Il padre: “Mio figlio non può essere lasciato morire”
L’appello arriva via internet: „Sono due anni che sono in carcere e non ce la faccio più, sono stanco dentro. Chiedo all’Italia di chiudere questa situazione in tempi veloci perché hanno detto chiaramente che sono stufi, che mi uccideranno“.
A parlare è il bresciano Alessandro Sandrini, 32 anni, scomparso due anni fa durante un viaggio in Turchia. È stato ripreso con una tuta arancione da carcerato e con due uomini armati alle spalle. Il video è stato pubblicato da un sito americano specializzato nel monitoraggio dello jihadismo. „Non vedo futuro, non so cosa pensare in questa situazione. Chiedo alle istituzioni di risolvere questa situazione“. Parole espresse in 52 secondi di filmato. Il padre Gianfranco ha affermato di non essere stato informato del nuovo video arrivato e di averlo scoperto guardando il servizio di un telegiornale locale all’ora di pranzo. „Sono senza parole, sto male a vedere mio figlio così“, dice da Brescia il genitore. „Nessun politico ci ha aiutato, ci sentiamo abbandonati – si sfoga con l’ANSA -. Mio figlio non può essere lasciato morire“.
Il ragazzo era partito per un viaggio in Turchia, ad Adana – cittadina a 180 chilometri da Aleppo – il 3 ottobre del 2016. La vacanza in solitaria, prenotata e pagata dall’Italia, sarebbe dovuta durare una settimana, ma sull’aereo che il 10 ottobre atterra all’aeroporto bergamasco di Orio al Serio, Sandrini non c’è. „Mi ha mandato un messaggio il giorno prima dicendomi di andare a prenderlo, ma non si è visto“, racconta la fidanzata. Per un anno di lui non si è più saputo nulla. Fino al 19 ottobre 2017 quando chiama la madre Evelina, dipendente in un bar della città. „Non so dove sono, mi hanno sequestrato, sono trattenuto. Ti prego aiutami“, disse. Per gli inquirenti bresciani si trova sul confine tra Siria e Turchia, ma la vicenda non è chiara. Non si conoscono i carcerieri, non ci sono rivendicazioni e nemmeno richieste precise di riscatto. A dicembre successivo, avviene un altro contatto e Sandrini alla madre racconta: „Vogliono i soldi, qui non scherzano“. Prima di Natale scorso, il 23 dicembre, il bresciano telefona ancora a casa: „Sono in una stanza tre metri per tre“. L’ultimo dialogo diretto tra madre e figlio è invece del 21 gennaio: „Lo Stato italiano non sta facendo nulla. Mi vogliono far morire qui“, afferma.
L’inchiesta nel frattempo viene trasmessa dalla Procura di Brescia a quella di Roma. A marzo nel fascicolo finisce un primo video nel quale si vede Sandrini con una tuta arancione da carcerato e sotto la minaccia di due uomini armati. Parla solo lui e chiede aiuto. Ieri il secondo video e l’ennesimo appello.
La Farnesina intanto segue „con la massima attenzione“ il caso di Sandrini. „Come in precedenti casi analoghi – spiega una nota – il ministero mantiene, nell’interesse esclusivo del connazionale, il più stretto riserbo sulla vicenda, tenendosi in stretto contatto con la famiglia“.