Continuiamo la nostra serie in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia a Francoforte sul Meno, con l’intervista al biologo Luigi La Pietra, italiano nato di seconda generazione all’estero e dottorando alla Justus-Liebig-Universität di Gießen
Luigi raccontaci da quando vive la tua famiglia in Germania.
Il primo impatto della mia famiglia con la Germania avvenne tramite mio nonno paterno. Negli anni ‘60 si trasferì per circa 15 anni da Mandatoriccio (CS) in Calabria nella zona di Stoccarda per lavorare come Gastarbeiter. Ovviamente era motivato dalla difficile situazione economica che si viveva in Italia e soprattutto in Calabria. Mio padre invece partì per la Germania nel 1982 trasferendosi però a Francoforte sul Meno e dove ci troviamo ancora oggi.
Quando si trasferì tua madre in Germania?
Mia madre si trasferì in Germania dopo aver sposato mio padre nel 1988. Mio nonno materno, anche lui di Mandatoriccio (CS) e mia nonna, originaria di San Pietro Avellana (IS) nel Molise, emigrarono sempre per lavoro nel 1960 in Francia. Infatti mia madre non raggiunse mio padre in Germania dall’Italia, ma da Nancy dove è nata e dove ha avuta la sua formazione scolastica concludendo con la maturità francese. Poi nel 1989 sono nato io a Francoforte e in seguito i miei due fratelli rispettivamente nel 1994 e nel 2003.
Quindi sei già la seconda generazione della tua famiglia nata all’estero. Ci racconti come era l’approccio a casa con la lingua italiana e come i tuoi genitori hanno conciliato la mentalità tedesca e forse anche quella francese?
I miei genitori mi hanno cresciuto parlandomi dalla nascita in italiano e quindi la reputo come mia madrelingua. Il mio primo contatto con la lingua tedesca è avvenuto all’asilo. Da bambino impari le lingue più veloce e in modo ludico, ciò mi permise di integrarmi rapidamente. Per i miei fratelli è stato più facile, perché conoscendo io già il tedesco potevo trasmettere loro molte cose. Soprattutto mio padre insiste ancora oggi che io e i miei fratelli parliamo italiano e non lo dimentichiamo. Ecco perché da bambino ho partecipato per molti anni anche a lezioni di madrelingua durante la mia formazione scolastica. Oggi sono grato a mio padre per questo, perché conosco le mie radici e ho imparato a parlare correntemente due lingue fin da piccolo. Poi ho avuto anche la fortuna grazie a mia madre e alla famiglia di aver potuto imparare e migliorare il francese, che oggi parlo abbastanza bene. Durante la formazione scolastica imparai anche l’inglese, che uso ancora oggi a lavoro. Sicuramente la storia di emigrazione della mia famiglia ha avuto un impatto sul mio sviluppo personale. Oltre ad aver avuto la fortuna di imparare più lingue ho conosciuto anche diverse culture e mentalità europee. Infatti credo di potermi considerare più italo-europeo che italo-tedesco.
Hai accennato brevemente alla tua formazione scolastica. Ci racconti il tuo percorso fino all’università e soprattutto ci racconti come è nata la tua passione per le materie scientifiche?
Dopo aver terminato la scuola elementare iniziai nel 2000 alla Musterschule di Francoforte sul Meno, terminando il liceo nel 2009 con l’Abitur. Scelsi per l’ultimo biennio delle superiori tra i vari corsi offerti anche la biologia come materia di approfondimento, il cosiddetto “Leistungskurs”. Ebbi così il mio primo contatto con la scienza e mi affascinò fin da subito la complessità della natura. Mi segnarono soprattutto le lezioni sul DNA. La passione per la biologia crebbe nonostante avessi avuto un professore di biologia piuttosto pigro. Infatti ero costretto ad imparare alcuni temi da autodidatta. Oggi posso dire che, seppur molto impegnativa, quella situazione risultò determinante per il mio sviluppo personale e mi aiutò a scoprire e a far crescere la mia passione per la scienza. Questa passione fu infatti confermata dopo una visita col corso di biologia nei laboratori del XLab di Göttingen, un laboratorio sperimentale per studenti. Fui talmente colpito da questa esperienza e dall’ambiente della ricerca che decisi di studiare biologia.
Quindi ti iscrivi al corso universitario di biologia. Ci racconti il tuo percorso accademico?
Dopo la maturità decisi nel 2009 di iscrivermi alla facoltà di biologia scegliendo il corso di laurea triennale offerto alla Technische Universität Darmstadt. Terminai gli studi nel 2012 in corso e tra i primi tre dell’anno concludendo con il Bachelor of Science. Decisi di continuare la mia formazione accademica a Darmstadt e i buoni risultati ottenuti durante i miei studi mi permisero di ricevere per due anni consecutivi il “Deutschlandstipendium”, una borsa di studio pagata dallo stato e dall’industria tedesca. Durante gli studi mi appassionai della microbiologia e decisi di specializzarmi in questa materia. Conclusi nuovamente in corso e come primo dell’anno il Master of Science nel 2014. La microbiologia mi conquistò del tutto e decisi quindi di intraprendere il corso di dottorato di ricerca. Ebbi una proposta lavorativa da dottorando dal mio supervisore della tesi, ma decisi di accettare nuove sfide. E così iniziai nel 2015 alla Justus-Liebig-Universität di Gießen un dottorato di ricerca sui meccanismi infettivi del batterio Listeria monocytogenes, che intendo terminare entro l’anno.
Cosa rende il tuo lavoro unico?
Il bello del mio lavoro è che esplori lo sconosciuto e non vivi mai due giornate identiche. Spesso il successo di un esperimento avviene solo dopo numerosi fallimenti. Ma la gioia dopo tanto lavoro, a volte dopo aver rivisto per 10 volte l’ipotesi postulata, supera sicuramente le delusioni (ride). Amo anche l’ambiente accademico internazionale. Lo scambio con i colleghi di tutto il mondo è particolarmente bello. Le frontiere e le nazionalità non giocano un ruolo e si parla solo una lingua, quella della scienza. Nel 2016 ebbi la possibilità di partecipare a un convegno internazionale sul batterio Listeria a Parigi. Incontrai numerosi ricercatori di fama mondiale nel mio campo, in particolar modo la professoressa Pascale Cossart del rinomato istituto Pasteur di Parigi, una dei primi a fare ricerca in questo campo. Ero affascinato dalla passione che continuava ad avere dopo 40 anni di ricerca, questo mi ha fatto capire che fare il ricercatore non è solo un lavoro, ma passione e vocazione.
Luigi grazie di aver condiviso il tuo percorso con noi. Ho un’ultima domanda: da italiano nato all’estero di seconda generazione, cosa consigli a chi cerca di realizzarsi in Germania?
Indubbiamente è molto importante imparare la lingua quanto prima, che è chiave dell’integrazione in una società straniera come quella tedesca. La Germania ha molto da offrire e permette di sviluppare e inseguire obbiettivi professionali. Personalmente ho notato che molti italiani perdono questa opportunità cercando lavoro tra connazionali. Consiglierei quindi ai giovani di non seguire la via apparentemente più facile, ma di integrarsi il più presto possibile e di non aver paura delle barriere linguistiche iniziali.