Elon Musk, l’intraprendente imprenditore americano produttore dell’auto elettrica Tesla, sta progettando una fabbrica nei pressi di Berlino mentre i due gruppi Fca e Psa stanno già lavorando a un memorandum d’intesa
Il modello 3 della Tesla ha già un folto numero di ammiratori in Germania e in Italia ansiosi soltanto di poterla ritirare il più presto possibile. E’ un’auto di successo prodotta dal 2017 nella “Gigafactory” di Freiburg in California ma ora da un paio di settimane la vettura è assemblata anche in una nuova fabbrica di auto elettriche Tesla appena inaugurata a Shanghai. La Tesla ha investito 2 miliardi di euro nel suo nuovo super-impianto cinese programmato per essere in grado di produrre già nel 2020 almeno 250mila auto Tesla, per arrivare poi in un secondo tempo fino a mezzo milione di esemplari. Fatta una nuova fabbrica, è tempo di pensare alla prossima, così almeno sembrerebbe pensare Elon Musk già tutto preso dall’idea di erigere una nuova fabbrica Tesla nei pressi di Berlino nel Land del Brandenburg. Non sfugge all’attento osservatore lo stupore dei tedeschi visibilmente sconcertati da un manager americano dell’auto che ha tutta l’aria di trovare del tutto normale sfidarli in casa. Di Elon Musk si dice che abbia una certa simpatia o, comunque, un certo rispetto per la Germania, che abbia ottimi contatti con la Cancelleria federale e che non nutra alcun complesso nell’apprestarsi a misurarsi con l’auto “made in Germany”, e al contrario farebbe tutto il possibile per cercare il diretto confronto.
Temibile concorrenza
Sta di fatto che secondo gli analisti non passerà ancora molto tempo e i produttori tedeschi si troveranno in casa un agguerrito concorrente con tutta l’aria di aver già pronta nel cassetto, dopo la sua nuova fabbrica in Cina, una strategia di lungo termine per un’espansione in Europa partendo da una “Gigafactory”proprio in terra tedesca. A giudicare dalla decisione con cui la Volkswagen, dopo il brutto colpo del “dieselgate”, si è dedicata alla produzione delle auto a trazione elettrica, viene spontaneo pensare che il principale vantaggio di questo tipo di auto sarà quello di non comportare un nuovo tipo d’inquinamento ambientale. La prospettiva di una robusta dinamica della mobilità elettrica in un settore industriale così importante è divenuta ormai decisiva per la Germania. Stando così le cose, non può meravigliare se le prossime decisioni di Eduard Musk saranno seguite con grande interesse da tutto il settore industriale tedesco. Il prevedibile insediamento della Tesla nell’aerea attorno a Berlino appare piuttosto comprensibile a chi conosce bene la situazione del Brandeburgo. Tuttavia, nelle varie prese di posizione dei diversi produttori automobilistici tedeschi non si può far a meno di registrare un certo imbarazzo, soprattutto da parte della Daimler. In considerazione della necessità di promuovere una valida strategia di mobilità elettrica non è difficile capire come in futuro sia necessario assicurare una decisa riduzione delle emissioni di CO2 degli attuali motori.
Truffa orchestrata
Quel che resta più difficile, alla Daimler come anche in tutti gli altri costruttori tedeschi e soprattutto alla Volkswagen, resta il fatto di capire di come si sia stato possibile potuto credere che tutto il mondo sarebbe a tal punto stato così ingenuo e sprovveduto da non accorgersi del trucco usato per una decina d’anni nel collaudo di milioni di motori diesel tedeschi. La scoperta per opera degli americani ha inferto un colpo non differente al cuore dell’intera industria automobilistica tedesca, la quale si trova oggi nella necessità di mettere le basi per una sua credibile rigenerazione. In questo senso, a giudizio del noto e stimato esperto automobilistico Ferdinand Dudenhöffer del CAR-Center all’Università di Duisburg-Essen, le dichiarazioni di Musk sulla sua intenzione di costruire una fabbrica Tesla in Germania sarebbero una buona notizia. “Da sempre la concorrenza ha avuto l’effetto di promuovere il miglioramento delle varie imprese concorrenti e anche la decisione di Egon Musk di venire in Germania a produrre le sue auto promuoverà l’impegno dell’intero settore della mobilità elettrica più di tutti i vari vertici che potranno svolgersi nella Cancelleria federale di Berlino”.
