Direttore, innanzitutto la ringraziamo per questa intervista il cui scopo è anche quello di presentarla alla comunità italiana. Ci parli un pò di lei.
Mi chiamo Francesco Ziosi, sono un ragazzo emiliano molto legato, anche emotivamente, alla sua terra d’origine. Sono cresciuto in campagna, tra Bologna, Modena e Ferrara. Ho studiato Storia Antica a Bologna e a Pisa, con qualche soggiorno all’estero in Germania, Regno Unito e Israele. Dopo il dottorato ho fatto domande per intraprendere la carriera accademica e anche quella per diventare addetto culturale al ministero degli esteri, superando un concorso anche abbastanza selettivo. Mi sono candidato per Monaco e Zurigo ed è uscita Monaco, sede che andava bene anche per mia moglie e per nostra figlia che ha tre anni. Sono arrivato a fine marzo ed ora sono qui.
Secondo lei, in un mondo globalizzato quale significato assume la parola cultura?


Assume un significato grandissimo. In un mondo che richiede spostamenti geografici, conoscenza delle lingue, capacità di adeguarsi a persone che hanno origine e formazione diverse, la cultura è tutto. Cultura è consapevolezza dei fattori che rendono i luoghi in cui si vive, e le persone che ci vivono, quello che sono. Tutto ciò accompagnato dalla curiosità verso la diversità. In un mondo estremamente frammentato la cultura porta in sé il valore aggregante dell’universalità. Ecco, credo che queste tre parole, consapevolezza, curiosità e universalità siano la sintesi del significato di cultura dal momento che ci troviamo nell’Istituto italiano di cultura, aggiungerei anche l’italianità. Certamente. La cultura italiana è un bene prezioso che impregna la nostra storia e che quasi ci sovrasta. Ce ne rendiamo conto quando andiamo all’estero, ed è quello che mi sta succedendo da quando sono a Monaco. La cultura italiana è una cosa di una varietà impressionante che contiene una capacità non comune di parlare alle persone. 


Questo è vero e tuttavia negli ultimi anni le manifestazioni dell’Istituto non sempre hanno avuto un ampia affluenza di pubblico. Che cosa si può fare per renderlo un luogo più frequentato, e in modo assiduo?


Il fine istituzionale dell’Istituto di cultura è la promozione della cultura italiana all’estero, quindi per definizione il nostro primo referente è il pubblico tedesco a cui ci rivolgiamo per far conoscere la nostra cultura e stabilire legami tra istituzioni culturali. È chiaro che in una città con una notevole emigrazione come Monaco bisogna tenere in considerazione anche la comunità italiana. Questa duplice utenza è caratterizzata da esigenze molto diverse e non sempre perfettamente raccordabili. Per quanto riguarda l’affluenza ciò che io vorrei fare è tentare un percorso di “decrescita felice” – per usare un’espressione abbastanza in voga – che qui vuol dire decrescita quantitativa e non qualitativa. Quello che vorrei fare è promuovere iniziative e manifestazioni un pochino più grandi, alla cui organizzazione dedicare più tempo.
Lei è molto giovane. Vedremo finalmente l’Istituto riempirsi di giovani?


