Da Palladio al palladianesimo
Da Villa Emo di Fanzolo (Treviso), che più e meglio di altre esprime i concetti architettonici del Palladio, basta spostarsi di appena 10 chilometri verso sud-est, al di sotto della Postumia romana, per trovare gli esiti concreti del “palladianesimo”, la moda che dettò legge soprattutto nel ‘700, in particolare nell’architettura di villa, non solo in Italia e non solo in Europa.
In pochi chilometri troviamo sintetizzato il percorso compiuto dalla moda palladiana in duecento anni di storia. Giungiamo infatti a Cavasagra (Treviso), a Villa Corner, annunciata dalla caratteristica cinta muraria di pietre e di sassi, propria delle ville e delle residenze aristocratiche. Era un tempo la villa-fattoria dei nobili veneziani Corner, proprietari di quasi tutti i terreni di Cavasagra e dei paesi contermini.
Ma non dovevano i Corner (ramo Piscopia) del ‘500 riservare una particolare importanza a questa dimora, che davvero scompariva nel confronto con la grande villa fatta costruire su disegno dello stesso Palladio, a Piombino Dese (Padova), ad una decina di chilometri più a sud, da altri Corner (ramo San Cassiano), loro parenti. Quella di Cavasagra si riduceva ad un semplice palazzo a pianta quadrata, maestoso sì, ma alla fine una specie di cubo, che non dava nessun particolare rilievo alla facciata. Forse nemmeno in grado di raccogliere più che tanto i prodotti della terra, gli attrezzi e gli animali, per i quali erano meglio attrezzati i ricoveri adiacenti. Insomma un palazzotto piuttosto anonimo, come altri di fine ‘400 ed inizio ‘500.
Ma, verso la metà del ‘700, i nobili proprietari decidono di dare più struttura, dignità, armonia e funzionalità a tutto il complesso, e, per riprodurre quell’idea di villa che ormai tutti avevano in mente, non potevano che affidarsi ad architetti di scuola palladiana, presenti anche a Castelfranco, attorno al cenacolo dei fratelli Riccati. Sono Francesco Maria Preti ed il suo allievo Miazzi, che, già protagonisti di importanti e decisivi interventi su alcune grandi Ville palladiane, rispettivamente su Villa Pisani di Stra (Venezia) e su villa Spineda a Venegazzù (Treviso), concepiscono un ardito progetto per Villa Corner di Cavasagra: inserire al centro dell’edificio un corpo comprendente la gradinata di accesso, la loggia, il frontespizio triangolare a quattro colonne, nel più puro stile palladiano, provocando di conseguenza un allungamento simmetrico delle ali e provvedendo il tutto di due barchesse laterali allineate al corpo centrale. Le tracce manifeste dell’intervento sono ancora evidenti nelle due linee verticali che, simmetricamente alla loggia, segnano la facciata della Villa.
Un intervento radicale, molto impegnativo, ma che trasformò l’edificio da un semplice ed anonimo palazzo ad una vera e propria villa palladiana.
Una nuova storia per Villa Corner
Da allora inizia la vera storia della Villa, che acquista nel nuovo progetto una sua più chiara identità, conferisce un ben diverso valore alla residenza del signore, così indotto a risiedervi più spesso, crea una nuova funzionalità per l’azienda agricola con le barchesse laterali, fa assumere a tutto il complesso un’immagine capace di sfidare il tempo fino ai nostri giorni.
Fu grazie a quella felice trasformazione, verso la metà dell’800, che il nobile Matteo Persico, al quale era passata la proprietà della Villa per via ereditaria (matrimoni prima di Marina Corner con Alvise Renier e poi di Maria Renier con Faustino Persico), decise di destinare alla Villa importanti investimenti. Affidò al pittore Angelo Sala di Milano il compito di abbellire e decorare con affreschi il salone e le stanze attigue ed allo scultore Giuseppe Ripamonti quello di arredare le stanze con mobili intagliati ed artistiche decorazioni, perché la maestosità della Villa richiedeva ambienti interni più eleganti ed accoglienti.
Provvide inoltre a rendere ancora più grandiose le adiacenze, poste sulle ali, dotando quella di sinistra di una sontuosa scuderia.
Fu ancora quella felice impostazione settecentesca , con la nuova funzionalità resa all’azienda agricola, che indusse nel 1903 un autentico imprenditore agricolo come il sig. Antonio Frova, di famiglia lombarda, non solo ad acquistare l’azienda agricola con i suoi 768 campi trevigiani, per attuare le sue riforme nella conduzione dei terreni e delle stalle, ma anche a scegliere la Villa come una delle sue dimore predilette. Purtroppo quelle riforme, poco rispettose delle esigenze e delle necessità dei contadini, portarono alla rivolta della notte di S. Andrea del 1907, quando una folla di affittuari esasperati e sobillati da astuti mestatori, diede l’assalto alla Villa e incendiò la barchessa di sinistra, dove, oltre alla scuderia, erano ricoverati fieno, paglia ed altri prodotti agricoli. Ma nemmeno un episodio così grave pregiudicò il ritorno alla pace sociale tra proprietari e popolazione. Prevalse su tutto l’amore per la Villa e per il progetto già avviato, al punto che i sigg. Frova divennero addirittura benefattori di Cavasagra.
Furono ancora la posizione e la struttura del compendio che, ai tempi della Grande Guerra, fecero scegliere la Villa come sede del Comando avanzato dell’VIII Armata, da cui partirono gli ordini decisivi per la Battaglia del Montello (Generale Giuseppe Pennella) e per l’ultima battaglia finale di Vittorio Veneto (Generale Enrico Caviglia). Ne sono tuttora testimoni i due cannoni austriaci, lasciati in ricordo dal Gen. Caviglia ai lati della Villa, e la lapide marmorea posta nell’atrio, che con discrezione ricorda quegli eventi.
Con discrezione, perché Villa Corner non può appartenere ad un’epoca ben definita, non può essere legata ad un episodio storico, per quanto importante, ma per sua natura varca le soglie del tempo per consegnarsi quasi intatta ai nostri giorni, capace di assistere quasi imperturbabile anche all’ulteriore passaggio di destinazione d’uso, che le ha consentito di diventare un moderno hotel, l’Hotel Relais Villa Corner della Regina (quattro stelle), senza nulla perdere della sua maestosa ed elegante immagine di villa palladiana. Il merito indiscusso va agli attuali proprietari, coniugi Johnny De Giacinto – Simonetta Gazzola, artefici di questa felicissima trasformazione, che consente ad un pubblico scelto di clienti nazionali ed internazionali di godere in ogni stagione dei piccoli tesori che la Villa ha saputo conservare nei secoli.
Basta varcare la soglia del grande cancello di entrata, avviarsi per i brevi viottoli del parco, farsi cogliere dalla suggestione di quegli improvvisi silenzi, rassicurati dall’armonia delle linee architettoniche e dal profilo dei monti in lontananza, per avvertire di essere quasi sospesi nel tempo e per abbandonarsi a momenti di serenità, tentati quasi di ripetere con Goethe: “Fermati attimo, sei così bello!”.