Aiuto, ho un figlio pirata! Non nel senso che si mette una benda sull’occhio sinistro e impugnando una spada salta da un divano all’altro immaginando chissà quale arrembaggio.
Questo lo faceva anni fa quando andava ancora all’asilo. Adesso si parla di un altro tipo di pirateria: mio figlio ha 15 anni, quasi 16, ed è un sostenitore accanito della Piratenpartei, il partito dei pirati, quello che nelle elezioni regionali del Land di Berlino lo scorso settembre ha preso il 9% mandando di colpo 15 deputati nel parlamento locale e facendo saltare la maggioranza uscente (formata da Spd e Linke) del borgomastro Klaus Wowereit.
Mio figlio non si era mai occupato seriamente di politica, almeno fino a ieri. L’ipotesi di iscriversi ad un partito e fare l’attivista non gli era mai passata per l’anticamera del cervello. Un ragazzo normale, direi, come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei, come i suoi compagni del ginnasio che frequenta. E adesso me lo ritrovo appassionato sostenitore dei Pirati: si legge i loro programmi dalla prima all’ultima riga, conosce i leader, guarda i talk show in tv quando c’è un loro esponente.
Tutto infervorato mi comunica le rivendicazioni di questo nuovo soggetto politico che secondo lui arriverà presto al governo della nazione e cambierà radicalmente la Germania portando più trasparenza, onestà ed efficienza. Io sorrido di fronte a tanto ingenuo entusiasmo, e se penso a come è stato il mio avvicinarmi alla politica quando avevo la sua età, negli anni Settanta del secolo scorso, non posso che rallegrarmi.
Allora i sedicenni politicizzati dei licei italiani si lambiccavano in astruse fumisterie ideologiche e logoravano le loro energie in interminabili discussioni che tracimavano regolarmente in scontri verbali e qualche volta pure fisici. Si tenevano assemblee dove tutto era già deciso dai tre leader più abili nell’arte retorica. Insomma, per un adolescente di oggi la scoperta della partecipazione politica è un processo molto più serio e concreto di quanto non fosse ai miei tempi. O forse la differenza è data semplicemente dal fatto che io i 16 anni li ho vissuti in Italia, mentre lui li sta vivendo Germania.
Fatto sta che l’avere un pirata in casa mi costringe a confrontarmi ogni giorno con le tesi di questo nuovo partito, e piano piano mi sono reso conto che non sono affatto strampalate, come mi era parso al principio. Intanto si presentano bene: i leader sono giovani, bravi ragazzi istruiti, completamente de-ideologizzati, cresciuti dopo la caduta del Muro di Berlino, appassionati di scienza e tecnologia. Sono la generazione dei “nativi digitali”, quelli nati col computer e Internet in casa. Sembrano molto concreti: durante la campagna elettorale per le elezioni berlinesi a uno dei loro esponenti (tale Andreas Baum) è stato chiesto se sapeva a quanto ammonta il debito pubblico della capitale tedesca.
«Diversi milioni» ha risposto, quando invece si tratta di 63 miliardi e oltre di euro. Una gaffe madornale, che avrebbe seppellito le ambizioni politiche di molti candidati. Il nostro si è ripresentato in tv qualche giorno dopo con un microcomputer tra le mani e sorridendo ha mostrato il programmino da lui congegnato per calcolare in tempo reale l’ammontare del debito pubblico berlinese. Questi sono i Piraten. Hanno il culto della trasparenza: vogliono che tutti i documenti d’interesse pubblico, verbali, sedute parlamentari etc., siano messi in rete.
Internet è la loro fede. Credono nella partecipazione popolare attraverso le tecnologie informatiche: nella loro visione un giorno non lontano si potrà consultare quasi ogni giorno il popolo su qualunque argomento via computer. Poi chiedono anche l’abolizione del diritto d’autore, il salario minimo garantito per tutti, la gratuità dei trasporti pubblici (da finanziare con la fiscalità generale dei comuni).
Molti pensano che i Piraten siano un fenomeno transitorio, uno dei tanti partitini protestatari destinati a scomparire nell’arco di qualche anno. Ma ricordate cosa si diceva dei Grünen al loro apparire? Che erano un partito generazionale, che sarebbe sparito al massimo nel giro di una generazione. E trent’anni dopo li troviamo più robusti che mai, al governo nel Baden-Württemberg, nel Saarland, con percentuali ovunque a due cifre.
Bene, non sono un profeta, ma mi sono convinto che anche i Piraten dureranno nel tempo. Del resto i sondaggi odierni ci dicono che se si svolgessero oggi elezioni politiche nella Bundesrepublik i Piraten arriverebbero al 10% diventando il quarto partito di Germania. Non solo: con quella percentuale risulterebbero avere un peso decisivo nel Bundestag. E per causa loro non avrebbe la maggioranza né una coalizione di centro-destra (Cdu-Fdp), né una di centrosinistra (Spd-Grünen). Un bello scompiglio nel panorama politico tedesco!