La pandemia che ha aperto questo nuovo decennio è stata devastante, sia per le incommensurabili perdite di vite umane, sia per le conseguenze socio-economiche, che sono emerse a causa dei vari Lockdown.
Interrogarsi su come affrontare queste difficoltà che ci accompagneranno nel prossimo futuro, necessitando di una progettazione basata su competenza e altruismo socio-economico, è oggetto di discussione a livello nazionale, europeo e mondiale. Abbiamo chiesto un parere a Giovanni Bonini, ingegnere gestionale con esperienze lavorative tra l’altro anche in Germania, presso l’European Space Agency (ESA) a Darmstadt, autore di oltre 200 articoli di divulgazione scientifica e tecnica. Nel suo ultimo libro “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi” (ISBN 978-88-31221-23-8, Editoriale Delfino), propone una riflessione e una strategia elencata in 16 punti per affrontare le difficoltà, considerando gli errori commessi nel passato e quelli da evitare in futuro.
Giovanni, tu vivi nel Nord Italia, che è stato duramente colpito da questo virus. Ci racconti la tua esperienza di questi ultimi mesi?
Quando, nella seconda metà di gennaio 2020, ho capito che i buoi erano già scappati dal recinto, sono corso ad acquistare mascherine, guanti e gel disinfettante, adottando subito le misure di distanziamento sociale, che rappresentano il principale strumento di difesa. Purtroppo, c’è stata parecchia sottovalutazione, forse dovuta a presunzione ed eccessiva sicurezza. Tutte cose che non hanno fatto alzare la guardia a sufficienza, sicché c’è stato un rapido deterioramento della situazione, con il conseguente Lockdown.
In “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi”, hai individuato i punti chiave per la ripartenza. Il libro si limita alla ripresa economica o considera anche aspetti sociali?
L’analisi è a 360°. Secondo me, alla base di tutto, ci sono una crisi valoriale e un modello da rivedere. “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi” è stato scritto per tutti, proprio perché la ripartenza economica e sociale dipende da ciascuno di noi. Non dovremo più farci trovare impreparati, diventando proattivi e imparando dai nostri errori. Occorre riconoscere e gestire rischi e opportunità, considerando probabilità e impatto di ciascun evento possibile. Nel mondo globalizzato di oggi, nonostante la tecnologia, siamo più freddi e distanti gli uni dagli altri, accecati dall’avidità e dalla logica del profitto. Ci siamo scordati del mondo intorno a noi. Dobbiamo ripartire dalle competenze, che derivano da conoscenza ed esperienza. Educare, formare e selezionare in un modo nuovo e diverso devono portarci a un approccio meritocratico, mettendo da parte il caporalato e le altre forme di sfruttamento. Basta con il Body Rental, perché acquistare e rivendere persone come se fossero penne o caramelle non significa rimettere l’uomo al centro. Dobbiamo comprendere l’importanza della pianificazione strategica, guardando lontano, tutti insieme. Le sfide di oggi e quelle di domani richiederanno un’Europa unita, con una sola voce, che possa far fronte alle mire espansionistiche ed egemoniche di giganti come la Cina. Dobbiamo rivedere le catene di approvvigionamento e distribuzione, accorciandole ed evitando la dipendenza dagli altri per i beni strategici. Ci servono poche regole certe e assenza di burocrazia, per favorire la crescita, che si basa sull’iniziativa individuale e collettiva. La ripresa è un progetto che richiede un grosso cambiamento culturale, tutte tematiche già discusse nel mio libro precedente, scritto nel 2018. Ecco perché, per toglierci dai guai, abbiamo bisogno di un bravo Transition/Project Manager. Tutto ciò vale sia per l’Italia sia per la Germania. Anzi, direi che dovrebbe valere per l’Umanità tutta.
Dunque, secondo te, il vero problema, in tutta la vicenda COVID-19, è legato alla mancanza dell’approccio gestionale di cui parli nel libro. Corretto?
Esattamente. Ricordiamoci che virologi ed epidemiologi, nel processo decisionale, devono essere consultati, proprio come gli altri esperti (approvvigionamenti, comunicazione, logistica, statistica, …). Non sono loro, però, i veri decisori. Inoltre, quando i dati scarseggiano e il quadro è poco chiaro, a volte bisogna porsi nel caso peggiore, prendendo rapidamente decisioni coraggiose al fine di mitigare i rischi. Tutte cose che sono state fatte soltanto in parte.
Secondo te, le misure intraprese dall’Italia e dell’Europa sono giuste e soddisfacenti?
Non possiamo dirlo e saperlo, perché tutto dipenderà dai nostri comportamenti, dalle nostre attenzioni, non soltanto per noi, ma anche e soprattutto nei confronti degli altri. Forse dovremo convivere con COVID-19 per un certo periodo. Nulla di strano, niente di nuovo. Nella storia dell’Umanità, in fin dei conti, cose del genere sono successe ben più di una volta: basti pensare ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e alla peste.
Quali conclusioni trarre da questa crisi sanitaria ed economica?
Non dobbiamo giocare a fare Dio, ricordandoci che viviamo su un piccolo pianeta roccioso, che ruota intorno a una stella di Sequenza Principale, in un angolo sperduto di una galassia facente parte di un piccolo ammasso: è questo il nostro posto nell’Universo. Cambiamo prospettiva e sfruttiamo la crisi come un vero e proprio Game Changer, capace di farci vedere le cose nel modo corretto. Dobbiamo capire dove siamo e porci degli obiettivi sostenibili da raggiungere tutti insieme.
Che ne sarà dell’Unione Europea che abbiamo conosciuto in questi anni?
Senza un comune sentire e privi di uno spirito di Patria europeo, non andremo molto lontano. Abbiamo scoperto che quest’Europa è un’astrazione funzionante solo sulla carta delle banconote, mentre è assente nei cuori e nelle menti di chi la popola. Siamo a un bivio. Dobbiamo ripartire da tutto ciò che di buono è stato fatto, individuando i punti deboli, in modo tale da intervenire per migliorarli, senza perdere ulteriore tempo e abbandonando gli egoismi di parte. Non commettiamo gli errori del passato. Basta con i nazionalismi che ci hanno portato alla Prima e Seconda Guerra Mondiale.
Se ci sarà un altro tipo di UE, l’Italia sarà determinante?
Penso che ciascuno Stato, indipendentemente dalle dimensioni o dal PIL, debba esserlo, poiché l’Europa appartiene agli Europei, senza cittadini di serie A, B o C. In un’Europa diversa da quella che immagino non vorrei proprio abitare.
Perché hai scelto questa copertina per il tuo libro?
Il mondo non ci appartiene e il nostro pianeta, la Terra, non ha bisogno di noi. Così, mentre eravamo chiusi nelle nostre case, annientati dalla grandezza di un minuscolo nemico invisibile, gli animali hanno preso il sopravvento, tornando a popolare quei luoghi che rivendicavamo come “nostri”. Compreso questo, abbiamo ancora tanta strada da fare, nel rispetto altrui e attenendoci alle regole, come fa il capriolo che attraversa sulle strisce. Dobbiamo imparare a guardare lontano, sapendo in che direzione muoverci. Forza e coraggio, perché la strada è lunga, ma, se ci saranno impegno e resilienza, ce la faremo.