L’artrosi cervicale non è una malattia in senso stretto, essendo il risultato del normale processo di invecchiamento che in molte persone non crea alcun sintomo doloroso. In altre, al contrario, è causa di dolore al collo. Come nel resto dello scheletro, le ossa del collo, chiamate vertebre cervicali, con l’età entrano progressivamente in un processo degenerativo che spesso genera artrosi, chiamata più propriamente con un termine complicato: spondiloartrosi cervicale. Sopra i sessanta anni, l’85% delle persone ne sono affette ma molto raramente diviente disabilitante.
PRIMA PARTE: Cosa occorre sapere
La regione del collo è costituita da un tratto osseo ed una componente muscolare. La parte ossea che rappresenta la struttura portante è formata da sette vertebre ciascuna composta da due facce, una superiore ed una inferiore che sono dimensionate per interfacciarsi con la vertebra precedente e successiva tramite un cuscinetto di gel chiamato disco intervertebrale. Questo è il livello che rende possibile i movimenti del collo, come flessione, estensione e rotazione a destra e a sinistra. Questo cuscinetto tampona anche eventuali micro traumi funzionando da ammortizzatore. La colonna vertebrale forma anche un canale che protegge il midollo spinale (prolungamento del cervello), che ha fra le funzioni principali la trasmissione degli impulsi dal cervello ai muscoli e delle sensazioni tra cui per esempio quelle tattili e termiche dalla cute al cervello. È anche importante sapere che fra una vertebra e la successiva due canalini simmetrici permettono il passaggio di una coppia di nervi, che appunto portano le fibre nervose al tratto corporeo interessato. E`infatti possibile costruire una mappa della nostra superficie cutanea con le aree collegate ai diversi nervi, normalmente identificati dal livello vertebrale di origine.
Dopo aver compreso la complessità del sistema meccanico di supporto e movimento del collo, si può facilmente capire come dopo molti anni di utilizzo il complesso muscolo scheletrico del collo posso mostrare segni di progressivo logorìo, che puntualmente inizia già all’età di 30 anni. Uno dei segni caratteristici è la comparsa di nuove piccole aree ossee ai bordi dei corpi vertebrali chiamate osteofiti. Inoltre, con il passare del tempo, i dischi intervertebrali perdono parte del loro contenuto in gel e divengono più duri, fibrosi, riducendo così la motilità della colonna. Molte volte queste alterazioni vengono scoperte nel corso di radiografie del collo in persone che non hanno alcun sintomo.
SECONDA PARTE: Consigli pratici ovvero… istruzioni per l’uso
Nel caso non ci siano sintomi riconducibili a sofferenza dei nervi (radicolopatia) o del midollo (mielopatia) l’esercizio fisico è in assoluto la terapia migliore. Lo scopo è quello di muovere il collo nel modo più normale possibile. Tuttavia, durante le fasi acute del dolore un giorno o due di riposo potrebbero essere necessari, iniziando appena possibile ed in modo graduale esercizi mirati, al fine di evitare l’irrigidimento, causato anche dalla paura di stimolare nuovo dolore. Gradualmente bisogna aumentare l’ampiezza dei movimenti del collo, facendo esercizi regolari di flessione, estensione e rotazione a destra e a sinistra ogni 2-3 ore. Occorre ricordare che anche se doloroso, il movimento in sè non crea danno, quindi non bisogna fermarsi dal compiere le proprie attività quotidiane. La fisioterapia costituisce la seconda linea della strategia terapeutica, e di solito viene iniziata dopo almeno una settimana di persistenza della sintomatologia dolorosa senza segni, nemmmeno parziali, di remissione. La lista di trattamenti comprende trazione al collo, calore, freddo, manipolazioni eccetera. Chi ha esperienza di questi trattamenti fisioterapici sa che l’esito può essere più o meno positivo e la ricerca medica non è stata in grado di offrire risultati chiari sulla loro efficacia. Quello che invece non è posto in dubbio è l’efficacia della guida di un fisioterapista sugli esercizi da eseguire con regolarità a casa, magari dopo aver assunto dei farmaci antidolorifici per permettere di uscire dal circolo vizioso dolore al collo che comporta rigidità che a sua volta esacerba il dolore.
