Il senatore abruzzese Antonio Razzi (Fi) ha presentato un disegno di legge per abolire il Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie), definendolo organismo costoso e inutile dal momento che i connazionali oltreconfine sono già rappresentati dai parlamentari eletti all’estero e dai vari Comites.
Nel n. 605 (www. pescarapescara.it) abbiamo spiegato anche le ragioni contrarie a questo progetto che Razzi ha in mente da quando è stato eletto la prima vota alla Camera con l’Idv, come italiano residente in Svizzera, dove emigrò a 17 anni dalla sua Giuliano Teatino (Ch). Ragioni contrarie che furono il cavallo di battaglia del segretario generale del Cgie, Elio Carrozza, anche lui abruzzese emigrato in Belgio, nella sua campagna elettorale europea di candidato non eletto al Senato (Pd). Franco Santellocco, consigliere abruzzese del Cgie e del Cram (omologo organismo regionale), ci definì per telefono Razzi “un matto”. L’Abruzzo, però, una sfoltita al Cram, in questa legislatura, l’ha data, eliminando tutti i rappresentanti degli enti attivi in loco.
L’unico componente che ha replicato al nostro articolo è stata dagli Usa Silvana Mangione (nella foto), che ci ha scritto: “Da quando s’è insediato, il Cgie non ha mai avuto 6 milioni di euro l’anno. I dati sono pubblici. Nel 2013 ha ricevuto poco più di un milione. Razzi è certamente costato annualmente di più da solo che l’intero Cgie. Non so come e dove Razzi abbia rappresentato gli italiani all’estero. Noi lo abbiamo visto, come una meteora, solo una volta durante una plenaria per discutere di promozione di lingua e cultura, assistenza ad anziani e distruzione della rete consolare, cose sulle quali avrebbe dovuto intervenire a favore dei suoi rappresentati.
Visti i risultati ottenuti nelle tre legislature dalla quasi totalità dei parlamentari eletti all’estero, alcuni consiglieri cominciano a pensare che forse sarebbe meglio riavere un Cgie forte come quello che ha operato con concretezza dal 1991 in poi, battendosi anche per ottenere l’esercizio del voto in loco con rappresentanza diretta e molti altri risultati nei campi di vero interesse per gli italiani all’estero, piuttosto che agire da difensori a oltranza di parlamentari come Razzi, che hanno agito solo per il proprio personale orticello disseminato di regali, prebende, inversioni di marcia e opportunistici cambiamenti di partito”.
Razzi ribadisce che il Cgie costa tre (e non sei) milioni e che l’obiettivo di alcuni è quello di eliminare i parlamentari per tornare ad avere un Cgie forte e primario. “Le riunioni del Cgie sono inutili – ha replicato – solo in Parlamento si risolvono i problemi”.