Ci proviamo. Abbiamo bisogno di capire la domanda di cultura per meglio concentrarci sull’offerta e vogliamo migliorare l’aspetto della comunicazione, in particolare di quella online. Questo tipo di comunicazione è particolarmente gradita ai giovani e questo è un chiaro obbiettivo dell’Istituto. Ma per attirare un pubblico giovane bisognerà aprire squarci, culturalmente rilevanti, che possano risultare attraenti per i più giovani, ad esempio il “pop”. E’ importante promuovere iniziative che riguardino cose che sono note anche ai giovani, che facciano parte di un linguaggio familiare anche a loro. Faccio un esempio: in Italia la morte di Bud Spencer ha avuto una grandissima eco. I suoi film girati e prodotti in Italia hanno anche qui una popolarità enorme. Un altro esempio è lo sport. In questa città c’è un allenatore italiano molto importante e sarei molto contento se leggerà questa intervista. Abbiamo contattato il Bayern per provare ad avere un incontro con il signor Ancelotti, incontro che servirà anche ad evidenziare gli aspetti culturali e giornalisticamente rilevanti dello sport. Un ulteriore aspetto che certamente sarà gradito a un pubblico più giovane è il fatto che ora l’Istituto è presente su Facebook: è la prima cosa che ho fatto arrivando qui e invito tutti a mettere il loro “LIKE”. In questo momento ci sono circa tremila contatti. Inoltre, da metà novembre sarà online una nuova versione del sito dell’istituto. Questa versione offrirà più funzionalità, contenuti, immagini e interoperabilità con i social network. Per noi sarà più facile da gestire e mantenere.
Lei resterà in carica quattro o cinque anni. In dettaglio che programmi vorrebbe portare a compimento durante il Suo mandato?
Quello della programmazione è un punto nevralgico. Siccome lavoriamo su bilanci annuali le programmazioni devono essere correlate all’arco temporale di un anno e ciò non ci permette di fare programmazioni di ampio respiro come quelle, ad esempio, di istituzioni culturali nel nord Europa che hanno programmazioni articolate su più anni o anche di alcuni importanti musei italiani. Vorrei però citare che soltanto il 4 ottobre scorso abbiamo avuto la serata dedicata a Umberto Eco e due giorni dopo quella dedicata alla poetessa Mariangela Gualtieri. Entrambe le serate hanno avuto una partecipazione stupenda. Ci sono stati momenti di commozione e credo si è riusciti a parlare di cose grandi con leggerezza. Sul lungo periodo quello che vorrei realizzare sono essenzialmente due cose, da un lato cercare di portare il contemporaneo italiano, il che è una cosa sempre difficile da fare perché noi italiani abbiamo un passato talmente prestigioso, talmente importante che a volte il contemporaneo appare come un nano sulla spalla del gigante. Nel contempo non sottovalutare aspetti “diversi” comunque legati alla cultura intesa in senso più ampio. Abbiamo parlato di sport, ma il discorso vale anche a livello accademico, vorrei portare la filosofia, la storia delle religioni, ma anche l’attualità, in particolare la migrazione, tema molto sentito in Italia, in Germania e in Europa. Quello della migrazione è un tema che esula dalla cultura in senso stretto, ma è una cosa che ci riguarda tutti e che riguarda il nostro domani. Un domani legato indissolubilmente al nostro passato … Direttore, Le faccio notare che la migrazione è un tema difficile e controverso, sottoposto a strumentalizzazioni da parte della politica … Sì, lo è. Il nostro compito però non è influenzare le opinioni politiche delle persone che sono libere di credere ciò che vogliono. Siccome penso che la cultura debba essere una cosa universale, che debba parlare a tutti, quello della migrazione è un tema che in questo momento parla a tutti. Ed è per questo che ci piacerebbe includerlo nei nostri programmi.


È pensabile invitare a Monaco i direttori dei grandi musei italiani, ad esempio Uffizi, museo egizio, Brera, museo archeologico di Napoli, Galleria Borghese?


Sì, è pensabile e prima o poi lo faremo. Vado oltre: è mia intenzione invitare gli storici dell’arte, persone che seguono vicende legate alla gestione e alla tutela del patrimonio. Non solo il patrimonio dei musei più importanti, ma anche istituzioni diverse come l’Opificio delle pietre dure e l’Istituto centrale del restauro. Quello del restauro è un tema importantissimo anche in considerazione delle notevoli competenze tecniche di cui l’Italia dispone, riconosciute anche all’estero. Mi piacerebbe portare, sì, gli Uffizi e Capodimonte, ma anche altre realtà che dispongono di eccellenti competenze nel campo dell’arte.


Le ristrettezze di bilancio dello Stato si ripercuotono anche sulla cultura: è possibile fare un buon lavoro anche con scarsi finanziamenti? 


Con scarsi finanziamenti ci sono due opzioni. O l’Istituto fa poche cose, ma bene, o ne fa molte cercando di avere una offerta più diffusa. Ciascuna di queste due strade è percorribile. Io cercherò di percorrere la prima e quindi ridurremo il numero di manifestazioni anche per motivi gestionali, perché siamo in pochi (5 persone, ndr) e perché il nostro Budget, circa 85.000 euro quest’anno incluse spese di gestione, ce lo impone.


Parliamo della lingua italiana. Come si può migliorare la promozione e la diffusione dell’italiano all’estero?


Per motivi storici la nostra lingua non si è imposta come l’inglese e non è tutelata come il francese. L’Italia non ha avuto colonie come altre nazioni. La conseguenza sul piano della diffusione della lingua è che oggi il nostro lavoro è diverso. Bisogna capire bene come si articola la domanda di lingua italiana all’estero. Questo è emerso anche durante gli Stati generali della lingua italiana in Germania, che hanno evidenziato una certa criticità della domanda. Credo che usare la lingua e la cultura come leve commerciali sia un errore. Non si può fare una manifestazione usando Dante per vendere un automobile, o un prodotto gastronomico, di moda o di design. Una cosa che si può fare per la promozione della lingua e della cultura è coinvolgere la comunità italiana presente sul territorio. Si tratta di una risorsa in buona parte sconosciuta. Essa potrebbe dare un contributo fattivo alle attività dell’istituto ad esempio fungendo da tramite, ad esempio svolgendo il ruolo di presentazione dei nostri ospiti al pubblico di lingua tedesca o quello di moderazione durante le manifestazioni. Vari ospiti che avremo saranno moderati da italiani di Monaco e ciò avrà il vantaggio di far sentire la comunità italiana parte dell’Istituto.
Qual è, relativamente al suo incarico, il suo desiderio, o sogno o sfida, più grande?
Vorrei che le persone che vengono alle nostre manifestazioni ne escano arricchiti e con la consapevolezza di aver visto e sentito qualcosa di interessante. Che escano con la sensazione di essersi regalati qualcosa di bello, magari con un sorriso.