Al momento della chiusura della nostra redazione, la questione greca ha raggiunto il picco di una serie di colpi e contraccolpi, trattative iniziate e poi interrotte, avvicinamenti e poi impennate tra il governo Greco e i vertici dell’UE.
Il tutto si riduce a due posizioni fondamentali e contrapposte: l’Unione Europea pone condizioni alla Grecia per altri sovvenzionamenti e la Grecia dice che si tratta di condizioni inaccettabili. L’opinione pubblica tedesca si è schierata in due blocchi: aiutare la Grecia ad ogni costo (anche perché la sua rovina potrebbe coinvolgere la stessa Germania) contro l’altro che dice basta pompare denaro in un sistema marcio che pretende di sopravvivere sulle nostre spalle. Giacomo Vaciago, economista e politico italiano, ex sindaco di Piacenza, ha tratto una conclusione che sintetizza in una frase l’attuale situazione: “Ci sono stati molti errori da tutte le parti. Si è esagerato nelle condizioni, ritenendo che il debitore debba pagare anche quando le cose peggiorano.
Si è ritenuto che più lo strangoli, più è facile che il debitore paghi e quindi si è arrivato così a una situazione che già un anno fa era insostenibile”. Ecco: Vaciago parla di “strangolamento” e probabilmente è proprio così che si sente la Grecia. Col cappio alla gola. È però assolutamente importante ricordarsi che non esiste “la Grecia”, come non esiste “la Germania” o “l’Italia”. Stiamo parlando, infatti, del destino, della vita quotidiana, del benessere materiale di gente comune che in questi pezzettini d’Europa ci vive e, nel caso della Grecia, vi tenta di sopravvivere.
La crisi greca è innanzitutto una crisi umana. È la crisi di una famiglia che ha ancora cento euro sul conto corrente e che va al mattino al bancomat prima di fare la spesa e da quel bancomat non esce nulla. Una situazione orribile.
Come si fa a spiegare alla signora greca che vuole andare al supermercato percomprare latte, burro e marmellata ai bambini, che la sua crisi è causata da governi inetti e che la banca Centrale Europea ha sospeso l’erogazione di fondi a quella banca greca che avrebbe dovuto riempire quel bancomat dietro l’angolo di casa sua? Pensiamo a quella mamma greca davanti al bancomat vuoto, mentre la televisione tutte le sere ci racconta di accordi che vanno rispettati, di chiare regole dettate dal sistema monetario e di meccanismi macroeconomici inalterabili.
Forse ci accorgiamo meglio che la crisi, che è una crisi umanitaria, è paradossalmente gestita da tecnocrati, quella categoria cioè che è la meno adatta a pensare alle mamme greche e al burro e alla marmellata per loro bambini. E questa non è retorica sociale. Lo dicono anche gli economisti. Vaciago ha asserito, che la stessa Banca Centrale Europea “sta imparando a sua volta, che è la Banca centrale di un’Unione Europea che non c’è. Abbiamo fatto una moneta di uno Stato che ancora non c’è”. Enoi aggiungiamo: soprattutto di uno Stato sociale che ancora non c’è. Basti vedere come abbia reagito l’Unione Europea nella questione dell’equa ripartizione dei profughi sul proprio territorio.
Chi ha chiuso le porte a destra e chi le ha chiuse a sinistra. Un certificato di povertà, da cui emergono tutti i difetti di “staterelli” di stampo medievale che buttano fango sugli ideali e sull’etica voluta dai padri fondatori dell’Unione Europea. È vero. L’unione europea ha fatto si che in Europa regni da settant’anni la pace. Ma viene spontaneo chiedersi: vuoi vedere che non ci spariamo più addosso solo perché la pace fa comodo alle banche? E se così non fosse?
Risale a pochi giorni ora sono una sentenza della Corte Costituzionale italiana in cui è sancito che il blocco della contrattazione sul pubblico impiego in Italia è costituzionalmente illegittimo. I Governi di Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e compagnia bella avevano congelato gli stipendi degli impiegati pubblici per risanare i conti dello Stato. Hanno fatto tutti bella figura con l’Unione Europea, mostrando grande volontà di sacrifici per soddisfare le regole imposte dal sistema monetario unico. Bravi. Solo che nel frattempo violavano la nostra Costituzione. La Costituzione Italiana. E lo facevano sulle spalle della gente che la mattina si alza e va a lavorare. È forse questo il dilemma di Tsipras?
Violare i diritti del proprio polo per soddisfare le esigenze di gente come Schäuble, ministro delle finanze tedesche, il quale sicuramente non ha problemi di latte, burro e marmellata per i suoi figli? Ma anche Schäuble, come tutti i ministri delle finanze degli stati dell’unione, conosce una regola vecchia come l’umanità. La morte del debitore non giova a nessuno. Soprattutto al creditore. Nel frattempo vediamo come la Cancelliera Merkel si sottrae dal ruolo di “Antipatica numero uno”, passando proprio al suo ministro Schäuble il compito di battere il pugno sul tavolo dei sacrifici da imporre ai greci.
I Verdi chiedono il coinvolgimento dell’opposizione, criticando giustamente l’autocrazia della Merkel nella gestione della crisi greca a livello europeo. I Linke, che hanno accompagnato Tsipras nella campagna elettorale, piazzandolo a priori nel cassetto delle posizioni anti Merkel, gli danno ragione da una posizione che non ha nulla da perdere. La SPD, invece, è fin troppo piena di ma e di però nel suo perenne dilemma di fare frittate senza rompere le uova. I Liberali della FDP, da tempo fuori dal Bundestag, tacciono e agiscono con il “ non parlo per non sbagliare”. Una cosa è certa.
Con quest’Unione Europea, viviamo tutti sul filo del rasoio. Se ci becca la crisi, che sia economica, di emergenza sociale come quella dei profughi, di emergenza terroristica come quella degli estremisti islamici, o quella militare come gli attacchi dello stato islamico, stiamo tutti freschi. Questi a Bruxelles, a furia di discutere, ci fanno affogare tutti quanti, come quei poveracci nelle acque del Mare Nostrum. Nostrum quando ci conviene. Vostrum quando si riempie di cadaveri.