Un’uscita sancita col più classico degli strumenti democratici, affidandosi cioè a un referendum popolare.
E cominciamo a parlare proprio del veicolo usato dai britannici per decidere se restare o no nell’Unione Europea. Il Referendum è certamente il più democratico tra gli strumenti di consultazione ma sicuramente anche il più pericoloso poiché il più emotivo, il più incontrollabile.
La stampa popolare inglese da anni accusa il vincolo con l’Unione Europea di essere quasi la causa di tutti i mali inglesi.
I capi di Governo di quel Paese, di destra e di sinistra, hanno per decenni continuato ad accusare l’UE di essere la causa dei propri insuccessi, annunciando invece che lo sviluppo economico della Gran Bretagna è riuscito nonostante e non grazie al vincolo europeo e, sostanzialmente, grazie alla capacità del capo di governo di turno di mettere limiti alle invadenze comunitarie.
Sparate queste che da sempre fanno ridere economisti e sociologi. Ma non fanno ridere la gente comune che ha individuato in un referendum popolare l’oggetto del malumore popolare dopo anni di bombardamenti mediatici.
Parliamoci chiaro. Se fosse indetto un referendum sulla pena di morte all’indomani dell’uccisione di un bambino o di un altro esecrabile delitto, il risultato sarebbe scontato. Questo è il referendum, il più labile cioè tra gli strumenti democratici. Ma siamo appunto in democrazia, il popolo inglese ha deciso e questo fa parte del gioco.
E ci siamo rimasti male. Stranamente la decisione dell’uscita della Gran Bretagna ha colpito tutti noi che in quest’Unione Europea ci siamo cresciuti come uno sgarbo, come l’annuncio di un divorzio, come la separazione da un membro della famiglia. È la Gran Bretagna è famiglia.
La cultura inglese, la lingua inglese, il modo di vivere inglese fa parte del bagaglio di vita europea.
Un soggiorno a Londra per perfezionare la lingua è stato da sempre una tappa obbligatoria nella formazione dei giovani di tutta Europa. D’altro canto la Gran Bretagna è stata dal primo momento il più extracomunitario dei Paesi dell’Unione. L’Inghilterra ha da sempre una definizione di se stessa di stampo mondiale. Non è facile scordarsi del passato coloniale di un Paese che ha dominato interi continenti e i mari di tutto il mondo.
Mentre l’Unione Europea ha disciplinato tutto ma proprio, tutto, dalla dimensione dei cetrioli in barattolo alle prese della corrente elettrica, gli inglesi hanno, infatti, imperterriti continuato a ignorare il sistema metrico decimale, a montare lo sterzo sulle automobili dalla parte sbagliata e a emozionare il mondo intero con la loro Regina che onora ogni tanto i capi di stato di tutto il mondo (incluso gli inquilini della Casa Bianca) con una sua visita reale.
Gli inglesi più degli altri hanno forse visto nell’adesione alla Comunità Europea solo ed esclusivamente un mezzo di stabilità economica. Per tutto il resto si sono sempre identificati con la propria storia e il proprio ruolo mondiale. Un ruolo che, nonostante fossero vincolati dalla Comunità Europea, non haa impedito loro di varcare l’oceano per fare guerra all’Argentina a causa di un insignificante pezzo di terra in mezzo al mare.
Ed è per questo stato facile decidere di uscire, quando gli stessi politici inglesi sono riusciti a convincere l’opinione pubblica che il vincolo europeo è controproducente per gli interessi economici nazionali.
La cosa non è nuova e ci hanno provato anche gli altri. Il nostro Berlusconi con il suo ministro Tremonti più di una volta ha cercato di convincere il popolo italiano della dannosità dell’Unione Europea per la nostra economia ammanettata da Bruxelles.
Che cosa succederà ora? L’effetto domino o la consolidazione dei restanti 27 membri uniti più di prima?
Probabilmente né l’una né l’altra cosa. La Gran Bretagna non sarà l’ultimo paese dell’Unione a decidere di andare. L’Unione Europea, che farà bene a non tentennare e a non cedere a ricatti di qualsiasi genere da parte dei governi nazionali, avrà imparato la lezione e sarà costretta a rivedere sia il proprio ruolo sia a tornare allo spirito dei Padri Fondatori che è uno solo: il benessere (anche economico) dei cittadini Europei.
L’uscita della Gran Britannia è uno shock. Una botta in testa a tutti gli europeisti convinti. Resta il bernoccolo e ora mettiamoci l’elmetto. Lo dobbiamo fare per le generazioni a venire, per i giovani anche inglesi che nelle piazze di Londra all’esito del referendum hanno pianto.
Il futuro è loro e saranno loro a stabilirlo e Londra tornerà a essere il centro d’incontro della gioventù di tutto il mondo, anche se, per il momento, prima di entrare, alla frontiera, dovrà esibire il passaporto.