La felice idea di istituire il ciclo di incontri, chiamati “Noi e la Storia” l’ha avuta il direttore dell’Ufficio Cultura del Consolato Generale di Francoforte, dr. Michele Santoriello, ma a voler fortemente che il celebre professor Alessandro Barbero, ordinario di storia presso l’Università del Piemonte Orientale venisse a Francoforte a tenere una conferenza, quella è stata un’idea del Console stesso, dr. Maurizio Canfora.
Quindi ecco giunto il giorno dell’equinozio di primavera di quest’anno ed il prof. Barbero è proprio qui a Francoforte e tenere la sua conferenza nella Sala Europa del Consolato Generale di Francoforte avente come argomento la fatidica e quasi leggendaria Caporetto. È un argomento che egli conosce a perfezione, avendogli dedicato quel omonimo librone di circa 650 pagine di cui ben 130 sono note con accurato riferimento alle fonti, e corredato con numerose cartine a colori del teatro di guerra. La sala è colma come un uovo di pubblico assetato di conoscenza e puntuale arriva il prof. Barbero.
Bisogna riconoscere che egli come relatore ha un grande talento naturale, un “Naturtalent” detto alla tedesca. Tutto il suo modo di raccontare la storia, di puntualizzare sui particolari importanti, di porre dei distinguo, di evidenziare delle caratteristiche, fluiscono in un linguaggio molto dinamico e non privo di spontaneità. In questo modo tutti i suoi interventi, anche i più lunghi e complessi, non tediano mai.
Il tema era arduo: pochi avvenimenti della storia italiana sono stati più discussi, giudicati e variamente interpretati come quella proverbiale disfatta iniziata il 24 ottobre 1917. Per fortuna essa è testimoniata da un enorme quantità di documenti conservati non solo da parte italiana. Fino a quella data la cosiddetta „quarta guerra d’indipendenza“, come veniva classificata nei vecchi sussidiari delle scuole elementari, era consistita in una confrontazione a due fra l’Italia e l’Impero Austro-Ungarico, in cui gli italiani erano stati quasi sempre all’attacco e gli austriaci in difesa. E così, in due anni e mezzo di feroci combattimenti, il fronte italiano era avanzato in tutto di una decina di chilometri.
Tanto l’esercito italiano che quello austriaco soffrivano di gravissimi problemi interni, che ne pregiudicavano l’efficienza e ne facevano due avversari di forza comparabile. Però il numero dei disertori, indice del disagio interno, era assai maggiore tra le file austriache che tra quelle italiane. A Vienna ci si sentiva sotto la minaccia d’una dodicesima battaglia dell’Isonzo, e perciò venne chiesto aiuto a qui “parenti antipatici” di Berlino. L’improvvisa entrata in gioco dell’esercito tedesco, il più duro e compatto del mondo, fu il fattore che produsse il brusco rovesciamento della situazione, assestando all’esercito italiano un colpo durissimo che ne causò il crollo.
La disfatta italiana fu preceduta da una grandiosa e accuratissima preparazione di cui lo stato maggiore italiano aveva avuto ben più che un sentore. In realtà i comandanti italiani, ed in particolar modo Cadorna, erano perfettamente informati di quello che stava per rovesciarsi sulle loro teste, ma lo avevano sistematicamente sottovalutato. Un ufficiale italiano che si era lasciato sfuggire con i colleghi che loro non ce l’avrebbero mai fatta a vincere i tedeschi, venne fucilato per disfattismo: in guerra è proibito dire la verità. Dopodiché, a disastro avvenuto, Cadorna tentò di addossarne ufficialmente la colpa alla pretesa vigliaccheria dei poveri fanti. Quarantamila di loro caddero combattendo, circa trecentomila furono fatti prigionieri. Fu la più gigantesca ritirata della storia, come Barbero ha riportato, un fuggi-fuggi caotico di soldati, borghesi, signori e contadini, con tutti i mezzi di trasporto allora disponibili.
Il fronte arretrò di ben 150 km, e fu merito di un casuale avvenimento metereologico (la piena del Piave proprio al momento giusto) se non arretrò ancora più oltre: i tedeschi si aspettavano di raggiungere Venezia e forse anche Milano. Poi, alla fine del 1917 i tedeschi ritirarono i loro soldati (che servivano sugli altri fronti, dove erano intervenuti gli americani) e gli italiani si ritrovarono di nuovo a tu per tu con i soli austriaci.
Incantandoci con la sua oratoria, strappava anche una risata di tanto in tanto nonostante la gravità del tema, il tempo è volato e al termine della conferenza il prof. Barbero ha risposto alle domande del pubblico. Questa serata è riuscita in un intento singolare: ci ha svegliato la passione per la storia con la esse maiuscola!