Nello scandalo del diesel la Merkel si è comportata come una monarca di altri tempi. La sua piena assolutazione per Vw & Co. stride con lo sdegno sollevato negli altri Paesi europei e soprattutto negli Usa. Per decenni l’industria automobilistica tedesca ha puntato le sue migliori carte sul diesel, esaltandolo come il motore più pulito al mondo. Costretta dal governo Usa ad ammettere la sistematica contraffazione dei dati del suo propulsore la Volkswagen sta cercando ora di riproporsi come un gruppo di avanguardia nel motore elettrico senza però poter contare come in passato sul vigoroso appoggio della politica e soprattutto della cancelliera Merkel. La quale dopo il fallimento della coalizione Giamaica appare visibilmente indebolita tanto che alcuni giornali hanno preso a definirla come “la Cancelliera di ieri”.
Il motore diesel ha sempre fatto parte del dna dell’auto “made in Germany” e a due anni dal dieselgate – lo scandalo della manipolazione dei dati dei gas di scarico dei motori diesel – riesce ancora difficile immaginare che Volkswagen, Mercedes e Bmw possano rinunciare a un tipo di propulsore che negli ultimi trent’anni ha assicurato loro prestigio e competitività. Negli Usa la Volkswagen ha pagato sinora oltre 25 miliardi di dollari tra ammende e risarcimenti ma è ancora da chiarire se il gruppo di Wolfsburg dopo aver risarcito gli automobilisti e le autorità addette alla salvaguardia dell’Ambiente debba anche pagare i danni subiti dai concessionari americani della Volkswagen. In Europa nei Paesi facenti parte dell’EU molti problemi causati dal dieselgate sono ancora da risolvere e molte cause legali sono in corso o stanno per cominciare. Soprattutto resta da capire quale prezzo l’industria tedesca sia disposta a pagare in termini di occupazione e di competitività con un’auto rivoluzionaria sotto tutti i punti di vista, senza più né pistoni né cambio, e che attualmente vede avanti gli americani con la Tesla e i cinesi con la Byd. Il problema non sarà tanto la produzione delle auto elettriche che il mercato molto lentamente incomincia a chiedere, quanto quello di riuscire a equipaggiarle con le batterie necessarie per farle correre. Il fatto è che le batterie, vero cuore della rivoluzionaria auto elettrica, renderanno l’industria tedesca dipendente dall’importazione di alcuni metalli, come litio e cobalto, che soltanto un ristretto numero di paesi del cosiddetto terzo mondo possono fornire.
Divieti di circolazione
Il 28 novembre a Berlino al terzo vertice diesel dei Comuni tedeschi presieduto dalla cancelliera Angela Merkel il problema della riduzione dell’inquinamento da ossido di azoto (NOx) causato dai motori diesel è stato affrontato in tutta la sua gravità ma è difficile dire se una Merkel visibilmente indebolita dal fallimento della coalizione Giamaica abbia ancora i numeri per poter credibilmente risolvere un tale problema. Negli ultimi anni i limiti massimi d’inquinamento ambientale di NOx in oltre 89 tra città e centri industriali tedeschi sono stati continuamente superati e dopo una serie di ammonimenti la Commissione Ue di Bruxelles appare ora decisa a passare dalle parole ai fatti e a denunciare, se sarà necessario, la Germania presso la Corte Europea di Giustizia. Le inevitabili conseguenze nelle aree colpite saranno i divieti di circolazione per molti tipi di veicoli diesel e parallelamente sanzioni monetarie a carico della Repubblica federale tedesca. In un tentativo dell’ultima ora, è il caso di sottolinearlo, la Cancelliera Merkel si è impegnata ad avviare un urgente programma di un miliardo di euro per finanziare alcune tra le più urgenti misure al fine di scongiurare, così almeno si spera, possibili divieti di circolazione, sui quali il Tribunale federale amministrativo di Lipsia dovrà pronunciarsi il 22 febbraio del prossimo anno. La speranza è che l’avvio del programma deciso dalla Merkel convinca le autorità amministrative comunali dell’efficacia delle misure decise a fine novembre, come la prossima eliminazione nelle città tedesche degli attuali autobus diesel del servizio pubblico fortemente inquinanti che saranno sostituiti con moderni veicoli elettrici rispettosi dell’ambiente e che però l’industria automobilistica tedesca non è ancora in grado di fornire. Inoltre, anche l’urgente estensione delle poche e insufficienti corsie preferenziali esistenti nei centri cittadini.
