di Pietro Casula -
Mentre l’Unione europea viene trascinata in una crisi economica devastante generata dal Coronavirus, il premier Giuseppe Conte sorprende un po‘ tutti e va alla carica con la sua proposta di liberare quei 410 miliardi del Fondo salva Stati. Solitamente una proposta del genere fa scattare l’intervento della Troika in quei Paesi i cui governi attingono ai mezzi finanziari del MES. Sappiamo e ricordiamo bene tutti che chiunque abbia avuto a che fare con il Fondo salva Stati ha dovuto patire le pene dell’inferno. Per evitarle, il Premier ha chiesto ai partner europei di mettere da parte questa clausola ricevendo, però, un secco „no“ dall’Olanda – a guida del gruppo dei Paesi del Nord – che di erogare denaro senza porre condizioni proprio non ne vuole sentir parlare, a cui ha fatto coro la cancelliera tedesca Angela Merkel che sarebbe stata innervosita e confusa dall’aggressività del Premier Conte, da lei ritenuto sempre particolarmente charmant.
La collisione tra il fronte dei Paesi del Nord e il fronte mediterraneo del quale , tra gli altri, fanno parte Italia, Spagna e anche la Francia, ha generato un terremoto che rischia di spaccare l’Unione europea. Cronache di questi giorni fanno intuire che l’Unione Europea sia ad un punto di svolta, l’opinione comune è che essa debba essere all’altezza della situazione pena, per la sua inconsistenza, il progressivo allontanamento da quella che è stata la spinta che l’ha generata ed un nefasto ritorno al passato.
Gli ultimi vertici hanno inasprito le divergenze tra le parti a causa soprattutto della proposta totalmente opposta per quanto riguarda l’approccio economico da utilizzare per aiutare Stati membri a combattere l’emergenza generata dal Coronavirus.
Oltre un decennio fa, nella crisi finanziaria e del debito furono introdotte, in Europa, le obbligazioni in euro come un’ancora di salvataggio per i Paesi fortemente indebitati nel sud del continente. In primis la Grecia e l’Italia. L’idea era: gli Stati membri emettono titoli di Stato congiunti che, grazie ai forti partner dell’unione monetaria che hanno un elevato rating creditizio e sul quale, pertanto, devono essere pagati tassi di interesse bassi. Il basso onere di interessi dovrebbe aiutare i Paesi indebitati ad ottenere denaro sui mercati finanziari. Una tale politica apre, chiaramente, a nuove interpretazioni, ad alti margini di spesa per i „peccatori“, i Paesi forti garantiscono per i più deboli, per i quali lo stimolo al risparmio o l’imperativo per attuare riforme delle politiche economiche è sempre più basso o perso del tutto.
Questo è il vero motivo che aveva portato la Germania ad essere contraria – a suo tempo – agli Euro-Bond e poiché nulla è cambiato a questa situazione iniziale, anche i cosiddetti Corona-Bond messi in gioco, tra l’altro, anche dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sono da considerarsi la ricetta sbagliata per aiutare i Paesi particolarmente colpiti dalla pandemia .
Emissione di obbligazioni comunitarie possono funzionare solo se affiancate da meccanismi efficaci. Questi devono costringere gli attori politici dei Paesi debitori a rispettare le regole stabilite in comune.
Ma chi assicura questo? Chi impedisce nel processo politico che i margini d’azione non vengano allentati, ossia che uno Stato finanzi più del consentito il debito a mezzo di obbligazioni comunitarie ?
Naturalmente il punto di partenza è completamente diverso da quello del 2009. La crisi del Coronavirus è uno shock esogeno di cui effetti i singoli Paesi non hanno colpa. Per questo soprattutto l’Italia e la Spagna hanno bisogno naturalmente dell’aiuto degli altri Paesi europei. E questo non è solamente un obbligo morale ma anche un dettame, un precetto di ragione economica.
Dopotutto l’Italia e la Spagna – la terza e la quarta più grande economia della zona euro – sono importanti partner commerciali dei Paesi del Nord le cui economie, senza queste relazioni, perderebbero un più che significativo commercio estero. Basta ricordare, per esempio, che in Germania, lo scorso anno, il commercio estero con l’Italia ha realizzato un volume di 125 miliardi. L’Italia quindi, sia in termini di esportazione che di importazione è stata – per la Germania – il sesto partner per importanza economica.
Gli aiuti di cui l’Italia ora ha bisogno sono indiscutibili, ma per predette ragioni, questi aiuti devono essere alimentati da altri canali. Che succede se l’Italia tra qualche anno non si trovasse in condizioni di poter pagare in debiti? Sapendo che non esiste una politica finanziaria comune, di conseguenza non può esserci neppure una responsabilità comunitaria. L’economista Hans-Peter Burghof dell’università di Hohenheim, mette in guardia dal ricorrere ai mercati finanziari come rimedio universale nella crisi. „IL mercato finanziario non è la fantastica gallina delle uova d’oro“. Piuttosto spingerei di più sull’uso delle sovvenzioni dell’EU e prima o poi, o quantomeno alla fine della crisi, attuare un programma europeo di rilancio della congiuntura.
Questo sarebbe anche più credibile perché è più trasparente e chiarisce che l’aiuto per i Paesi mediterranei, alla fine, sarà a carico dei contribuenti.
Anche io sono del parere che le obbligazioni comunitarie non siano la soluzione migliore; piuttosto un programma comune del Fondo salva Stati, una cosiddetta linea di credito Covid altrettanto di sostegno ma con migliori regole per la restituzione del debito, penso che sia una alternativa migliore. Il forte vantaggio di una linea di credito del Fondo salva stati è che può essere avviato rapidamente e aiuta immediatamente. Ecco: attuabile immediatamente. Questa è l’ordine del giorno. Nuovi strumenti come Euro-Bond o Corona-Bond non sono la ricetta giusta in questi tempi drammatici.
In Europa non esiste una base, un fondamento giuridico per una comunitarizzazione del debito. Invece di star li mese dopo mese a discutere e negoziare sul Corona-bond si o no, dobbiamo agire immediatamente per trovare soluzioni nell’ambito degli strumenti disponibili e certezza del diritto.
Le divergenze politiche sono superabili se ci sarà un confronto serrato ai massimi livelli, sforzandosi di capire ognuno le ragioni dell’altro.