Dopo un’esperienza di otto mesi in gelateria a Francoforte, che mi ha permesso di finanziarmi autonomamente gli studi universitari, inizia un nuovo capitolo della mia vita in Germania: ora sono uno studente di Lehramt all’università Goethe a Francoforte. In realtà avevo già concluso prima in Italia una triennale di Mediazione e Linguistica culturale a Padova con la media del 94, il 2 tedesco per capirci. Di conseguenza sono in grado di far un breve confronto tra la vita studentesca in Germania e quella italiana.
Quello che mi ha colpito l’attenzione è la modernità e la vastità del Campus Westend, pieno di edifici con spazi luminosi, dotati ciascuno di una caffetteria e persino di uno sportello bancomat. All’università di Padova queste cose ce le potevamo solo immaginare. La settimana precedente all’inizio del semestre hanno luogo degli incontri di orientamento per ogni corso di studio. È stato fantastico realizzare in quel momento, che avrei incontrato altre persone con i miei stessi identici interessi, con cui magari poter stringere buone conoscenze o amicizie. Se tenete conto che prima avevo lavorato in gelateria, in cui non avevo sufficiente tempo per conoscere nuove persone, potete comprendere quanto grande fosse la mia soddisfazione di entrare nel mondo universitario.
Essendo inoltre Francoforte una città internazionale che offre poi promettenti aspettative lavorative, qui si può incontrare ogni tipo di persona. Da quelli emigrati qui come me, italiani nati in Germania, coloro che hanno antenati non tedeschi, figli di rifugiati politici, tedeschi da qualsiasi Bundesland. Cosa dire, meglio di così non potrebbe andare.
In tutto questo vi sono anche degli aspetti negativi: bisogna tenere conto infatti che non tutti hanno un vero interesse a conoscere persone nuove. Se ci ricordiamo però che la Goethe ha circa 40.000 studenti, non ci si può comunque preoccupare di non conoscere nessuno. A questo proposito, alcuni sono inoltre dell’opinione che gli studenti in Germania siano degli associali, ma credo che generalizzare sia un grosso errore. Tempo al tempo e si trovano le persone giuste e poi dopotutto siamo quasi tutti giovani qui: nessuno si fa problemi a darti retta.
A questo proposito mi sono accorto, nonostante i vari pregiudizi, che a nessuno interessa della mia provenienza. Parlo abbastanza bene tedesco, ma a causa del mio forte accento italiano la prima domanda che mi viene posta è sempre: “ma di dove sei?”. Abituato alle solite reazione legate agli stereotipi sugli italiani, dove Italia è perlopiù sinonimo di pizza, pasta, dolce vita, ecc… ero pronto psicologicamente ad esse. Invece tutti hanno risposto dicendomi “che bello!” “complimenti”. Forse potreste capire quanto fossi sorpreso in quel momento. In compenso dopo due semestri all’università Goethe vi verrà posta l’eterna domanda: “ma sei in Erasmus?”. Da lì riparte il breve racconto dei fatti che ti hanno portato a sederti di fianco a chi è curioso della tua esperienza.
Oltre a questo, la maggior parte dei seminari (che poco hanno a che vedere con le nostre lezioni universitarie) stimolano lo spirito collettivo, che è una caratteristica tipica del tedesco medio. Talvolta esso riesce bene e si stringe qualche amicizia, altre volte invece ne viene fuori qualcosa di sforzato e più che spirito di gruppo, siamo di fronte a puro opportunismo da parte dei colleghi.
Avviandomi verso la conclusione, mi ha colpito il rapporto studente-docente. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, i docenti erano praticamente persone irraggiungibili, a cui era talvolta un reato rivolgere la parola. Qui invece, fermo restando il rispetto che si deve mostrare a questi professionisti, il rapporto è molto più disteso e può capitare che i docenti ti ricevano con un Hallo e si congedano con un Tschüss. Se avessi osato dire “ciao” a un docente in Italia, mi chiedo se sarei ancora vivo.
E per quanto riguarda la lingua tedesca? Premettendo che ho studiato tedesco sin dai tempi delle scuole superiori, non ho avuto problemi particolari. Devo però ammettere che parlare 24 ore su 24 in una lingua straniera sia stata inizialmente un gran fatica e ho dovuto poi far i conti con frequenti mal di testa. Dal momento che studio anche storia, devo far i conti con un livello linguistico elevatissimo per i miei standard. Il vantaggio sta comunque nel fatto che pian piano il mio tedesco sta migliorando nel vocabolario e nel livello, d’altro canto immaginatevi la mia reazione durante la prima lezione di storia, dove ero l’unico “straniero” e tutti parlavano in modo aulico. Ma come ci ricorda il famoso detto “nessuno nasce imparato”.
Foto: Giuliano Piovan