Molto semplicemente si pone l’attenzione su come ci si siede e si rimane seduti magari per molte ore in un ufficio di fronte al computer. In questo caso la regolazione della sedia/poltrona è estremamente importante, così come l’altezza della scrivania, la distanza del monitor e l’angolo del monitor rispetto alla scrivania. Si cerca perciò di evitare che si assumano posizioni ingobbite, distorte, che alla lunga causino stress alla struttura muscolo scheletrica del collo. Un altro momento “statico” importante per il collo è il riposo notturno. In questo caso si pone l’attenzione sul cuscino. Nel corso degli anni si è passato dal consigliare cuscini in piuma a quelli “anatomici”, con una ondulazione, magari realizzati con polimeri particolari sviluppati per l’ente spaziale statunitense. È molto difficile anche in questo caso prescrivere il prodotto più corretto, ma quello che è sicuro è che il cuscino deve essere unico, e per evitare di stressare il collo bisogna evitare anche che sia troppo spesso. Sembra inoltre che dormire sulla schiena (supino) sia meglio che dormire sulla pancia (proni). In questo caso i fisioterapisti suggerivano di mettere sulla giacca del pigiama ancuni grossi bottoni proprio per evitare che nel corso del sonno si cambi la posizione.
Nel caso che il dolore peggiori, se si sviluppano altri sintomi come mancanza di sensibilità, perdita di forza alle mani, o formicolii occorre tornare dal medico per segnalare questi disturbi che potrebbero indicare un aggravamento della patologia. Occorre inoltre segnalare la rara ma possibile sintomatologia associata a difficoltà a deambulare o a perdita di urine. Un’altra rara complicazione che va immediatamente riferita al medico è la comparsa di vertigini o di oscuramento della vista alla rotazione della testa. In questo caso la causa potrebbe essere la compressione dell’arteria vertebrale causata dalla degenerazione dei corpi vertebrali.
La terapia farmacologica è basata su antinfiammatori non steroidei, a partire dal Paracetamolo. Nel caso non sia sufficiente, viene prescritto Ibuprofene (brufen), Diclofenac o Naproxene. Questi prodotti possono però provocare dipendenza ed essere soggetti ad abuso, con complicanze a livello gastrico (gastriti, ulcera gastrica), vascolare (ipertensione), renale (insufficienza renale da nefropatia interstiziale). L’uso ideale non supera alcuni giorni al fine di permettere di raffreddare le fasi di acuzie dolorosa e di poter iniziare la più indicata terapia fisica. Nel caso questa terapia non sia sufficiente, un altro farmaco con effetti antidolorifici più intensi, la “Codeina” può essere di aiuto, ed è possibile in commercio trovarla anche in associazione con il Paracetamolo. In questo caso, per evitare la conseguente costipazione, che può anche già essere presente in un anziano, occorre aumentare la quantità di fibre nella dieta. Infine nei casi più gravi, la strategia terapeutica può includere antidepressivi a basso dosaggio.
L’esame radiografico latero-laterale del collo costituisce la valutazione di più semplice da effettuarsi per valutare la presenza di segni di artrosi cervicale. Quando si sospetta una radicolopatia, ovvero la sofferenza di nervi cervicali, o una mielopatia, con sofferenza del midollo spinale, può essere necessario una valutazione con Risonanza Magnetica Nucleare al fine di visualizzare l’eventuale compressione radicolare o midollare. In questo caso lo specialista (neurochirurgo) potrebbe dare l’indicazione all’intervento chirurgico
…e in conclusione
Anche questa volta abbiamo cercato di darvi delle semplici istruzioni per l’uso per cercare di vivere una vita anziana che avanza il più lentamente possibile, presentando in questo caso un problema che non può essere risolto in quanto legato al normale processo di invecchiamento, ma con il quale si può imparare a convivere e soprattutto a gestirlo senza creare danni più gravi.