Ultimamente un mio caro amico scriveva: "Ecco perchè quello tra Occidente e Islam non è uno scontro tra religioni ma tra visioni differenti dell’uomo e del mondo". Nonostante i passaggi coranici facciano esplicito invito alla pace verso la "gente del libro" (Ebrei e Cristiani), quello che accade, appena i radicali islamici violenti prendono il potere, è un costante genocidio dei cristiani. Dice Allah nel Corano: "E non disputate con la Gente del Libro se non nel modo migliore (Sura 29, 46)", lo stesso Maometto che, al contrario degli altri leader religiosi, era sia capo spirituale sia politico, ha dato impulso alla pace tra l’Islam e le altre religioni monoteiste, vietava di fare loro male, avrebbe addirittura sottolineato in un hadith che: "Colui che fa del male ad un Ebreo o ad un Cristiano, troverà in me il suo avversario nel Giorno del Giudizio".
Tuttavia è vero anche che il Corano non sempre è tenero verso i seguaci di Gesù (e ancor meno con gli ebrei), infatti si legge anche: "O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti (Sura 5, 51)" e questo passaggio è uno di quelli che potrebbe giustificare le persecuzioni dei cristiani dal punto di vista strettamente teologico.
L’Islam prevede che i credenti di altre religioni (soprattutto abramitiche) possano vivere tranquillamente all’interno dello Stato, semplicemente sottoponendosi allo status di "dhimmi", il quale concede, previo pagamento di una tassa, il riconoscimento a essere sudditi e protetti dalla sharia come previsto dal Corano: "Combatti coloro che non credono in Dio né nel Giorno del Giudizio, né ritengono vietato ciò che è stato proibito da Dio e dal suo Messaggero, né riconoscono la religione della Verità, (anche se sono) del Popolo del Libro, finché non paghino la jizya accettando di sottomettersi, e si sentono sottomessi (Sura 9, 29)".
Nonostante questa protezione garantita dal Corano, c’è una ragione più pragmatica per la quale i cristiani continuano a fare fede alla loro storia di martiri, una ragione sociale che è considerata assai pericolosa dai radicali islamici violenti. Il cristianesimo dei paesi a maggioranza musulmana, rappresenta la "buona coscienza" dei seguaci del Profeta, la riprova che il rispetto di alcune libertà fondamentali è possibile anche in Iraq, in Sira, in Sudan o in Nigeria. La libertà del Cristianesimo è più pericolosa di qualsiasi esercito, una religione che, nei secoli, ha saputo fare della tolleranza, della fratellanza tra tutti gli uomini e del rispetto dell’altro, è un esempio che si contrappone all’intolleranza, alla costrizione e alla violenza di un certo islam radicale (per cui non tutto l’Islam).
Ad esempio, è molto più facile governare una società dove tutte le donne sono schiave, rispetto a una in cui, alcune (appartenenti a un’altra religione), non lo sono. È più facile distruggere manufatti antichi che spiegarne il valore storico, più semplice vietare l’insegnamento di Darwin nelle scuole, più che ammettere di aver sostenuto qualcosa di inesatto. Molto più semplice proibire delle cose a tutti, che non solo a una parte della propria popolazione. Per questo i cristiani sono i primi a morire, perchè sono vedette di libertà contro la costrizione di chi vuole l’oscurantismo più becero. Ecco perchè quello tra Occidente e Islam non è uno scontro tra religioni ma tra visioni differenti dell’uomo e del mondo.
Ad iniziare dall’autodeterminazione dell’essere umano che nell’Islam non è garantita, in quanto, in questa religione, Dio decide tutto e quello che guida la vita degli esseri umani è la "predestinazione" e non il "libero arbitrio" della visione cristiana. Non è una differenza da poco, nella prima visione l’uomo accetta la religione perchè deve ("o perchè sí " – se preferite la risposta che si da ai bambini che fanno domande sconvenienti), nella seconda perchè vuole (cioè come lo "state buoni se potete" – alla maniera di San Filippo Neri). A riprova di quanto appena affermato, nell’Islam, pur vigendo il principio che "non c’è costrizione nella religione (Corano Sura 2, 256)", il divieto di apostasia è assoluto e punito con la morte (o con le frustate a secondo del grado di radicalismo), mentre nel cristianesimo l’apostasia è solo sconsigliata. Se chi è impegnato nel dialogo interreligioso sostiene che non c’è però una religione migliore di altre, l’Islam si considera comunque superiore, il propagandarlo e fare proselitismo è considerato una forma del grande Jihad (lo sforzo sulla via di Dio). Il pericolo rappresentato dal Cristianesimo è evidente e un certo Islam radicale violento, sta trovando una soluzione finale non solo nella sottomissione delle comunità ma anche nella cancellazione della religione.
Le chiese ortodosse in fiamme in Kosovo sono state prodromiche di un’abitudine a eliminare la presenza di un popolo e se nella terra balcanica erano dovute perlopiù all’appartenenza serba, in Siria, Nigeria o Iraq, o in Kenya come accaduto qualche settimana fa, si punta a colpire proprio la religione ed i suoi fedeli, al di là del ceppo etnico. I terroristi bruciando e distruggendo i luoghi cristiani mirano a nascondere un’idea diversa e per loro pericolosa. Ecco perchè la salvaguardia dei cristiani nei paesi musulmani è indispensabile, perchè essi rappresentano la libera scelta e la tolleranza, senza di essi si arriverebbe ad uno scontro muro contro muro tra Islam e Occidente non solo in termini concettuali ma in termini di conflitto aperto tra uomini che conoscono solo costrizione ed altri che conoscono solo estreme libertà.
Questo è un altro punto fondamentale dell’importanza della sopravvivenza delle comunità cristiane che vivono nei paesi islamici, essi ci ricordano che si può essere liberi anche senza dissacrare. Questo la Chiesa proclama con gioia ed annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa.