Inoltre, in una situazione in cui i numeri in Parlamento sono appesi ad un filo, una strategia utile può essere quella di ridurre quanto più possibile la propria dipendenza dal Parlamento ed è quello che si sta verificando anche nei fatti. Gli ultimi dati sull’attività parlamentare di questa legislatura dicono che dei 6567 progetti di legge presentati in totale, 6018 sono stati del Parlamento e 498 del Governo, ma quelli parlamentari diventati legge sono stati solo 34, contro i 163 governativi. Questo, nella giurisprudenza, corrisponde ad una distorsione della “Forma di Stato”, perché in una Repubblica parlamentare come la nostra l’Esecutivo non può contare più del Parlamento. Vanno in questo senso anche l’utilizzo massiccio e normalizzato dei decreti legge, che secondo l’art. 77 della Costituzione dovrebbe invece essere adottato dal Governo solo “in casi straordinari e di estrema urgenza”, così come del meccanismo della “fiducia”, strumento con il quale il Parlamento può far cadere il Governo votando “no” ad un particolare provvedimento. Da meccanismo di tutela, però, questo si è trasformato in una sorta di ricatto che il Governo esercita sui parlamentari per spingerli ad appoggiarne un’azione, pena il ritorno alle urne. È stato utilizzato in tutte le ultime importanti leggi approvate, come il federalismo, norma che avrebbe forse invece richiesto una ben più ampia ed “onesta” maggioranza parlamentare. E va ancora in questa direzione la delegittimazione delle “interrogazioni”, strumenti attraverso i quali le Camere esercitano la propria funzione di controllo: solo il 37% di quelle presentate in questa legislatura ha ricevuto risposta.
C’è davvero, allora, ancora una parte degli italiani disposta a pagare un simil prezzo pur di salvarlo? Quanto detto dimostra che in ballo ci sono cose ben più importanti della più discussa questione innocenza/colpevolezza del Premier. Cose di fronte alle quali non può più neanche definirsi “politicizzato”il chiedersi se il Presidente Silvio Berlusconi – anche se innocente – sia ancora in grado di esercitare le proprie funzioni, o se sarebbe forse meglio che la propria innocenza venisse rivendicata da cittadino e non più da Capo di Stato.
Il ministro tedesco della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg, dimessosi dopo essere stato accusato di aver copiato parte della sua tesi di dottorato, ha detto: “Mi dimetto perché non so se sono più in grado di rispondere alle alte aspettative che ripongo su me stesso”. Recentemente, lo stesso succedeva alla ministra francese,Michèle Alliot-Marie,accusata di aver trascorso le vacanze in Tunisia alla fine del 2010, quando era appena iniziata la rivolta.”Nelle ultime due settimane la mia vita privata è stata molestata da certi media e non posso accettare che alcune persone usino questo complotto per provare a far credere alla gente che la politica internazionale francese sia stata indebolita”, “nonostante la consapevolezza di non aver commesso nessun errore”, così si legge nella sua lettera di dimissioni. Entrambi, quindi, non si sono dimessi per quanto fatto – la francese si è detta addirittura innocente -, ma perché le accuse non gli permettevano più di svolgere a dovere le proprie funzioni. E siccome quest’ultime vengono prima dell’individuo chiamato a svolgerle, le dimissioni non sono più discrezionali, una scelta personale più o meno condivisibile, ma un obbligo di fronte alla Nazione.
In Italia, poi, è successa un’altra cosa strana. La logica politica, infatti, insegna che, quando un partito rischia faccia e voti per i comportamenti di un proprio membro, ne chiede subito le dimissioni. In Italia, le cose sono andate esattamente all’opposto. Dopo lo scandalo, Berlusconi ha addirittura aumentato il numero dei parlamentari dalla propria parte ed è difficile credere che tale appoggio sia il frutto di un leale spirito di filantropia tra avversari politici. Qual è allora il prezzo di tale solidarietà? Non possiamo qui di certo dimostrare eventuali compravendite di parlamentari o di elargizione di cariche, ma possiamo ipotizzare che il prezzo politico più alto Berlusconi lo stia pagando all’alleata Lega nord, della quale sembra essere sotto ricatto: “Sì” al federalismo, sennò si va alle urne. E così, ecco che arriva l’approvazione in fretta e furia della legge, anche in questo caso a colpi di “fiducia”, e c’è chi ipotizza già un’eventuale candidatura a capo della coalizione proprio di un leader della Lega. Insomma, in Italia c’è davvero qualcosa che non va e non bisogna certo esser comunisti per accorgersene.