri di raccolta dei nuovi arrivati. Se raccoglie i profughi è accusata di incapacità, se li respinge o non soccorre (vedi Cutro) la Meloni allora è una “assassina”. La Von der Leyen va e viene da Tunisi e Lampedusa, chiacchiera e rassicura, ma intanto Bruxelles concretamente non aiuta.
Nessuno vuole accogliere i nuovi arrivi, addirittura Austria, Francia e Germania dicono no agli ingressi e blindano le frontiere. La Germania contribuisce a rimpinguare le casse delle ONG che però sbarcano solo in Italia, ma anche sulla Tunisia l’Europa – a parte le belle parole – nicchia e tira a campare. I greci intanto di fatto chiudono, respingono e in definitiva se ne fregano delle critiche, mentre la maltese Metsola, presidente dell’Europarlamento, parla bene ma anche Malta non accoglie.
La Francia invece rassicura il martedì e il sabato mattina, il mercoledì il suo ministro dell’interno dice il contrario e il venerdì Macron rafforza i gendarmi a Ventimiglia: “viva la coerenza”.
Tutti – insomma – a parole sono umanitari, ma possibilmente a casa d’altri: funziona un po’ come con le discariche o le centrali nucleari. Intanto gli arrivi si moltiplicano con barchette in lamierino di ferro “usa e getta” che affondano o spesso vengono trainate ed abbandonate in mezzo al mare in attesa di soccorsi, mentre la rotta libica e tunisina è sempre più frequentata.
Il Mediterraneo è diventato così un’autostrada senza regole e un cimitero, ma decidere di non decidere è la scelta più sbagliata, anche perché così il “filtro” lo fanno gli scafisti.
Ricordiamo che, quando era di moda la via albanese, la questione fu risolta sostanzialmente affondando i gommoni (vuoti) direttamente nei porti di partenza: forse un intervento mirato in questo senso in Tunisia scatenerebbe i benpensanti, ma sarebbe un tentativo.
C’è ovviamente il dovere di solidarietà umana a salvare la gente in mare, ma la questione è di non farli partire e se per i “migranti politici” veri (pochi) c’è una logica e dovere di accoglienza, i migranti economici che arrivano hanno o no il “diritto acquisito” a restare? Come essere umani sicuramente sì, ma perché accogliere loro e non il loro vicino di casa? Vale il concetto che loro hanno rischiato e gli altri no, oppure perché hanno pagato i delinquenti scafisti/schiavisti? Non è una logica ammissibile!
Potrebbe essere un’idea se in Tunisia e in Libia si predisponessero dei campi di raccolta europei di filtro e di controllo e si imponesse che TUTTI debbano passare di lì PRIMA di traversare, pena l’essere respinti e informando di questa condizione tutti i potenziali migranti?
Sarebbe un bel passo avanti tenuto conto che abbiamo bisogno di molte di queste persone se scelte, indirizzate, preparate, coordinate e protette; ma non all’insegna del caos che genera rischi, soprusi, sfruttamento e morti in mare. Chi arriva in regola deve quindi avere diritti certi (come il possibile ricongiungimento famigliare) ma anche obblighi altrettanto certi (ovvero l’accettazione delle leggi del paese ospitante). Comportandosi poi bene nel tempo – come peraltro fa la gran parte degli immigrati – si dovrebbero acquisire cittadinanza europea e piena integrazione, tenendo anche conto che spesso – quando delinquono – gli immigrati lo fanno per necessità, emarginazione, ricatto e disperazione. Diritti e doveri dopo un ingresso controllato: bisognerebbe puntare su questa linea. Purtroppo oggi volendo parafrasare ciò che disse il grande Martin Luther King: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli”.