Attenzione però: voteranno solo quelli che entro il 19 novembre si saranno iscritti nell’elenco degli elettori della propria circoscrizione consolare, utilizzando l’apposito modulo scaricabile dal sito del consolato di appartenenza (o ritirato, per chi non ha dimestichezza con Internet, presso qualche associazione o da amici).
Alla richiesta di iscrizione va allegata la fotocopia di un documento di identità. Solo loro infatti, gli iscritti, che per fax email posta normale o consegna diretta avranno mandato al consolato la richiesta di iscrizione, riceveranno il plico elettorale con le schede da votare, che restituiranno per posta. Fossero i Comites enti privati, non ci sarebbe nulla da eccepire ad una simile procedura: è normale che in una associazione votano solo i soci, cioè gli iscritti. O fosse questa la normale prassi elettorale italiana, come avviene in qualche altra parte del mondo, nulla da ridire.
Ma il Comitato degli Italiani all’estero (Comites) non è un organismo privato. Come recita la legge 286 del 23 ottobre 2003 “il Comitato è organo di rappresentanza degli italiani all’estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari”. Di tutti gli italiani all’estero, elettori per diritto, non per richiesta. Chissà se questa condizione è in regola con la costituzione. Proprio perchè non conforme al normale esercizio del voto politico e amministrativo italiano. L’intenzione sarà stata anche ottima (evitare abusi, per risparmio, o altro), ma la via scelta mi sembra semplicemente catastrofica: a parte il dubbio di costituzionalità e l’aumento di burocrazia, per organismi in fondo solo consultivi, si ha l’impressione che li si voglia sminuire ulteriormente (rappresenteranno solo gli iscritti), primo passo per la soppressione definitiva, dal momento che gli interessati risulteranno così pochi da non giustificarne più l’esistenza. Il dado è tratto: da una democrazia per tutti, si passa ad una domocrazia su richiesta. Evidentemente solo all’estero. Ma è quanto ci offre oggi il convento, con ben cinque anni di ritardo sulla normale scadenza elettorale. Un dubbio, ancora più atroce, ci tormenta: che tutto questo non sia che un esperimento in vista di appuntamenti ben più importanti, quello dell’esercizio del voto politico all’estero.
In effetti, se si va a vedere la proposta di legge dell’on. Tacconi (Misto), assegnata alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, all’estero voteranno per l’elezione delle Camere e per i Referendum solo coloro che avranno fatto l’opzione per l’estero (il rovescio di quanto avviene con l’attuale legge in vigore, quella di Tremaglia). Se l’esperimento andrà male, come tutto lo fa presagire, oltre alla morte dei Comites assisteremo anche a quella del voto all’estero. Dispiace che il tutto avvenga con la solenne benedizione degli eletti oltre frontiera, i quali non si stanno rendendo conto che, proponendo e sostenendo la democrazia su domanda, si stanno semplicemente scavando la fossa sotto i piedi.
Se si voleva risparmiare sull’invio dei plichi (da mandare cioè solo agli interessati), perché non si è fatto il rovescio: votano tutti (per diritto costituzionale), ma chi non è interessato o contesta i Comites o non vuol votare, può chiedere d’essere depennato dall’elenco elettorale. Ora che la data del 19 dicembre per il voto è sicura (il Senato l’ha approvata in via definitiva), come quelle del 19 novembre per l’iscrizione nelle liste elettorali e del 19 ottobre per la presentazione delle liste, certamente non serve piangere sui cocci della democrazia all’estero, su un voto che zoppica da tutte le parti.
Meglio rimboccarsi le maniche, come chiedono in tanti, per promuovere le iscrizioni, e salvare il salvabile. Non accontentandosi degli appelli e dei comunicati (molto facili, e letti solo dagli addetti ai lavori). Ma impegnandosi sul territorio, dove chi si attiva sono purtroppo sempre i soliti noti, i soliti quattro gatti. E sfruttando al massimo le possibilità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione e dai Social Media, l’unica chance offerta per ribaltare le deludenti previsioni che fissano al 3-4% dell’intero elettorato il numero degli iscritti per il voto dei Comites.