L’anno automobilistico 2014 è terminato con un bilancio nel complesso positivo qualora si considerino le molte tensioni internazionali che l’hanno caratterizzato fino all’ultimo e che con tutta probabilità proseguiranno anche nel 2015. Bilancio assolutamente positivo soprattutto da un’ottica italiana dopo che la definitiva fusione di Fiat e di Chrysler nella Fiat Chrysler Automobilines (FCA) ha rimesso in scena a livello internazionale la nostra industria automobilistica che aveva corso il rischio di cadere nelle mani del gruppo Volkswagen. Per fortuna ciò non si è verificato grazie all’amministratore delegato (ad) Sergio Marchionne il quale ha saputo evitare che il “rischio paese” e la perdita generale di competitività del sistema politico-economico italiano si ripercuotesse negativamente sui rapporti con la Chrysler. Non è ancora il caso di stappare champagne, ha detto l’ad Sergio Marchionne, ma i primi sintomi della ripresa ci sono, tra cui anche l’accordo sulla ripresa della produzione dello spider Fiat 124 insieme con la Mazda. Cifre ancora provvisorie indicano che il gruppo FCA ha chiuso il suo bilancio europeo 2014 con un aumento delle vendite rispetto al 2013, dopo quattro anni consecutivi in trend negativo, sei anni per quanto riguarda l’Italia. Le vendite dei vari modelli 500 sono cresciute in Europa dell’8,6% e sono pari al 46% del totale delle immatricolazioni Fiat. Anche l’Alfa Romeo ha messo a segno un aumento di circa 4% ma non in Germania però, dove le vendite risultano ancora in calo, compensate, comunque, da un eccezionale aumento delle vendite delle vetture Jeep (+63%). Certo, con il compito di rilanciare Fiat e soprattutto Alfa Romeo e con l’impegno di ridare presto nuova competitività anche dalla Ferrari, l’ad della FCA non avrà molto tempo per dormire. L’impresa in cui Marchionne si sta cimentando, è un osso duro anche per un manager del suo calibro. Ci vorranno quattro anni per completare una delle più interessanti fusioni automobilistiche tra le due sponde dell’Atlantico, prendendo forse a bordo anche un altro partner probabilmente asiatico.
Per quanto riguarda il mercato tedesco il più importante e il più combattuto in Europa nel 2015 vedremo arrivare una vera e propria ondata di novità. Assisteremo anche a un nuovo capitolo nella “guerra” degli sconti sui prezzi di listino dei nuovi modelli, inequivocabile sintomo dell’annoso problema delle sovraccapacità produttive dell’industria europea dell’auto. Secondo una valutazione del Center Automotive Research (CAR) di Duisburg, il gruppo più attivo a questo riguardo è proprio la Volkswagen che controlla circa un quarto del mercato tedesco e che in qualche modello è arrivata a praticare anche fino al 34% di sconto sul prezzo del listino. Volkswagen, Mercedes e BMW hanno in cantiere un impegnativo programma d’investimento a favore dell’innovazione tecnologica dei nuovi modelli che presenteranno prossimamente sul mercato. Nello stesso tempo però hanno anche deciso un forte piano di risparmio ed è questo uno dei motivi per cui l’industria automobilistica tedesca tende a frenare sistematicamente con tutti i mezzi di cui dispone a Bruxelles i tempi di realizzazione della riduzione del volume del CO2 nei gas di scarico delle vetture, un programma che ha ovviamente i suoi costi. Nel frattempo, nonostante molte critiche e perplessità da parte della stampa tedesca, l’industria è riuscita a far approvare dal Governo federale una dubbia formula per il calcolo delle emissioni del CO2. Questa formula, infatti, mette le emissioni di un’auto in rapporto con il peso della vettura con il risultato che più grande e pesante è l’auto, meno inquinante risulta il suo esercizio. Ovviamente per le piccole vetture il risultato è di esattamente di segno opposto, sicché alla fine una piccola Fiat 500 risulta essere più inquinante di un Suv premium. Sinceramente non è facile comprendere come mai Bruxelles abbia sinora ignorato tale manipolazione della realtà. Da quest’anno, comunque, le dannose emissioni delle flotte auto non potranno superare 130 grammi al chilometro, un obiettivo che sembrerebbe già assicurato, mentre dal 2021 le emissioni di CO2 non dovranno andare oltre 95 grammi al chilometro. Un obiettivo che l’industria tedesca dell’auto ha definito molto ambizioso e senz’altro realistico, ma non però in tempi brevi, si precisa, perché facendo le cose troppo in fretta si rischierebbe di andare incontro a costi ,di investimenti eccessivi. Almeno 3,5 miliardi di euro, stando alle previsioni del’ad della VW Martin Winterkorn. In un articolo intitolato “Berlino non vuol più sentir parlare di oneri ecologici per l’auto” a firma del suo corrispondente da Bruxelles, il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) ha recentemente sostenuto che il governo tedesco intenderebbe rinviare al 2030, vale a dire da qui a quindici anni, la data per il limite dei 96 grammi. Divengono evidenti a questo punto le contraddizioni di una potente industria automobilistica che, da un lato, asserisce di essere il numero uno mondiale in fatto d’investimenti nell’innovazione tecnologica dell’auto e che, dall’altro, lamenta di non essere finanziariamente all’altezza della tabella di marcia fissata dalla Commissione Ue per la riduzione delle emissioni di CO2. Nel frattempo l’opinione pubblica europea si è resa conto che il vero principale interesse dell’industria automobilistica tedesca è di rinviare il più a lungo possibile l’aggiornamento di norme ambientali che avrebbero l’effetto di frenare la vendita delle sue grosse auto premium. La difesa dell’ambiente e la tutela della salute pubblica (pericoloso aumento delle polveri sottili nelle grandi città) passano decisamente in secondo ordine.
I tutti i Paesi europei sulle autostrade vige il limite della velocità di 130 km/h e ciò per due validissime ragioni: la sicurezza degli automobilisti e la protezione dell’ambiente. L’unica a fare eccezione è la Germania che con 12.800 chilometri ha la più lunga rete di autostrade in Europa. Di questi circa il 60% può essere percorso senza dover rispettare alcun limite di velocità. E’ evidente che VW, Mercedes e BMW con il beneplacito del governo di Berlino considerano le autostrade tedesche, per il momento ancora gratuite, come un’ideale vetrina di esposizione e di propaganda delle loro grosse cilindrate. E’ noto che molti automobilisti europei vengono in Germania soltanto per verificare, senza il rischio di multe astronomiche, se la loro vettura premium sia effettivamente in grado di andare a 250 o 300 chilometri l’ora, come è dichiarato nel libretto dell’auto. Se si pensa, inoltre, che da quest’anno l’autostrada austriaca del Brennero per motivi ambientali ha introdotto il limite dei 100 km/h (e multe oltre 2.000 euro per chi non lo rispetta) si capisce quanto la potente lobby tedesca dell’auto possa condizionare la politica di governo di Berlino.