Non è soltanto dovere di cristiano, ma d’ogni essere umano, condannare ogni tipo di violenza, da qualsiasi parte essa viene, maggiormente quella dei governi e di fanatici religiosi.
Dovremmo, come ha detto il Santo Padre, chiedere al nostro Dio, qualunque egli sia, ” la grazia di vergognarci”: sia per i crimini del passato che del presente.
La violenza, con qualsiasi lente si mira è sempre un atto criminale. Proprio come diceva Benedetto XVI: “…quella terra scelta in maniera particolare da Dio, traversata dai Patriarchi e dai Profeti servì da scrigno dell’incarnazione del Messia, vide innalzarsi la croce del Salvatore e fu testimone della Resurrezione … questa terra benedetta e i popoli che vi abitano sperimentano in maniera drammatica i travagli umani. Quanti morti, quante vite saccheggiate dall’accecamento umano, quante paure e umiliazioni! Sembra che non ci sia freno al crimine di Caino …”.
Coloro che hanno rapito i tre ragazzi israeliani e poi li hanno uccisi sono criminali e assassini, e meritano il disprezzo d’ogni essere ragionevole e tutto il peso della giustizia. È giusto notare che questo atto meschino e vile non porta la firma di chi vuole un Medio Oriente migliore, ma di loschi individui, assoldati da oscuri mandatari ai quali la pace non porta alcun beneficio. Molti petrodollari girano in quella regione e gente senza scrupoli, disoccupata e affamata è disposta a commettere qualsiasi crimine, per un pugno di dollari. La violenza non risolve i problemi tra Israele e i suoi vicini. Mezzo secolo di violenze non ha portato pace, ma solamente odio, lutto e rancore.
Dovrebbero mettere in atto le parole di Pio XII: “Con la pace tutto guadagnato, con la guerra tutto è perduto”. Pare che in oriente prossimo questo messaggio non sia mai arrivato. Alcuni sanno come e quando far naufragare ogni tentativo di pace, sfruttando la miseria palestinese e l’arroganza israeliana, usando la debolezza degli uni e la potenza degli altri.
Già nel discorso d’apertura, papa Francesco aveva annunciato alle autorità ascemite: “… con dolore constato la permanenza di forti tensioni nell’aria medio orientale”. Nell’incontro con le autorità palestinesi, il discorso del Pontefice diventa più esplicito: “Il Medio Oriente da decenni vive, le drammatiche conseguenze del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti producono insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo d’intere comunità, divisioni, carenze e sofferenze di ogni tipo …”.
Il Papa nel suo accorato discorso esorta: “Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza …
Auspico vivamente che a tal fine si evitino, da parte di tutti, iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo….”.
Il vero accordo è quello che preoccupa i falchi, dall’una e l’altra parte. L’odio non si combatte con il cannone, ma con l’amore. Purtroppo, i responsabili della democrazia medio orientale all’amore hanno sbattuto la porta in faccia! Una ragazza ebrea che vuole sposare un ragazzo cristiano o musulmano non può farlo: il matrimonio non è celebrato né dallo stato ebraico, né dal rabbinato. La medesima cosa avviene se un ragazzo ebreo vuole sposare una cristiana o una musulmana. Quelli che possono permetterselo, finanziariamente, vanno a sposarsi a Cipro. (Lo stato ebraico riconosce tutti i matrimoni contratti all’estero. Non poteva fare diversamente perché il 90% dei cittadini del nuovo stato ebraico venivano dalla diaspora.) Quelli che non hanno soldi sono costretti ad accoppiarsi e mettere al mondo figli illegittimi. Queste e molte altre angherie, paragonabili a quelle dell’inquisizione, hanno dato i frutti sperati: alla fondazione dell’odierno stato ebraico il 10- 12 % degli abitanti della Palestina erano cristiani, oggi i cristiani sono ridotti al 1,5 – 2 %, una realtà preoccupante, tanto che Benedetto XVI in un appello alla cristianità esortò di sostenere la comunità cristiana in Oriente Medio poiché la terra di Cristo rischiava di restare senza cristiani.
Dai fondatori dell’odierno stato ebraico, ci si aspettava uno stato laico e liberale, mentre invece ha fatto ingresso, nel moderno Israele, il fanatismo antico che si spande per i testi della Bibbia come una ragnatela invisibile per culminare nel discorso dei giudici e nel profeta Osea, rimaneggiato a gusto e piacere dei rabbini.
Non ci deve stupire se perfino il profeta si equivochi: “Io farò sparire i carri da Efraim, i cavalli da Gerusalemme e gli archi saranno spezzati … ” (Zaccaria 9; 10). I carri e i cavalli non sono scomparsi, sono stati trasformati in F 16, elicotteri Apache e razzi di precisione. Sparare razzi artigianali dalla striscia di Gaza su onesti cittadini è un atto sporco e meschino; ordinare ad un sergente dell’aeronautica israeliana di alzarsi in volo con un elicottero e sparare un paio di razzi dentro una casa palestinese è un atto di violenza e arroganza, sporco ugualmente, ma di una sporcizia pulita come la fuliggine o la calce viva che si spande sui cadaveri in putrefazione per attenuarne il cattivo odore. L’attuale violenza israeliana è definita dal ministro dell’economia Bennet: “Momento d’azione e non di parole!” – Ecco vengono giorni, dice il Signore, che io manderò la fame nel paese, non fame di pane, o sete d’acqua, ma la fame e la sete di ascoltare la parola dell’Eterno – (Amos 9; 11).
Uomini e donne con voglia di ascoltare, pare che in Israele ve ne siano veramente pochi. Le parole del Santo Padre sembrano entrate da un orecchio e uscite dall’altro: ”Bisogna intraprendere sempre con coraggio e senza stancarsi la via del dialogo, della riconciliazione e della pace.“. Aveva detto il Papa al primo ministro Netanjahu. Sfortunatamente tra il dire e il fare, c’è un muro di cemento armato lungo 700 Km. I responsabili della democrazia mediorientale avrebbero dovuto dare più ascolto ai Profeti e meno a Japodinsky, avrebbero risparmiato al popolo ebreo e quello palestinese molte lacrime, vittime e lutto: “Mettete la giustizia alle porte e vivrete.“. (Amos 6;15)