Ad oggi, le emozioni sono probabilmente il più studiato dei costrutti psicologici: sono generalmente concepite come una reazione emotiva automatica ed involontaria, che si trova al polo opposto della razionalità. Uno degli aspetti che ancora non è stato esplorato a fondo è il ruolo che ha la nostra società su quello che noi proviamo e su come lo esprimiamo. Studi recenti nell’ambito della psicologia sociale hanno evidenziato l’importanza delle opinioni degli altri nella produzione delle nostre esperienze emotive: le persone sono molto sensibili a come gli altri si aspettano che reagiscano emotivamente agli eventi (Manstead & Fischer, 2001).
Un recente articolo di Bastian e colleghi del 2012, ha indagato il ruolo delle aspettative sociali sull’esperienza emotiva. In particolare come la desiderabilità sociale di certe emozioni rispetto ad altre influenzi l’esperienza emotiva della persona e più in generale il suo benessere psicologico.
Dai risultati emerge che più forte è la percezione dell’aspettativa sociale di non provare emozioni negative, più frequenti e intense sono le emozioni negative provate.
In altre parole, gli autori sostengono che più è forte il fatto che una persona senta di non dover provare certi sentimenti, più si sente affranta quando li prova, e questo promuove lo stato di disagio emotivo e di auto-svalutazione della persona. Questo studio assume particolare rilevanza ed attualità in un clima sociale come quello odierno, dove la necessità di apparire felici e funzionanti sembra essere di primaria importanza.
Rispetto a questo, un interessante aspetto preso in considerazione dagli autori, è un confronto tra la cultura individualistica tipica dei Paesi d’Occidente, e quella collettivistica dei Paesi d’Oriente; dai risultati emerge che le aspettative sociali hanno una maggiore influenza nella popolazione occidentale, e questo potrebbe essere spiegato dal fatto che nelle culture orientali, l’accettazione e l’equilibrio emotivo sono valutate come più importanti rispetto al perseguimento della felicità. Le persone dell’Est Asiatico si dimostrano infatti piuttosto esitanti nell’esplicitare e riflettere sulle emozioni positive e riportano punteggi inferiori ai questionari sul benessere psicologico e sulla felicità, rispetto agli Occidentali (Diener, Suh, Smith & Shao, 1995).
Al contrario, le emozioni negative come tristezza e ansia sono meno stigmatizzate e medicalizzate, con la conseguenza che ci sono meno aspettative sociali verso le emozioni negative. Per quanto riguardo la nostra cultura, si potrebbe sostenere che le aspettative sociali stabiliscono degli “standard” di riferimento di come dovremmo sentirci.
Uno degli aspetti più insidiosi di questo è il fatto che tali aspettative fissano degli obiettivi emozionali che sono allo stesso tempo difficili da raggiungere e difficili da abbandonare. I media forniscono un esempio di come venga esercitata una forte pressione sociale verso un modello di perfezione che è allo stesso tempo utopico e necessario. Quando non riusciamo a soddisfare queste aspettative, ci sentiamo dei falliti, e questo può condurci a fare delle attribuzioni negative su noi stessi (ad esempio, in termini di colpevolezza per una certa situazione). Tale riflessione negativa su noi stessi come risposta ad esperienze emotive negative aggrava ulteriormente queste emozioni (Moberly & Watkins, 2008; Nolen-Hoeksema, 2000).
Sebbene questo articolo fornisca un primo tentativo di verifica sperimentale della relazione esistente tra aspettative sociali ed emozioni in diverse culture, non prende in considerazione come le aspettative sociali possano variare a seconda del livello sociale di analisi (vedi modello ecologico di Bronfenbrenner (1987), che prevede Microsistema, Mesosistema, Esosistema e Macrosistema): un’ipotesi potrebbe essere che tali livelli esercitino una differente influenza nella interiorizzazione delle aspettative sociali.
Possiamo comunque concludere dicendo che nessuno è immune dalle aspettative sociali in quanto siamo cittadini che vivono all’interno di una comunità. Norme sociali non scritte regolano buona parte delle nostre interazioni con gli altri. Questo articolo propone un buon punto di riflessione per domandarci quanto le norme sociali interiorizzate modellino le emozioni che dovremmo provare e quelle che dovremmo esprimere. Non esistono emozioni di tipo A o B, emozioni buone o cattive, ma tutte hanno la stessa importanza per la sopravvivenza reale e sociale dell’essere umano.
Un po’ come provocazione ed un po’ come sfida verso noi stessi, proviamo invece a riflettere sui benefici che hanno portato (o che potrebbero portare) nella nostra vita le emozioni negative: pensiamo al loro potenziale creativo (Wilson, 2008), alla loro importanza nelle relazioni interpersonali (McNuilty, 2010) e al ruolo fondamentale che svolgono nella realizzazione di una vita ricca ed appagante (Hayes, Strosahl, & Wilson, 1999).