Vi ricordate di Alice nel paese delle meraviglie? Bene, immaginate che questo Paese delle meraviglie abbia anche ambasciate in tutto il mondo. In una di queste ambasciate vi lavori un impiegato a contratto con mansioni esecutive (cioè uno di quelli che sono assunti sul posto per fare le fotocopie, il dattilografo, sistemare le pratiche in archivio e cose del genere).
Per vent’anni questo impiegato è stimato da tutti, fa il suo dovere, si rimbocca le maniche e dimostra di essere un tipo tanto in gamba da essere collocato, peraltro contro la sua stessa volontà proprio per i rischi connessi a questo genere di attività, nel reparto più difficile e delicato di quest’Ambasciata del Paese delle meraviglie: l’Ufficio visti.
Naturalmente il contrattista non prende decisioni, non firma documenti e si limita a preparare le pratiche che sono poi sottoposte al controllo della responsabile di quel delicato reparto. Per legge, è questa funzionaria che deve verificare, controllare e poi accettare con la propria firma il provvedimento: rilasciato visto ingresso temporaneo per l’Italia!
Adesso che succede? In questo Paese, che si chiama Tunisia e che ospita l’Ambasciata del Paese delle meraviglie, scoppia la guerra civile.
Un casino inimmaginabile con decine di migliaia di tunisini che lasciano le loro case e che raggiungono clandestini le coste del Paese delle meraviglie.
Ne sono stati contati negli ultimi mesi circa 25.000 senza biglietto d’imbarco, senza alcun permesso di transito, senza nemmeno un patentino per ciclomotore che li possa identificare.
Mentre Amor, il nostro impiegato a contratto con mansioni esecutive, continua a fare il suo dovere allo sportello visti, sempre sotto l’assiduo controllo della responsabile di quel reparto, gli viene recapitata una lettera del suo diretto superiore, che è Sua Eccellenza l’Ambasciatore del Paese delle meraviglie.
Il contenuto, tradotto in linguaggio povero, è più o meno questo: “Caro impiegato a contratto esecutivo, io ti licenzio su due piedi. Tu hai trattato quattro pratiche di rilascio di visto d’ingresso nel nostro Paese per quattro tunisini, i quali non sono più tornati indietro! Io sono un Ambasciatore e poco me ne importa dei restanti 24.996 clandestini che hanno raggiunto l’Italia (pardon, il mio Paese delle meraviglie). Io, caro contrattista, ti presumo imbroglione, truffatore e traditore della mia fiducia perché io non riesco a trovare nella mia Ambasciata i documenti che erano alla base del visto ingresso (che presumo rilasciato e firmato dalla responsabile del reparto) a questi quattro dei complessivi 25.000 poveracci clandestini che sono sbarcati in casa nostra. Io sono un Ambasciatore e non mi chiamo Hercules Poirot e non ho pertanto tempo da perdere con una seria inchiesta sul caso, prima di prendere severissimi provvedimenti nei tuoi confronti. Io non mi metto alla ricerca degli interessati per dimostrare che sono rientrati in Tunisia. Io non ci penso nemmeno di indagare anche sul conto della responsabile del reparto, preposta al controllo della tua attività. Io, invece, ti tolgo pane e lavoro e ti sbatto dopo vent’anni di onorato servizio in mezzo alla strada, con i più distinti saluti“.
A questo punto, il disperato contrattista con mansioni esecutive preso dai turchi (meglio dire dai tunisini), si mette in proprio alla ricerca dei quattro titolari del visto per dimostrare che sono regolarmente rimpatriati, dopo aver fatto uso lecito del permesso d’ingresso temporaneo nel nostro Paese (che poi è il Paese delle meraviglie, e questo si era capito).
Effettivamente riesce a trovarne due in quel gran casino che adesso è la Tunisia e riesce a dimostrare almeno in due casi che era tutto in regola. Ha ancora buone speranze di rintracciare gli altri due, anche per rifare quelle fotocopie dei passaporti che sarebbero misteriosamente sparite in quell’ambasciata tanto ligia e corretta. Nel frattempo il contrattista è senza lavoro e forse sta pensando di chiedere un visto ingresso per l’Italia, nella speranza di un futuro migliore. Lui penserà: tanto o 25.000, o 25001 l’Italia non mi rifiuterà!
Attenzione, questa non è una favola. Il coniglio con l’orologio nel taschino non c’è e non c’è nemmeno Alice. C’è però la meraviglia di una storia che potrebbe fare anche sorridere se non si trattasse dell’esistenza di un onesto lavoratore a cui si sbatte la porta in faccia con il marchio del truffaldino prima di aver appurato, con serietà, onestà e soprattutto con assoluta mancanza d’interessi personali, come sono andati realmente i fatti.