Ci vorrà ancora del tempo prima che nello scandalo del dieselgate la commissione d’inchiesta faccia i nomi dei promotori. Non è detto, però, che la vicenda finisca così perché la conclusione potrebbe anche essere che tutto è stato soltanto uno spiacevole malinteso “tecnico”. Basta pensare, per esempio, alla vicenda delle dimissioni dell’ex amministratore delegato (AD) della Volkswagen, Martin Winterkorn, il quale, nota bene, continua a percepire il suo faraonico stipendio.
Winterkorn da un lato si assume tutte le responsabilità e, dall’altro, però precisa di non aver mai avuto a che fare con la manipolazione dei dati. Non solo, ma anche di non aver mai avuto il minimo sospetto che qualcosa del genere potesse accadere nel gruppo da lui diretto. Il nuovo AD Matthias Mueller si è poi presentato all’opinione pubblica con un nuovo vertice Volkswagen tutto in veste bianca, con tutto il tempo possibile per trovare ai piani gerarchici inferiori gli eventuali responsabili della manipolazione delle emissioni dei gas di scarico.
Importante per la VW e per Berlino sia che alla fine di questo processo risulti che i vertici economici e politici tedeschi non erano mai stati messi al corrente di nulla. Per il momento, comunque, è evidente che le strategie dei due gruppi Volkswagen e Bosch continuano a puntare ostinatamente sul futuro del motore diesel – considerato da sempre un asso nella manica del “made in Germany” – anche se non pochi esperti nel frattempo sostengono che questo tipo di motore a scoppio sarebbe ormai giunto al capolinea. Lo scandalo della manomissione dei dati sulle emissioni dei gas di scarico esploso nel settembre dello scorso anno non ha precedenti nella storia dell’industria automobilistica. Nonostante la gravità dell’accaduto sono sempre in molti in Germania disposti a puntare sul futuro di questo motore.
Forte lobby tedesca
A quattro mesi dallo scandalo del dieselgate abbiamo avuto la prima concreta reazione dell’industria tedesca dell’auto. I limiti delle emissioni dei gas di scarico in futuro saranno raddoppiati e misurati su strada e non più sui rulli delle officine controllate dal KBA, l’Ufficio federale della Motorizzazione tedesca. In pratica per il momento non cambia nulla. È semplicemente scandaloso costatare che la tutela della salute dei cittadini europei sia nelle mani di un gruppo di funzionari di Bruxelles. In passato il KBA non si era mai minimamente preoccupato di controllare se le reali emissioni dei gas di scarico delle auto corrispondessero ai valori dei test ufficiali di omologazione delle vetture, truccati con l’aiuto del software Bosch.
Per quanto riguarda il governo di Berlino e soprattutto Angela Merkel, la cancelliera non mai hai perso occasione negli ultimi anni per esercitare sulla Commissione Ue ogni possibile pressione pur di ottenere il rinvio dell’entrata in vigore di limiti più severi all’inquinamento delle auto di grossa cilindrata “made in Germany”. Cercherà di continuare su questa strada finché resterà alla Cancelleria. A Bruxelles la potente lobby tedesca è già al lavoro per convincere le autorità comunitarie che il motore diesel non meriterebbe il duro giudizio delle autorità americane e dei difensori europei dell’ambiente e che in fin dei conti questo tipo di motore, opportunamente impiegato, non sarebbe così sporco e pericoloso, come alcuni vorrebbero far credere.
Il biossido di carbonio (CO2) è un gas relativamente innocuo per l’uomo e per gli animali con il grande svantaggio di essere però la causa dell’effetto serra con il conseguente riscaldamento della terra. Alla riduzione di questo tipo di emissioni si sta comunque lavorando ovunque nel mondo, ultimamente anche in Cina, in tutti i settori e non soltanto in quello automobilistico. Qualche realistica speranza di mettere sotto controllo l’effetto serra c’è, ma resta poi sempre il grosso problema delle emissioni di ossido di azoto (NOx) che non presenta facili soluzioni e comunque non a buon mercato. L’ossido di azoto è un gas tossico e cancerogeno ed essendo più pesante dell’aria tende a rimanere al suolo ed è considerato uno dei principali responsabili di molte irreversibili malattie dell’apparato respiratorio.
È un problema di cui comprensibilmente negli ambienti dell’industria automobilistica ma anche in quelli della politica si tende a parlar poco. Il perché non è difficile da capire e sarà ancora più chiaro con il procedere dell’azione di richiamo in officina delle auto diesel e con le difficoltà che i controlli su strada delle vetture diesel evidenzieranno. Verifiche che in futuro saranno affidate a enti Ue, che dovrebbe essere indipendenti dai vari paesi europei e comunque sottratti alle influenze delle potenti lobby dell’auto.
Intrecci difficili da accettare
Intanto, la Volkswagen fa di tutto per minimizzare la gravità del dieselgate e delle auto truccate, cercando di far credere che basterà un semplice filtro da montare in meno di un’ora di lavoro per rimettere le cose a posto. Viene spontaneo chiedersi, ma se la soluzione del problema era così semplice perché la Volkswagen non ci ha pensato prima invece di architettare a livello mondiale un imbroglio gigantesco che, fatti i conti, al gruppo tedesco costerà qualche miliardo di euro, senza calcolare il danno in termini di immagine. Evidentemente quando l’ex amministratore delegato della Volkswagen, Martin Winterkorn, parlava delle centinaia di milioni di euro che sarebbero state necessarie per ridurre di un solo grammo le emissioni dei gas di scarico egli pensava probabilmente in primo luogo all’ossido di azoto e anche alle molte persone che a causa di questo gas hanno perso prematuramente la vita.
Soprattutto nei grandi agglomerati urbani, dove nonostante l’impiego dei catalizzatori e del limite di velocità di 30 chilometri non è stato possibile sinora evitare che la concentrazione del pericolosissimo NOx prodotto dai motori diesel superasse in molte zone i valori previsti dalla legge europea (40 microgrammi al metro cubo). La Commissione Ue ha già ammonito diverse volte il governo di Berlino affinché adotti tutte le misure possibili al fine di proteggere la salute dei cittadini tedeschi, però sinora senza risultato. Il fatto è che ciò richiederebbe innovazioni che in Germania ben pochi accetterebbero, come la riduzione della circolazione delle auto diesel o la chiusura dei centri città al traffico o l’istituzione di fasce orarie di circolazione. Infine, anche la volontaria e spontanea rinuncia degli abitanti di una grande città all’uso delle auto in occasione di una forte ondata di smog come quella che si è verificata a metà gennaio a Stoccarda, quando si è dovuto constatare che gli appelli del sindaco della città sono rimasti del tutto del tutto disattesi.
A sentire l’industria tedesca, a parte il ricorso all’auto elettrica, resterebbe soltanto la possibilità di risolvere il problema con l’adozione di una nuova tecnologia, che però a quanto pare porrebbe gli ingegneri delle varie case automobilistiche di fronte a un dilemma: la riduzione delle prestazioni dei motori oppure l’adozione di una tecnica piuttosto complicata e anche costosa chiamata “AbBlue”, che prevede l’iniezione nel motore di un additivo prelevato da un serbatoio installato nell’auto e il cui contenuto andrà ripristinato, come quello del carburante, con una frequenza che dipende dai chilometri percorsi dall’auto e dallo stile di chi lo guida.
Per completare il quadro, va anche detto che l’utilizzo dell’additivo AbBlue resterebbe limitato alle sole grosse cilindrate diesel, mentre quelle più piccole sarebbero destinate a sparire definitivamente dalla circolazione.