Vive tra l’Abruzzo e la Germania, dove lavora presso l’università di Eichstätt come ricercatore dantesco. Ha da poco pubblicato il romanzo La selva Oscura.
Dante Alighieri: Forse l’unico letterato italiano conosciuto in tutto il mondo. Come ti spieghi questo successo?
Semplicemente col fatto che è un grandissimo scrittore, e multimediale in senso moderno, nel senso che unisce straordinarie doti linguistiche a uno speciale talento “pittorico” e musicale. Perché la Commedia è una grande fantasmagoria visionaria e musicale, una sarabanda di immagini ritmate. Non a caso è un poeta che da sempre ispira non solo i letterati, ma anche i pittori, gli scultori, i musicisti.
La Divina Commedia è, ancora, una delle letture obbligatorie nella scuola superiore italiana, eppure molti la considerano un “peso”. È una lettura più da adulti?
Ma gli adulti sono in grado di leggerla solo se hanno iniziato a scuola.
Citazioni dalla Divina Commedia si ritrovano in canzoni, telefilm e diverse produzioni artistiche: quale è secondo te la valenza di questo fenomeno?
È una conferma della multimedialità intrinseca del poema, del fatto che abbia da suggerire qualcosa a tutti. Ma in Italia anche del fatto che, con tutte le difficoltà che presenta per il lettore contemporaneo, è ancora bene farla a scuola, perché almeno chi da grande farà l’artista in qualsiasi campo può misurarsi con un autore che si rivela ancora, dopo oltre 700 anni, imprescindibile.
Non è la prima volta che ti occupi di Dante. Ci sveli qualcosa in più su questa tua “ossessione”?
Ma non raccontarlo a nessuno. La passione per Dante, per me, è nata negli anni del liceo, complice un ottimo insegnante di lettere, si chiamava Antonio Lanci, recentemente scomparso, che aveva collaborato all’Enciclopedia Dantesca. In quegli anni io ho perso mio padre, e Dante è diventato per me una specie di padre sostitutivo in anni decisivi per le mie scelte future. Qualcosa di tutto questo trapela nel Libro segreto di Dante, dove il protagonista, Giovanni da Lucca, indaga sulla morte del poeta, ma soprattutto gli sta a cuore sapere se Dante è il suo vero padre (Giovanni era un figlio di Dante che appare in un solo documento lucchese del 1308).
Nel tuo ultimo lavoro dedicato a Dante, metti soprattutto in evidenza il suo lato”umano”, con tutte le paure, le indecisioni, le delusioni. Come mai?
Ritengo una battaglia culturale importantissima quella di riportare Dante sulla terra, cosa che ci aiuterebbe peraltro a capire meglio il suo poema. Non sono il solo a battermi in questa direzione. È appena uscito il romanzo di Marco Santagata, Come donna innamorata, che si candida allo Strega e che, come nelle mie opere, ci appare un Dante straordinariamente umano, che scrive la Vita nova sul tavolo della cucina tra donne che sfogliano cavoli. E Marco Santagata è uno dei maggiori dantisti del momento. Si vede che c’è fermento tra gli studiosi, che dopo anni e anni di buona filologia si sono accorti che c’è un mondo dantesco ricco e vitalissimo che ha molto da raccontare agli uomini d’oggi.
È quello dell’Inferno dalla selva oscura all’incontro col male assoluto incarnato da Lucifero. Le tappe sono le stesse, perché si segue passo dopo passo la discesa agli inferi del personaggio-poeta. Solo si dilata a dimensioni più romanzesche la situazione iniziale della selva oscura, dello smarrimento esistenziale dell’uomo Dante.
Dante/Virgilio/Beatrice: il trio che si ripropone sotto un’ottica diversa. Svelaci come.
Beatrice a dire il vero nell’Inferno compare ancora poco, è semplicemente la meta, la donna che guiderà Dante verso le vette più alte, la molla che lo spinge ad attraversare anche questi regni del dolore. Virgilio è invece proprio una figura paterna, o il padre introiettato che ci guida nella vita adulta, il Super-Io freudiano, se vogliamo, ma un Super-Io bonario, dialogico, che ama spiegare all’Io-Dante ciò che gli fa vedere, e lo mette in guardia, lo abbraccia e lo premia quando si comporta bene, lo rimprovera in un paio di occasioni quando sbaglia. Dante invece è ciascuno di noi, nel percorso di conoscenza e formazione che fa di noi degli adulti consapevoli.