In tale atto parlamentare i deputati eletti dagli italiani all’estero, dopo aver sottolineato la funzione strategica della politica estera e della rete diplomatico-consolare per la promozione del sistema paese proprio in un contesto di crisi ed aver osservato la “sproporzionata erosione delle risorse finanziarie assegnate al bilancio del Ministero degli Affari esteri” e la situazione dell’offerta linguistica e culturale dell’Italia nel mondo, che oggi “è posizionata al minimo storico”, hanno chiesto al Governo di impegnarsi su tre punti fondamentali per le politiche in favore delle comunità italiane nel mondo, ovvero l’offerta linguistico-formativa, la parità di trattamento fiscale ai fini IMU con gli italiani residenti in Italia per la prima casa e una revisione della riorganizzazione della rete diplomatico-consolare.
Nello specifico i deputati eletti all’estero hanno chiesto al Governo di impegnarsi “ad attivare prontamente iniziative e programmi concreti di sostegno dell’offerta di lingua e cultura italiana, ricorrendo alle risorse individuate da Governo e Parlamento in sede di conversione in legge del D.L. 30 maggio 2012, n. 67, ammontanti a due milioni di euro, e provvedendo a reintegrare, con il primo provvedimento utile, le risorse volte a qualificare l’offerta di lingua e cultura italiana all’estero”.
Inoltre, gli eletti all’estero hanno impegnato il Governo “a introdurre una moratoria quadriennale prima di prevedere ulteriori chiusure di uffici consolari o di sedi diplomatiche, escludendo, in ogni caso, ogni ulteriore razionalizzazione che non sia preceduta da una efficace e selettiva riorganizzazione della spesa del Ministero degli Affari Esteri, così come di una ponderata valutazione, da svolgere con il coinvolgimento del Parlamento, delle esigenze di carattere amministrativo dei cittadini italiani emigrati nonché del necessario supporto alla promozione del sistema Italia nello scenario globale”.
Invece, il punto del dispositivo che impegnava il Governo “a ristabilire, con apposito provvedimento, la parità di diritto tra i cittadini italiani residenti in Italia e i cittadini italiani emigrati in materia di Imposta Municipale Unica (IMU), affinché l’unità immobiliare posseduta in Italia a titolo di proprietà o di usufrutto da cittadini italiani residenti all’estero venga considerata abitazione principale” è stato ritenuto non attinente in materia, e quindi inammissibile, dalla Presidenza della Camera. Nemmeno l’accalorato intervento in Aula dell’on. Franco Narducci, volto ad ottenere la riconsiderazione della decisione di inammissibilità, ha smosso la Presidenza della Camera, che ha confermato la decisione di inammissibilità.
Un fatto inaccettabile – come ha sostenuto Narducci – che, rivolgendosi al Presidente, ha sottolineato come “il Governo, rivedendo le norme sull’IMU (e il Parlamento, del resto), ha creato due categorie di cittadini italiani (che costituzionalmente sono tutti uguali): una categoria di «serie A» e una categoria di «serie B». Vada il Governo – ha incalzato Narducci – a spiegare ai nostri operai sessantenni a Wolfsburg e in altre parti del mondo, che hanno fatto il bene di questo Paese e hanno investito i loro risparmi in Italia, per quale motivo devono pagare la loro casa, adibita a loro esclusivo uso personale, come se non fossero cittadini italiani. Non capiamo perché debba essere inammissibile questo quesito".