Abbiamo incontrato l’autrice Christiane Möschle in occasione della presentazione del libro, organizzata dalla Deutsch-Italienische Gesellschaft di Amburgo
Una storia delle tradizioni e della cultura calabrese, raccontata dal punto di vista femminile, di una straniera. Christiane Möschle, germanista laureata all’università di Monaco, accompagna Lucia e Giovanna alla (ri)scoperta dei valori di una terra affascinante. Il risultato è “Der Duft Kalabriens”, il racconto di un viaggio alla scoperta di un mondo complesso.
È stato il tuo primo viaggio in Calabria. Cosa ti ha sorpresa di più?
I panorami, non c’è dubbio, anche perché non avevo assolutamente idea di come fosse la Calabria. Sinceramente non mi sarei mai aspettata di trovare, in Calabria, un ambiente così naturale, arcaicamente intoccato. Per non parlare della natura rigogliosa, dell’incredibile vicinanza tra montagne e spiagge, e quest’ultime così diverse: quella tirrenica, cosi rocciosa, con gli scogli nel mare e, dall’altro lato, il Mar Ionio, tranquillo. Una ricchezza, davvero inaspettata.
Come te l’eri immaginata la Calabria?
Conosco bene la Puglia e mi aspettavo di trovare un ambiente molto simile, con molta più pianura. Devo però, anche, ammettere, che non mi sono affatto informata prima di andare. Dato che viaggiavo con Lucia e la figlia, mi sono semplicemente fidata di loro, visto che provenivano dalla zona. Siamo arrivati, in Calabria, in piena notte il che non mi ha aiutato molto ad avere una prima impressione. Vedevo solo quello che si vedeva dall’autostrada e lungo la deviazione che abbiamo dovuto prendere. Con l’arrivo dell’alba ho potuto poi, pian piano, vedere quello che mi circondava.
Il tuo libro è una scrittura femminile su donne. Come è cambiato il modo di vedere la donna calabrese, se è cambiato?
Lucia era per me, già in Germania, una donna molto sicura di sé, capace di prendere il suo destino in mano e di darsi da fare per rendere tutto al massimo. Quando sono stata con lei in Calabria a visitare e rivivere i luoghi in cui avevano vissuto la mamma e la nonna e lei si è aperta sempre di più, il mio rispetto nei confronti delle donne calabresi è cresciuto sempre più. In maggior modo se si considerano le premesse, che non erano le più rosee. Riuscire ad essere determinate, positive e propositive, nonostante le avversità iniziali, è ammirevole e merita rispetto.
Il tuo libro cita il profumo della Calabria. Qual è questo profumo?
Quando siamo arrivate in Calabria, Lucia, scendendo dall’auto nel centro storico di Castrovillari, inspira profondamente ed è felicissima, affermando di sentire finalmente il profumo di casa: nell’aria c’era un odore di legna bruciata. Questa affermazione era, per me, molto importante, perché mi ha fatto capire l’importanza dei dettagli nel quadro complessivo. Da lì il passo ad integrare questa frase, in qualche modo nel libro, era breve. Non volevo parlare di odori, ma di qualcosa più specifico, che fosse in grado di riassumere tutta l’esperienza e quando ho visto i prati in fiore, la decisione era presa: si sarebbe trattato del profumo della Calabria, così diverso eppure così unico.