Orrendo il naufragio che il 19 aprile, secondo uno dei salvati, ha provocato oltre 900 morti. La Guardia costiera ha confermato la cifra, dato che il barcone poteva portare “diverse centinaia di persone” e che era “sovraccarico”. A detta del succitato migrante, sul peschereccio proveniente dalla Libia si trovavano 950 persone, tra le quali 200 donne e 50 bambini, la maggior parte di loro chiusi nella stiva, quindi impossibilitati a mettersi in salvo. È la più grave sciagura del mare dal dopoguerra, peggiore anche di quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013 che registrò 366 morti e 20 dispersi. Al momento in cui scriviamo sono solo 24 i corpi recuperati e 28 le persone messe in salvo. Un dramma al quale, il giorno dopo, si è aggiunto quello dell’isola di Rodi ove una barca ha sbattuto contro le rocce ed ha cominciato ad affondare.

Una tragedia senza precedenti

Dei 200 migranti a bordo, forse provenienti dalla Turchia, ne sono stati salvati 83, una ventina dei quali portati poi in ospedale; un uomo, una donna e un bambino sono stati trovati morti, degli altri non si sono ancora trovati i corpi. Una tragedia senza precedenti, cui si dovrebbe in qualche modo porre riparo, bloccando il traffico infame di esseri umani che sperano, emigrando, di sfuggire alla fame ed alle uccisioni per motivi politici o religiosi. Sta di fatto che, in 4 mesi, sulle nostre coste ne sono sbarcati undicimila, molti di più degli anni precedenti, tra i quali alcuni esponenti del terrorismo islamico. Una crescita del traffico criminale, gestito in combutta con alcuni estremisti musulmani, che ha comportato un costo enorme allo Stato, quindi agli Italiani, soprattutto ai 12 milioni che subiscono ancora gli effetti disastrosi della crisi economica. Il che ha spinto il ministro degli Esteri spagnolo, Josè Manuel Garcia Margallo, a definirla “questione sufficientemente seria, grave e globale” che dovrebbe stimolare “gli organi competenti delle Nazioni Unite ad affrontare il fenomeno che sta mettendo a rischio la pace e la stabilità nel Mediterraneo”.

L’Europa colpevole della tragedia

Ne è convinto anche il nostro Primo Ministro, Matteo Renzi, che ha chiesto d’urgenza una riunione ministeriale del colleghi Ue, in quanto le attuali circostanze “necessitano di un approccio globale”, degli Stati Europei e dell’ONU. Confederazioni che, secondo l’ex ministro degli Esteri francese, Kouchner, dovrebbero vergognarsi perché “sorpresa ed indignazione non bastano più. Non facciamo finta di sorprenderci, era da un anno e mezzo che sapevamo delle migliaia di morti nel Mediterraneo… Da troppo tempo abbiamo lasciato soli gli italiani a gestire questo problema ed accogliere tutti questi naufraghi. Possiamo dir loro grazie. Ma in questa vicenda l’Europa è colpevole di mancato soccorso a persona in pericolo, ci fa vergogna”. Al che si è unito il Ministro degli esteri danese, Martin Lidegaard, sostenendo la necessità di “affrontare i crescenti conflitti in Libia, Africa e Medio Oriente”, che, a quanto pare, spingono un milione di fuggiaschi a cercare di arrivare in Europa. Come? Domanda, questa, su cui non c’è, finora, un accordo.

Rischiano di morire per una vita migliore

Qualcuno suggerisce di organizzare il rimpatrio delle migliaia di profughi negli Stati di origine, tramite accordi con i governi locali: ma se sono fuggiti per paura di essere ammazzati o per fame, ciò significherebbe rimandarli a morire per motivi religiosi o per denutrizione. Altri consigliano di affondare i barconi dei naufraghi, trasmettendo la distruzione per televisione nelle TV africane. Essi però trascurano il fatto che, chi scappa, sa di rischiare la vita pur di non subire più fame, torture, violenze. Oppure preferisce che una figlia o la moglie muoiano in mare, piuttosto che vederle violentate ed uccise, come oggi accade in tante parti del Medio Oriente e dell’Africa dove ogni assassinio si accompagna al grido Inshallah (Così sia per Allah!).

La stessa noncuranza di chi pensa di chiudere i centri di accoglienza e di espellere quanti sbarcano in Italia, perché ritenuti corresponsabili degli scafisti ai quali pagano somme che oscillano tra i mille e i diecimila dollari a testa, convincendoli a continuare il loro macabro traffico.

Bisogna agire insieme. L’Italia non può da sola gestire la situazione

Certo, qualcosa va fatta, soprattutto dalla Magistratura italiana che, dei 1002 scafisti arrestai, solo il 10% dei condannati sconta la pena e la maggior parte di essi è assolta “per mancanza di prove”. Ma anche con l’aiuto di un’Europa meno indifferente di fronte a tragedie che diventano sempre più imponenti. Drammi che spingono alla doverosa necessità di salvare gli affamati o chi cerca di sfuggire alle violenze dei fondamentalisti islamici: disperati che sperano di trovare quella sicurezza che i loro Paesi d’origine non garantiscono. L’Italia però, non può accogliere milioni di persone né gestire da sola una situazione gravissima. Occorre che il vertice straordinario dell’UE, voluto da Renzi, trovi una strategia capace di fronteggiare lo spostamento immane di popoli in fuga dai massacri di guerre atroci e spietate o dalla fame. L’Europa deve provvedere subito, mettendo fine allo sterminio dell’Isis e dando ai più poveri i soldi spesi per accogliere e mantenere gli immigrati. Altrimenti rischia il collasso.