Lunga storia
Già nel 2012 la Tesla presentava la sua prima auto elettrica, il Modello S, che allora era equipaggiato con un grande accumulatore in grado di assicurare alla vettura una grande autonomia. Fu seguita nel 2015 dal Modello X, un SUV (Sport Utility Vehicle) e poi nel 2017 dal Modello 3, un auto di media cilindrata. Un vero successo, quest’ultimo, che ancor prima dell’inizio della produzione poteva contare su un pacchetto di prenotazioni di oltre 400mila vetture. In seguito sarà possibile ordinare anche la Tesla in versione “Roadster”. La fabbrica a Fremont in California dove si mette insieme la Tesla ha più di 50 anni. Dal 1962 fu utilizzata per la produzione di diversi modelli della General Motors e dal 1984 al 2010 da un gruppo formato da General Motors e Toyota, che rinunciarono poi alla cooperazione nel 2009 proprio nel momento in cui la Tesla era alla ricerca di un sito per produrre le sue auto elettriche. Fu così che nel maggio del 2010 la fabbrica di Fremont fu acquistata dalla Tesla per 42 milioni di dollari. Ampie parti della fabbrica, che è piuttosto grande, non sono in questo momento utilizzate, ma a giudicare dal ritmo delle prenotazioni lo saranno abbastanza presto permettendo di raggiungere la capacità produttiva di 500mila auto l’anno. Le auto Tesla destinate al mercato europeo sono soltanto parzialmente montate e sono spedite a una fabbrica Tesla che si trova a Tilburg in Olanda, dove avviene il completo montaggio delle vetture pronte per essere consegnate poi ai loro acquirenti europei.
Fusione Fca-Psa
A questo punto non si può far meno di chiedersi se la politica di espansione della Tesla possa accelerare anche l’annunciata realizzazione della fusione tra i due gruppi Fca (Fiat e Chrysler ) e Psa (Citroen, Ds, Opel, Peugeot e Vauxall) di cui abbiamo parlato nell’edizione del “Corriere d’Italia” di novembre. La fusione di Fca-Psa darebbe vita al quarto colosso mondiale dell’auto, dopo quelli di General Motors, Volkswagen e di Renault-Nissan- Mitsubishi. Il nuovo grande gruppo dell’auto avrebbe 400mila dipendenti, una produzione di circa nove milioni di veicoli l’anno e un fatturato attorno ai 20 miliardi di euro. A parte alcune inevitabili differenze dovute alla loro diversa storia, l’unione di Fca e Psa assicurerebbe importanti sinergie nel settore dell’innovazione e degli acquisti. Per quanto riguarda l’immediato prossimo futuro, i due gruppi stanno lavorando al memorandum d’intesa che dovrebbe esser pronto per la fine dell’anno. Nel frattempo Fca e Psa avranno da risolvere, accanto ad alcune obiezioni della General Motors, i problemi dello sforamento dei limiti di emissione del CO2 dei motori, piuttosto alto per alcune auto dei due gruppi. Stando a una società di consulenza del settore auto, potrebbero scattare sanzioni tra 0,5 e 0,7 miliardi di euro per ciascuno dei due gruppi. Non sono importi tra poco, comunque non inferiori a quelli che anche altri gruppi saranno costretti a pagare. Quel che appare importante nell’attuale momento è cercare di capire in quale direzione l’auto si stia muovendo. La Volkswagen ha dato una forte sterzata e ha scelto l’auto elettrica, ma non è detto non pensi anche ad altri tipi di locomozione, come sicuramente sarà anche il caso di Daimler e Bmw. La tradizionale clientela europea, almeno per il momento, non sta dimostrando una particolare accentuata propensione verso l’acquisto di un’auto elettrica, sia perché la considera ancora troppo cara, sia perché teme ritardi nell’estensione della necessaria rete di distribuzione elettrica. Per quanto riguarda l’Italia, non è facile prevedere quali potranno essere le ripercussioni di carattere sindacale, qualora il matrimonio Fca-Psa dovesse divenire realtà e più in là dovessero verificarsi anche sostanziali spostamenti nella domanda del mercato. I cambiamenti del settore dell’auto si faranno, comunque, sentire, in tutti i paesi europei. Per quanto riguarda la Germania, il paese al centro dell’Europa appare ancora lontano dall’aver superato il trauma del diesel. Il semplice uomo della strada fatica a rendersi conto di come sia stato possibile che un gruppo di manager senza scrupoli abbia potuto pensare che l’inganno del diesel fosse così sottile e raffinato che nessuno al mondo se ne sarebbe mai accorto.