Mancano veicoli elettrici
Più imbrogliata di così la situazione non potrebbe essere: da un lato, Bruxelles che decide i limiti massimi dell’inquinamento dei motori diesel e i Länder tedeschi che decidono severi piani di difesa dell’ambiente; dall’altro, invece, l’industria tedesca dell’auto che sinora è ricorsa ai più impensati e illegali stratagemmi e che ora va sostenendo che i dati di emissione dei gas di scarico verrebbero intenzionalmente malinterpretati. La verità è che gli autobus del servizio pubblico, i veicoli per la raccolta dell’immondizia, le autoambulanze, i taxi e i veicoli per la consegna dei generi alimentari sono tutti diesel e insieme con le auto private sono una delle fonti più nocive dell’inquinamento delle città. Verità è anche che tutta l’industria tedesca sinora ha fatto finta di non saperlo e che di fronte alle accuse di essere responsabile della morte prematura di migliaia di cittadini reagisce oggi asserendo che si tratterebbe di una campagna diffamatoria. Meno male che esiste una Deutsche Post la quale sta dimostrando credibilmente che il problema dei mezzi elettrici per il trasporto cittadino era di facile soluzione. Bastava avere soltanto la volontà di costruirli, ma a dispetto di tutti i tentativi fatti dai responsabili delle Poste tedesche non è mai stato possibile in passato convincere l’industria tedesca a iniziare la produzione. Si arriva così al 2014 – nota bene due anni prima dello scandalo del diesel – quando la Deutsche Post decide di costruire di propria iniziativa i mezzi di trasporto a motore elettrico in una fabbrica ad Aquisgrana che sarà seguita nel 2018 da un’altra fabbrica a Düren. Le due fabbriche insieme avranno una capacità annuale complessiva di 20mila veicoli elettrici da trasporto, di cui molti potranno essere venduti anche ad altre imprese di trasporto. Insomma, la Deutsche Post sta riuscendo splendidamente senza aiuto alcuno in un settore nel quale la grande industria automobilistica tedesca sta appena incominciando a muoversi. Senza per altro dimenticarsi di parlare male delle batterie, la cui produzione e il loro successivo smaltimento sarebbero altrettanto problematici come lo è il motore diesel.
Bilancio deludente
Nel complesso si ha l’impressione che a prendere sul serio l’auto elettrica per il momento sia soltanto la Cina, mentre in Europa e in modo particolare in Italia si è ancora lontanissimi dall’annunciata rivoluzione e ancora più dall’aver cominciato a riflettere sulla costruzione delle stazioni di ricarica. Più avanti sembrano essere i paesi del nord Europa, Svezia e Norvegia. Per quanto riguarda la Germania bisognerà attendere l’esito delle eventuali trattative di grande coalizione o la decisione di un governo di minoranza guidato da Cdu-Csu e dai liberali. Indipendentemente da ciò, si può già dare per scontato che Berlino rifiuterà un’eventuale quota di auto elettriche e che l’industria tedesca è decisa a puntare le sue migliori carte sull’auto ibrida, vale a dire su un‘auto equipaggiata con due motori, uno elettrico e l’altro tradizionale, a diesel o a benzina. Con l’elettrico si correrà in città e con il diesel sull’autostrada si continuerà senza limite di velocità nella “buona” tradizione tedesca. Anche questo il normale automobilista europeo fa fatica a comprenderlo.