“Alla partenza, molti di loro neppure immaginano di rischiare condizioni di aperto sfruttamento, con orari di lavoro estenuanti, paghe misere, ricatti, vere e proprie truffe. Per lo più finiscono nelle “ farm”, le aziende agricole dell’entroterra, a raccogliere per tre lunghi mesi patate, manghi, pomodori, uva. L’ultima denuncia arriva da un programma televisivo australiano, “Four Corners”, durante il quale diversi ragazzi inglesi e asiatici hanno raccontata storie degradanti di molestie, abusi verbali e persino violenze sessuali. Gli italiani non sono esclusi da questa moderna “tratta”. Mariangela Stagnitti, presidente del Comitato italiani all’estero di Brisbane ha raccontato: “In un solo anno ho raccolto 250 segnalazioni fatte da giovani italiani sulle condizioni che avevano trovato nelle “ farm” australiane. Alcune erano terribili”.
Queste note sono tratte da un articolo di Roberta Giaconi, apparse sul Corriere della Sera del 6 maggio scorso, lo stesso giorno della presentazione dell’ultima presa di posizione del Pontificio Consiglio della pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il documento porta il titolo “Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate. Orientamenti pastorali”. Frutto di una iniziativa congiunta tra il Pontificio Consiglio, la Caritas Internationalis e la rete COATNET, il documento mira a sensibilizzare le Conferenze episcopali e le Caritas nazionali sul fenomeno della tratta, suggerendo le possibili iniziative per contrastarla. All’inizio di maggio il Pontificio Consiglio aveva celebrato la sua Assemblea Plenaria.
Con il documento “Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate”, il Dicastero Vaticano richiama l’attenzione sui milioni di rifugiati, sfollati e apolidi, toccando anche la piaga dei traffici di esseri umani, che sempre più spesso riguardano i bambini coinvolti nelle forme peggiori di sfruttamento e reclutati per fino nei conflitti armati. “Ribadisco che la tratta delle persone – aveva sottolineato il Papa in quella occasione – è una attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate. Sfruttatori e clienti a tutti i livelli, aveva concluso il Papa, dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio”. “Ho dichiarato più volte – ha affermato Papa Francesco il 18 aprile, in occasione di un incontro con i membri della Pontificia Accademia delle scienze sociali – che queste nuove forme di schiavitù – traffico di esseri umani, lavoro forzato, prostituzione, commercio di organi – sono crimini gravissimi, una piaga nel corpo dell’umanità contemporanea”.
E l’8 febbraio, con il documento “Accendi una luce contro la tratta”, il Papa aveva indetto la prima Giornata Internazionale di preghiera e di riflessione su un problema che è diventato di una estrema attualità sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista strategico, con cui è gestito e controllato dai moderni “sensali di carne umana”, come le aveva definiti Mons. Scalabrini.
Non possiamo certo nascondere l’attualità di questo fenomeno.
Da alcuni decenni, ormai, vediamo imbarcazioni stracariche di disperati in fuga verso la libertà. È la storia drammatica e dolorosa dei “boat people”. Molte di queste imbarcazioni sprofondarono con i loro carico di persone e di disperazione; molte altre sono state ricacciate dalle spiagge del loro approdo, costrette a una nuova avventura. Ora la cronaca ci ripropone nuove imbarcazioni che vanno dalle “carrette del male” ai gommoni e agli scafi che solcano il Mediterraneo. Questi gommoni, che si accostano sulle rive dei Paesi mediterranei, sono carichi di migranti esausti, ammalati o in fin di vita. Nessuno è in grado di calcolare il numero dei piroscafi finora affondati con i loro carichi di migranti. E nessuno è in grado di prevedere quanto tempo le tragedie del genere sono destinate a durare. Sono questi, molto facilmente, i fatti che hanno determinato il nuovo documento del Pontificio Consiglio e le proposte in esso contenute.
Ben più della metà del documento è dedicata alle azioni da mettere in campo per non limitarsi a una generica denuncia del fenomeno delle tratte. Nel capitolo “Cosa può fare la Chiesa”, il documento insiste anzitutto sulla sensibilizzazione su chi vuole emigrare, su quanti possono influire sulle loro scelte e sull’opinione pubblica. Ma un ruolo importante è rivestito anche dalla “assistenza alle persone trafficate”, offrendo loro l’assistenza umana e tecnica di cui hanno bisogno “nel pieno rispetto della pluralità religiosa”. Non possiamo non sottolineare qui la totale assonanza con il pensiero e l’azione di Scalabrini, più di cento anni fa.
Un impatto rilevante sul fenomeno hanno certamente politiche mirate per rimuovere le cause dell’emigrazione e della tratta, agendo sul Paese di destinazione e sulle istituzioni internazionali, nonché iniziative per mettere in rete l’impegno di Chiesa e Istituzioni. Parrocchie, istituzioni, scuole cattoliche vengono incoraggiate a utilizzare i propri spazi e linguaggi per formare la coscienza delle persone, a cominciare dai migranti, informandosi e informandoli.
Nel capitolo su “come iniziare” viene proposto di utilizzare come spunto la nuova Giornata Internazionale della tratta, che è stata celebrata quest’anno per la prima volta, come dicevamo sopra, l’8 febbraio, memoria liturgica della schiava Santa Bakhita. Un’ultima sezione del documento rilancia “nuove pratiche che possono essere replicate”, firmate Caritas e ambientate in Paesi dove il fenomeno della tratta è stato affrontato con determinazione. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale del lavoro, oggi ci sono almeno 2,4 milione di persone vittime di tratta. Eppure sono relativamente poche le condanne nei confronti dei trafficanti. La maggior parte delle vittime non sono identificate e, di conseguenza, non riceveranno mai giustizia per i danni subiti.
La tratta rimane un’impresa criminale a basso rischio con rendimenti molto elevati. Si stima che i profitti annuali della tratta di esseri umani si aggirino intorno ai 32 miliardi di dollari. Gli sforzi per combattere questo traffico dovrebbero mirare a comprendere e affrontarne le cause.“Abbiamo sentito la necessità di far collaborare le competenze in materia di tratta di persone di questo Pontificio Consiglio – spiega il Card. Antonio Maria Vegliò, presidente dell’Organismo vaticano – il quale da più di dieci anni continua un lavoro di partecipazione a conferenze internazionali e di sensibilizzazione contro la tratta di esseri umani, con il lavoro di Caritas Internationalis e attraverso la rete delle Caritas impegnate a sensibilizzare” e a promuovere iniziative contro la tratta”.