Cinque Regioni al Centrosinistra, due al Centrodestra. Finisce così la corsa alle amministrative con la sconfitta per i democratici in Liguria. 5-2 era la situazione prima del voto e 5-2 il risultato finale cambiando così la geografia politica delle Regioni.

Ma in queste elezioni il vero vincitore è stato l’assenteismo. Quasi un italiano su due alle sette regioni chiamate al voto ha disertato i seggi. E su questo fatto bisogna chiedersi perché. Varie possono essere le supposizioni. Una, per esempio, potrebbe essere la mancanza di fiducia nei politici. Corruzione, scandali politici, promesse non mantenute sono diventati ormai la norma un po’ ovunque e in ogni partito. Infatti in molti credono che la politica generi la corruzione, qui il detto: “dove c’è potere c’è corruzione” e per questo non votano.

Altri invece si rifiutano di votare perché non credono più che il voto possa portare dei cambiamenti significativi. Spesso le persone disgustate dal doppio gioco di molti politici cercano di trovare coloro che possano meritare la propria fiducia, in voti alternativi. Alcuni pensano che il Parlamento abbia fallito e che l’Italia ormai da anni stia vivendo in una situazione di stasi. Altri, invece credono che questa situazione sia voluta da politici litigiosi che non sono in grado di trovare dei compromessi, e sostenuti, forse, da un popolo rassegnato e pigro che ha abbandonato l’idea di democrazia vera, lasciando in questo modo che la nazione venga gestita da gente preoccupata per lo più del loro potere personale che degli interessi della collettività.

Comunque, come già detto, il risultato è deludente, 52,2% la percentuale dell’affluenza finale, il 10 percento in meno rispetto alle precedenti regionali e il 65% cioè il 7 percento in meno è stata l’affluenza alle comunali.

In Liguria il nuovo governatore è Giovanni Toti. Qui il risultato più deludente per il Partito democratico, dove hanno pesato molto le spaccature interne, la candidatura di Pastorino a sinistra e l’addio polemico di Cofferati. Toti ha ottenuto il 34%, riportando così il centrodestra alla guida della Regione Liguria dopo una parentesi di dieci anni. Mentre Raffaella Paita riceve il 28% e Alice Salvatore del Movimento 5 Stelle il 25%.
In Campania vince l’ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca con il 41% dei voti. De Luca negli ultimi anni ha dovuto dividere l’impegno amministrativo con numerose vicende giudiziarie che lo hanno riguardato e con la sospensione dall’incarico per effetto della applicazione della legge Severino. Ha continuato contemporaneamente a svolgere l’incarico di sindaco di Salerno e per questo l’Antitrust gli ha ordinato di scegliere le due opzioni e nel 2014 il Tribunale civile di Salerno lo ha dichiarato decaduto dalla carica di sindaco. De Luca ha fatto ricorso e la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la decadenza. L’ex sindaco ha ottenuto un vantaggio di due punti sul governatore uscente Stefano Caldoro del centrodestra. Al terzo posto Valeria Ciarambino (M5S).
Più combattuta è stata la sfida in Umbria dove la presidente uscente Catiuscia Marini si è riconfermata con il 42,8% dei voti. La Marini è stata primo vicepresidente del Comitato delle Regioni ed attuale capogruppo del Partito socialista europeo nello stesso Comitato delle Regioni d’Europa.
Nettissima, la riconferma del governatore in Veneto, Luca Zaia, l’unico che ha superato il 50% dei voti. “Pancia a terra e lavorare” è stato lo slogan più usato da Zaia in questa lunga campagna elettorale, dove il governatore del Carroccio ha lasciato i toni ‘gridati’ su Rom e immigrazione al segretario Matteo Salvini, concentrandosi invece sui temi a lui più cari: le eccellenze della sanità veneta, la battaglia per i costi standard, la difesa delle imprese del Nordest, i braccio di ferro con il Governo per tentare di far rientrare nel territorio il surplus di miliardi di euro che il Veneto lascia a Roma con la tassazione. La candidata del Pd Alessandra Moretti raggiunge il 23%, Jacopo Berti (M5S) raggiunge l’11% e Flavio Tosi, ex leghista, il 10%.
In Puglia invece vince Michele Emiliano con un 47%. Emiliano ha intrapreso a 27 anni la carriera di magistrato antimafia tra Agrigento, Brindisi e Bari. Nel 2004, poi, è stato eletto sindaco di Bari e nel 2014 ha chiuso il suo secondo mandato come ‘Sindaco più amato di Italia’ (riconoscimento ‘Monitor Città’) e con la nomina, a titolo gratuito, di assessore alla Legalità del Comune di San Severo (Foggia). Tra i momenti più significativi della sua carriera da primo cittadino, ci sono la ricostruzione del teatro Petruzzelli, a 18 anni dal rogo che lo distrusse nel ‘91; e la vicenda dell’abbattimento del cosiddetto ecomostro ‘Punta Perotti’. Tra le promesse in campagna elettorale da governatore, quella di “garantire con una legge la partecipazione dei cittadini al lavoro della giunta regionale” che “dovrà periodicamente essere sottoposta al giudizio dei pugliesi”.
In Toscana viene confermato Enrico Rossi con il 48% dei voti. Rossi è stato prima assessore Pci e poi sindaco del comune di Pontedera, la città della Piaggio. E a 32 anni, si è battuto, vincendo, per evitare il trasferimento dell’impianto in Campania dove l’azienda avrebbe avuto speciali finanziamenti. Nel 2000 si presenta alle elezioni regionali per i Ds, ha l’incarico di assessore al diritto alla salute ed amministra per 10 anni la sanità toscana. Al secondo posto Claudio Borghi, candidato della Lega Nord con il 20%.
Infine resta saldamente nelle mani del Pd, le Marche con Luca Ceriscioli confermato governatore con 41% dei voti; cattolico senza esperienze di associazionismo alle spalle, e ci tiene a dirlo, non ha mai fatto parte di alcuna corrente. Ha impostato la campagna per le elezioni proponendosi come ‘’il sindaco delle Marche’’, un presidente ‘’vicino ai territori, capace di un dialogo costruttivo con le realtà locali.