La posizione assunta dagli Enti Gestori della Svizzera, dal senatore Micheloni e dall’onorevole Narducci sulla privatizzazione dei corsi di lingua e cultura all’estero è preoccupante, fuorviante e ambigua. Eliminare l’impiego del contingente Mae nei corsi di lingua e cultura e destinare più risorse agli enti privati è un goffo e ambiguo tentativo di privatizzare un servizio pubblico diretto dallo Stato italiano, quindi costituzionalmente garantito, a favore degli aventi diritto all’estero.
Chiedere la soppressione della gestione diretta dello Stato nella speranza o forse nell’illusione, che le risorse risparmiate vengano destinate ai vari Enti privati che operano non solo in Svizzera, ma in tutto il mondo, rappresenta una mera operazione di ricollocazione a proprio vantaggio delle risorse: operazione che non ha niente a che vedere con il rilancio dei corsi di lingua e cultura italiane all´estero, destinati al raggiungimento di ben precise finalitá educative a favore dei nostri connazionali.
Con questa richiesta gli Enti gestori svizzeri non solo vogliono uscire definitivamente dal sistema pubblico d’istruzione italiano ma vogliono condannare i nostri connazionali al ritorno ad un passato remoto insostenibile da un punto di vista dell’efficacia, della trasparenza e del diritto allo studio.
Gli Enti gestori che amministrano fondi pubblici dovrebbero sottostare a un Organo di controllo che certifichi il loro operato. Spetta agli Uffici scolastici e alle Autorità consolari la responsabilità primaria nell’organizzazione e nell’amministrazione della rete dei corsi. Non è possibile che fondi pubblici siano messi a disposizione di Enti privati dove il controllato è anche controllore.
L’integrazione dialettica nella società d’accoglienza la si raggiunge con l’impegno quotidiano dei concittadini in tutte le istanze partecipative: scuola, associazioni, partiti, sindacati e non delegandola a un ceto politico autoreferenziale che, per propri interessi privati o di bottega, la va a perorare nel Parlamento italiano. Le istituzioni tedesche hanno mezzi e fondi per poterlo ripristinare, ma non sentono la minima pressione politica necessaria, visto che i pochi italiani impegnati si comportano con l´opportunismo di Giano bifronte.
Gli Enti gestori della Svizzera (ma non solo questi), il senatore Micheloni e l’onorevole Narducci sentendo odore di elezioni politiche a breve avvertono, probabilmente, il bisogno di posizionarsi per avere uno straccio di argomento per la loro campagna elettorale. Vogliono, eventualmente, ricompattare il loro orticello politico-elettorale facendo schierare i connazionali sulla privatizzazione dei corsi di lingua e cultura, eliminando il contingente Mae.
Gli Enti Gestori e le loro mosche cocchiere si sbagliano clamorosamente perché:
1. Le iniziative scolastiche statali italiane all´estero sono una risorsa strategica nel settore della politica estera del nostro paese.
2. I corsi e le istituzioni scolastiche gestiti dallo Stato italiano sono e devono rimanere l’asse portante per la diffusione e la promozione della lingua e cultura italiane nel mondo. L’intervento pubblico deve rimanere centrale.
3 La presenza di personale qualificato, proveniente dall’esperienza professionale nella scuola italiana, costituisce un fattore di primaria importanza in grado di garantire il collegamento di un segmento educativo con il sistema scolastico nazionale e con le stesse istituzioni pubbliche locali.
4. Una visione privatistica e lobbistica della scuola all´estero alimenta il sogno che la promozione culturale la debbano fare enti con "competenze" tutte da dimostrare.
5. I corsi d’italiano gestiti da privati sono avulsi dal sistema scolastico e di formazione professionale della società d’accoglienza. Quindi non favoriscono l’integrazione degli aventi diritto, nella scuola e nella società. Al contrario, l’allontanano e sperperano fondi pubblici.
6. Gli Enti gestori non hanno precise regole per l’assunzione e il trattamento del personale. La conseguenza è il fiorire del nepotismo.
7. Se il senatore Micheloni e l’onorevole Narducci avessero avuto a cuore il risparmio di fondi pubblici, avrebbero potuto:
a) chiedere di utilizzare i soldi "risparmiati" per integrare i magri salari dei docenti della scuola statale italiana, disastrata dalla Gelmini;
b) presentare in Parlamento un emendamento teso a far risparmiare al nostro Stato i soldi spesi inutilmente per mantenere al loro posto politici incapaci e loro collaboratori, spesso assunti sulla base di qualitá che nulla hanno a che vedere con il lavoro che dovrebbero svolgere.
Gli Enti Gestori della Svizzera e i due parlamentari del Pd dovrebbero ben conoscere le disposizioni legislative al riguardo che sono coerenti con il dettato costituzionale. Cavalcando con baldanza la linea della privatizzazione, diventano un unico corpo con quei sottosegretari di governo di centrodestra che da due decenni tentano di smantellare il sistema d´istruzione pubblico, negando di fatto ai cittadini residenti all´estero il diritto all´istruzione costituzionalemnte garantito.
Federazione dei lavoratori della conoscenza, Cgil Bassa Sassonia
Montanari: curioso: quando gli insegnanti parlano dei loro (legittimi) interessi sindacali, mettono sempre davanti i bambini e le famiglie
Riportiamo la lettera di Vittorio Stano dopo avere eliminato soltanto una filippica contro il Coascit di Hannover, che ci interessa fino ad un certo punto (peratro la mail di Stano aveva molti destinatari). Curioso: quando gli insegnanti parlano dei loro (legittimi) interessi sindacali, mettono sempre davanti i bambini e le famiglie, come se dovessero sempre e per forza recitare la parte dei „buoni“. Detto questo, mi pare che le motivazioni di Stano cozzino contro una realtà drammatica: lo stato della scuola pubblica italiana. Che sforna fior di somari. La scuola dell’obbligo italiana, soprattutto al sud, è tra le peggiori d’Europa. Facendo le dovute eccezioni, ne escono in genere semianalfabeti. Ora, se questo è il modello che deve essere salvato ed esportato, Dio ce ne scampi e liberi.
È vero invece che chi organizza corsi con soldi pubblici deve essere sottoposto a controlli da parte di chi questi soldi li eroga, cioé dallo Stato. Questo è sacrosanto. In gran parte il settore pubblico in Italia non funziona perché non ci sono controlli. Chi non vuole questi controlli è la politica, sono i sindacati del pubbico impiego. Alla faccia del cittadino pantalone, che paga e tace. Visto che noi non siamo al servizio degli interessi di nessuno, a parte quelli dei nostri lettori, vorremmo vedere servizi efficienti. Questi, l’Amministrazione potrebbe ottenerli per esempio delegando i corsi e ponendo severi controlli nella gestione amministrativa e didattica. Ma quale Console- provveditore si prenderebbe una grana del genere? Molto meglio tirare a campare ed aspettare la fine del mandato. Mauro Montanari