Affinché questo si realizzi è però necessario che siano prima di tutto gli italiani ad essere consapevoli della cultura della quale sono portatori e devono essere soprattutto i loro rappresentanti in Italia, in Europa e all’estero a voler valorizzare la cultura italiana nel mondo, e non solo a parole.
Valorizzare la cultura italiana non significa infatti soltanto promuovere una riforma, o organizzare corsi di italiano per stranieri, o mostre o rassegne cinematografiche, significa in primis difendere il diritto dei bambini binazionali a mantenere la loro parte di identità italiana, i contatti con l’Italia e la famiglia residente al di fuori della Germania.
In altre parole tutto ciò che viene sistematicamente negato ai bambini italo-tedeschi (ma anche interamente italiani) che per loro sventura si sono trovati a risiedere almeno per sei mesi sul suolo tedesco, i sei mesi necessari ad attribuire la competenza giurisdizionale al tribunale familiare tedesco e a permettergli di decidere, secondo la visione teutonica del Kindeswohl, che per il loro “bene” non devono avere contatti e legami con il o i genitori italiani e la loro cultura.
In altre parole tutto ciò che viene sistematicamente negato ai bambini italo-tedeschi (ma anche interamente italiani) che per loro sventura si sono trovati a risiedere almeno per sei mesi sul suolo tedesco, i sei mesi necessari ad attribuire la competenza giurisdizionale al tribunale familiare tedesco e a permettergli di decidere, secondo la visione teutonica del Kindeswohl, che per il loro “bene” non devono avere contatti e legami con il o i genitori italiani e la loro cultura.
Di tutto ciò Laura Garavini è al corrente, tanto è vero che nel 2009 aveva presentato un’interrogazione molto chiara e articolata a questo proposito, anche se non esaustiva del problema. Peccato che subito dopo, a Radio Colonia, aveva ritrattato usando le argomentazioni tedesche “gli Jugendaemter lavorano bene, se ci sono degli errori si tratta di pochi casi isolati”.
Centinaia e centinaia di casi posso essere definiti “isolati”? Anche Reiner Wieland quest’anno, in Commissione Petizioni, dopo essersi ritrovato a dover discutere delle Petizioni contro lo Jugendamt che poco prima aveva fatto cancellare dall’ordine del giorno, ha ribadito che “se ci sono tanti di questi errori è perché la Germania è un grande paese e non perché si tratti di un sistema”
Centinaia e centinaia di casi posso essere definiti “isolati”? Anche Reiner Wieland quest’anno, in Commissione Petizioni, dopo essersi ritrovato a dover discutere delle Petizioni contro lo Jugendamt che poco prima aveva fatto cancellare dall’ordine del giorno, ha ribadito che “se ci sono tanti di questi errori è perché la Germania è un grande paese e non perché si tratti di un sistema”
Sono passati 5 anni e, a parte l’affinamento linguistico per negare il problema e il sistema, cosa è cambiato? Ulteriori migliaia e migliaia di bambini binazionali sono diventati solo tedeschi, monolingui e monoculturali. Non compaiono in nessuna statistica, perché sono casi che vengono trattati all’interno della giurisdizione tedesca, nelle udienze a porte chiuse dei tribunali familiari o nelle squallide stanze degli incontri, dapprima concessi ma alla fine sempre negati, delle infinite sedi dello Jugendamt, o del Kinderschtzbund, o di altri Freie Traeger con nomi altrettanto idilliaci.
In Germania il tema è tabù, è vietato parlarne e chi lo fa viene criminalizzato, come Olivier Karrer o come la sottoscritta
Abbiamo portato il problema in Europa, ma tranne pochi eurodeputati coraggiosi, come Cristiana Muscardini e Niccolò Rinaldi, tutti gli altri non hanno osato affrontare i tedeschi: “Sono forti, sono in maggioranza”.
Ebbene ora la maggioranza tedesca si è ridimensionata; infatti la delegazione italiana nel Partito Socialista Europeo (nel quale è confluito il Partito Democratico del quale la Garavini fa parte) è ora la delegazione più numerosa. Avranno ora il coraggio i nostri rappresentanti politici di mettere in atto, loro per primi, “una riforma che valorizzi la cultura italiana” in Germania?
Ebbene ora la maggioranza tedesca si è ridimensionata; infatti la delegazione italiana nel Partito Socialista Europeo (nel quale è confluito il Partito Democratico del quale la Garavini fa parte) è ora la delegazione più numerosa. Avranno ora il coraggio i nostri rappresentanti politici di mettere in atto, loro per primi, “una riforma che valorizzi la cultura italiana” in Germania?
Ci auguriamo che non si tratti, per l’ennesima volta, di belle parole e di dichiarazioni vuote, perché servirebbero solo ad alimentare la sfiducia nella nostra classe politica. Intanto le associazioni che riuniscono le vittime delle Jugendamt tedesco si moltiplicano in tutta Europa e sono pronte a fornire
ai politici tutte le informazioni e i documenti che vorranno richiedere … se li richiederanno.