Quando ti sei avvicinata per la prima volta alla musica?
Ho iniziato a studiare il pianoforte quando avevo 7 anni, perché avevo visto la mia vicina suonarne uno. A dire il vero io, bambina, avevo sfacciatamente chiesto un pianoforte a mia madre che, calma, mi rispose che mi avrebbe mandata a lezione di musica. Ho incominciato proprio con lo studio classico, facendo il solfeggio per 6 mesi. Un inizio un po’ faticoso ma con l’insegnante giusta, una bellissima esperienza che mi porto poi ad entrare in conservatorio.
Di origini siciliane, hai studiato, tra l’altro anche a Bologna. Cosa ti ha portato a Dresda e quando sei arrivata?
Frequentavo a Bologna la scuola dell’opera per cantanti lirici e mi stavo specializzando nel ruolo di accompagnatrice al piano. Il corso è durato due anni e in quel periodo in cui stavo frequentando io la scuola, venne l’ex direttore artistico di Dresda per offrire una settimana di scorso specializzato. Io ho seguito questo Master con lui per ben due volte, e la seconda volta fu proprio lui a propormi di andare a Dresda. All’epoca non avevo idea di cose fosse un teatro di repertorio visto che in Italia abbiamo le stagioni teatrali con i programmi che variano. Pensare che in un teatro per stagione ci potessero essere sui 100 spettacoli di una stessa opera era un concetto non proprio usuale. Ho chiesto al direttore in che cosa consistesse il mio ruolo poi e mi rispose che avrei studiato un po’ di meno e suonato un po’ di più ed ho colto la sfida. Così sono arrivata a Dresda senza parlare tedesco e senza sapere cosa dovessi veramente fare.
Come è strutturata una settimana tipo per un maestro accompagnatore?
Il sabato pomeriggio e la domenica sono quasi sempre liberi, se non c’è qualche presentazione o qualche recita in cui devo essere presente. Il nostro lavoro si forma di due elementi principali: le prove di regia e lo studio dei cantanti. Il pianista deve insegnare i ruoli ai cantanti. In genere c’è una prova di regia di 3 ore (mattina o pomeriggio) e poi ci sono le prove con i cantanti 1-2 ore. Con i cantanti si fanno sia le prove per gli spettacoli o anche per migliorare un po’ la tecnica. Qualche volta capita anche che suoniamo durante gli spettacoli, perché è previsto un pianoforte o uno strumento a tastiera.
Famiglia e lavoro: come funziona?
È difficile, anche perché mio marito, cantante lirico freelance, lavora in Italia e in giro per l’Europa. Purtroppo i collegamenti aerei diretti con Dresda sono minimi, per cui è impensabile che lui si possa trasferire a Dresda. Prima dell’estate, per esempio, lui era coinvolto in una produzione a Barcellona e faceva la spola da Roma. Facile poco problematico visto che d Roma c’è il collegamento aereo diretto con Barcellona. Da Dresda dovresti fare prima scalo in un altro aeroporto tedesco tipo Berlino o Francoforte. Questa è anche una delle ragioni per cui penso che finito il mio percorso formativo/professionale a Dresda cercherò opportunità in posti meglio collegati. Non mi dispiacerebbe rimanere in Germania e, nello specifico, Berlino sarebbe una città che piace ad entrambi. Ovviamente ci piacerebbe fare il nostro lavoro in Italia, ma attualmente non ci sono molte prospettive nel nostro campo. Molti cantanti lirici e musicisti italiani hanno sede fissa in Italia ma lavorano circa 10 mesi all’anno all’estero. È una di quelle situazioni in cui senti di lavorare ad un progetto ma sai che puoi sempre tornare nel tuo paese e che, terminato il progetto o la collaborazione, hai un periodo in cui rientri nella tua vita italiana. È stato per me così quando ho collaborato con il Festival di Montpellier e poi sono rientrata a Roma. Al momento invece sono un po’ “spaesata”: ho casa a Roma ed ho casa qui, entrambe sono e non sono le mie case. Pensando al termine casa è difficile dire cosa, attualmente, rappresenti per me: è un quadro mentale difficile da definire al momento.
Cosa ti manca dell’Italia?
Spesso sento i miei amici dire che in Italia si mangia meglio. È vero, ma non sono certo venuta in Germania per la cucina tedesca, ma, ammetto, mi manca davvero la qualità del pesce che mangiavo in Sicilia, quello sì.