Parte di una strategia «demenziale». Signori, si sbaracca. In Germania, in Francia, in Belgio, in Svizzera… È l’abbattimento della rete consolare italiana nel mondo. Oltre 20 sedi, per il momento. Ma il numero è destinato a crescere. Dal 1 giugno 2010 via alla «razionalizzazione» della rete diplomatica italiana all’estero: i primi consolati colpiti sono a Mulhouse in Francia, a Gent in Belgio, a Coira in Svizzera, a Saarbrucken e Norimberga in Germania. Lo ha annunciato ieri, riferendo alla commissioni esteri della Camera e Senato, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica.
È solo l’inizio. Ma devastante. Lo denunciano le organizzazioni sindacali delle feluche e i rappresentanti delle comunità italiane all’estero. La scure dei tagli – valutano le rappresentanze sindacali dei diplomatici e del personale del Ministero Affari Esteri – si abbatte su oltre 20 sedi, tra consolati, consolati generali, ambasciate e istituti di cultura. Lo smantellamento è già iniziato. In Belgio, ad esempio, la scorsa estate è stato chiuso lo storico consolato di Liegi. La protesta dilaga. E a poco servono le rassicurazioni del sottosegretario Mantica, che ieri ha spiegato come, per gran parte delle sedi destinate alla chiusura, si provvederà alla collocazione di un console onorario, di sportelli o di agenzie consolari «asciutte, dotate cioè di due funzionari».
Dimagrimento che rischia di trasformarsi in «anoressia» diplomatica. Rifletteva (giugno 2009) Silvana Mangione, Vice segretaria per i Paesi anglofoni del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie): «Mi chiedo se l’Italia si rende conto che Durban è il maggiore porto dell’Africa rivolto verso l’Asia e del volume di affari che rappresenta. La stessa cosa si può dire di Brisbane, città e porto che costituisce un vero asset per il bel Paese e sta vivendo la più rapida crescita demografica ed economica in Australia, come sta avvenendo negli Stati Uniti con Filadelfia. È interessante, per non dire stupefacente, che pochi mesi fa sia stato inviato a Filadelfia un dirigente scolastico ed ora si voglia eliminare il Consolato Generale del quale egli dovrebbe guidare l’ufficio didattico. Della serie: non sappia la mano destra quello che fa la sinistra. Mi chiedo se l’Italia è a conoscenza del fatto che la Fiat è stata appena autorizzata all’acquisto di gran parte degli asset della Chrysler e che Detroit e il Michigan saranno punto chiave per le operazioni negli Usa della nostra massima industria. Questo è il momento più adatto a potenziare, non cancellare il Consolato di Detroit…».
Consolati e non solo. I tagli imposti dalla Finanziaria 2010 al magro bilancio del Mae potrebbero portare ad un pesante ridimensionamento, in quantità e qualità, degli istituti italiani di cultura all’estero. Tra le aree del mondo più colpite risulta l’Australia, dove nel 2010-2011 è prevista la chiusura delle sedi consolari di Adelaide, con passaggio delle competenze a Melbourne, e Brisbane, e sdoppiamento di questa giurisdizione fra Sydney (per il Queensland) e Perth (per il Northern Territory). Altre 13 sedi consolari sono destinate a scomparire nella ristrutturazione-sfascio, in Europa centrale e occidentale fra Germania, Belgio, Svizzera, Francia, Regno Unito, due in Africa (fra cui Durban), due negli Stati Uniti (Detroit e Filadelfia), Gedda in Arabia Saudita, Karachi in Pakistan, Alessandria in Egitto…
L’altra faccia dello smantellamento del «sistema-Italia» nel mondo riguarda la cooperazione internazionale. La Finanziaria 2010 ha assegnato alla cooperazione allo sviluppo la miseria di 326 milioni di euro. Riducendo gli aiuti di circa 500 milioni per il secondo anno di fila, l’Italia si è allontanata ancora di più dall’obiettivo stabilito in sede europea e Onu di assicurare lo 0,7% del Pil allo sviluppo entro il 2015 e lo 0,51% entro il 2010. Dei 326 milioni previsti, 123 sono stati già impegnati per iniziative deliberate e 30 milioni per le spese di funzionamento.
In sintesi la Direzione generale cooperazione allo sviluppo (Dgcs) potrà disporre di 173 milioni di euro per nuove iniziative nel 2010 contro i 193 dello scorso anno. Se la tendenza rimarrà invariata, nel 2011 la legge 49/87 disporrà di soli 210 milioni: sottraendo le spese di funzionamento e gli impegni pregressi da finanziare, alla Dgcs resteranno solo 60 milioni per nuove iniziative. Praticamente niente. La manovra 2010 – ha più volte denunciato il Cini, Coordinamento italiano network internazionali, composto da ActionAid, Amref, Save the Children, Terre des Hommes, Vis, Wwf e World Vision – non stanzia risorse neppure sufficienti ad avviare il versamento verso Banche e Fondi di sviluppo in scadenza tra 2009-2011 (334 milioni entro il 2010).
A preoccupare chi opera nella cooperazione non è solo la cura dimagrante del fondo, ma anche la scomparsa del 5 per mille dalla Finanziaria e l’assenza di notizie sul 5 per mille del 2007. Il taglio di 406 milioni sugli stanziamenti autorizzati per il triennio nel 2008, ricorda il Cini, non ha solo ripercussioni sull’immagine internazionale dell’Italia. Ma sui tagli al salario degli insegnanti e dei 76 mila infermieri in Kenya, alle opere irrigue indispensabili in Africa, ai 15 milioni di vaccinani per la poliomielite in Africa, ai salvavita e antiretrovirali per 2,8 milioni di persone.