Condannata per aver voluto tutelare i suoi figli. Condannata per non essersi piegata davanti a un sistema iniquo e averlo reso pubblico. Quella di Marinella Colombo, al centro di un grande caso mediatico a partire dal 2009, è una storia lunga e travagliata di una donna che da anni combatte contro il sistema familiare tedesco e minorile in genere. Dopo “Non vi lascerò soli”, l’imprenditrice milanese è in uscita per Bonfirraro editore con un nuovo volume, “La tutela oltre la frontiera -Bambini bilingui senza voce. Bambini binazionali senza diritti”, in cui analizza nel dettaglio e compara la ratifica della convenzioni internazionali e il recepimento dei regolamenti europei effettuati da Italia e Germania.
Non c’è mass media che non abbia parlato di lei, ma chi è veramente Marinella Colombo? Sappiamo essere stata cittadina del mondo, traduttrice simultanea nei festival di film culturali, italiana all’estero, donna che aveva saputo conciliare maternità, lavoro e carriera e alla fine anche carcerata. Laureata in Lingue e Letterature straniere, con un Master in Protezione, diritti e tutela dei minori, la sua battaglia legale inizia con la separazione dal marito tedesco e soprattutto con il prelevamento fatto dai carabinieri a Milano dei suoi bambini a scuola (all’epoca di 7 e 11 anni) in violazione di un accordo ufficiale e, come spesso sottolinea lei stessa, «a causa di una traduzione falsificata presentata in tribunale dai tedeschi». Ne segue un’infinita trafila giudiziaria, una condanna, delle assoluzioni e altri ricorsi. Ora Marinella Colombo ritorna sulla scena editoriale a distanza di pochi anni. In vista della nuova pubblicazione, noi l’abbiamo incontrata e intervistata:
“Una mamma i cui figli – che non vede da 5 anni – non esistono più, ma che non riesce a smettere di sentirsi mamma. Questo significa vivere con una lama nel petto che non smette di sanguinare ma che, invece di indebolirmi, mi ha reso ancora più forte. L’incapacità di accettare le ingiustizie che è sempre stata latente in me, ora mi spinge a usare tutte le mie risorse per far conoscere questi obbrobri e per salvare ogni bambino che rischia di vivere ciò che hanno vissuto i miei. I bambini che ho salvato in questi anni segnano la strada da percorrere.”
“La mia storia inizia quando mi trasferisco in Germania per sposarmi, lasciando un ottimo lavoro in Italia, convinta come la maggior parte degli Italiani che la Germania sia un paese all’avanguardia, ordinato e corretto. Si complica quando mi separo, quando nella mia vita entra lo Jugendamt (amministrazione per la gioventù) tedesco, quando mi rendo conto cosa significa avere un ex cognato che lavora per questa amministrazione. Diventa drammatica quando torno in Italia e mi rivolgo alle istituzioni, aspettandomi giustizia e ricevendo invece frodi e abusi.”
Dopo “Non vi lascerò soli”, edito da Rizzoli, perché la necessità di scrivere un libro così “scientifico” sulle inefficienze burocratiche e professionali, suoi vuoti legislativi che hanno costellato la sua vicenda?
“Non vi lascerò soli è la storia della mia vicenda, ma anche tutta una serie di domande, del perché di tanta ingiustizia e violenza da parte delle istituzioni, da parte del nostro paese che credevo tutelasse i propri concittadini e che invece li abbandona e perseguita. Al libro è seguita la mia condanna e la mia ricerca delle motivazioni. A quel punto avevo la prova degli abusi, ma non avevo ancora la risposta ai miei interrogativi. Nei tre anni seguenti, oltre a cercare con tutte le mie forze di sopravvivere al dolore, ho cercato tutti i perché, sia giuridici che politici. Perché l’Italia abbandona i propri concittadini e perché la Legge che dice di voler tutelare i minori li rende orfani senza nessuna pietà. Ho studiato, ho brillantemente terminato un master, ho analizzato studi e documenti dell’ufficio dell’Aja per la cooperazione internazionale, ho collaborato attivamente con il parlamento europeo, ho tenuto convegni e conferenze, ho scritto tanto, ho ottenuto il tesserino di giornalista europea, ho aiutato moltissime altre persone i cui figli rischiavano di scomparire in Germania come i miei. Poi ho sentito la necessità di comunicare gli esiti di tutto questo; di mettere a disposizione di tutti gli strumenti per poter davvero tutelare i bambini, per spostare l’attenzione dalla teoria alla pratica. Da qui l’urgenza di scrivere “La tutela oltre la frontiera”.
“Tanto amore. L’immenso amore che non ho potuto dare ai miei figli e che mi è rimasto dentro. L’amore per i bambini che devo aiutare a non perdere un genitore solo perché l’altro è tedesco. Ma anche disgusto, per chi persegue i propri interessi e fa di tutto per non perdere il proprio prestigio anche a costo di distruggere giovani vite.”