Irlanda del Nord, la guerra tra cattolici e protestanti
La Brexit non porterà nessun nuovo conflitto nell’Irlanda del Nord, ma le ferite della guerra civile non sono ancora rimarginate. Il paese negli ultimi anni è completamente cambiato, soprattutto grazie ai giovani. Le nuove generazioni si sviluppano al di fuori del settarismo politico-religioso, la stessa Belfast oggi è una città multiculturale e multietnica, l’università Queen di Belfast oggi attrae studenti da tutto il mondo, tutte cose impensabili fino a qualche anno fa. Il processo di pace dell’Irlanda del Nord, iniziato poco più di 20 anni fa con la firma dell’Accordo del Venerdì Santo – Good Friday Agreement, 10 Aprile del 1998 – può oggi ritenersi concluso. L’accordo ha messo fine ad una guerra civile che durava da circa 30 anni, una guerra istituzionale e interreligiosa, monarchia contro repubblica, chiesa cattolica contro chiesa anglicana, cattolici contro protestanti, lo sdoppiamento delle “due” fazioni con la parte politica ufficiale e di facciata e il braccio armato operativo e clandestino, l’avvento del terrorismo o lotta armata di libertà come le due facce della stessa medaglia, internazionalità, Repubblica Irlandese, Gran Bretagna e coinvolgimento di USA e Libia. Quest’ultima a partire dal 1973 fino a metà degli anni ‘80 diventerà la maggiore fonte di approvvigionamento di armi della P.I.R.A. (Provisional Irish Republican Army, il braccio armato cattolico-repubblicano nord irlandese).
La pace in questo paese ha avuto un prezzo altissimo, in termini di vittime e di feriti, circa 3600 e 40.000 rispettivamente. L’impatto emotivo di questo conflitto sulla generazione di “domani“ sarà forse irrilevante, forse si riuscirà appena a parlarne, la generazione di “oggi“ invece avrà ascoltato soltanto dei racconti, la generazione di “ieri“ ricorderà di aver vissuto gli ultimi scampoli di questa guerra, ma è soltanto la “vecchia“ generazione che continuerà a soffrire. Per quest’ultima generazione spesso non c’è stata ne giustizia ne verità. Il tempo in genere rimargina le ferite, ma trascorre lento quando esso è “amaro“.
Sono passati esattamente 20 anni da quella immensa tragedia, 12 Luglio 1998, e il tempo è ancora amaro, e i tre fratellini Quinn non hanno avuto giustizia. La verità invece è terribile e si conosce. Ballymoney è una piccola cittadina a circa 80 km a nord di Belfast, nella contea di Atrim. Da Belfast si raggiunge facilmente dopo circa un’ora e mezzo di treno. Chrissie Quinn e David Joyce mi aspettano già alla stazione, ci salutiamo e mi invitano a bere un caffè a casa loro.
Chrissie Quinn non ha mai voluto incontrare giornalisti, ma sono riuscito a convincerla a far conoscere la sua storia, la sua tragedia, al di fuori dell’Irland del Nord.
“Ballymoney è sempre stata una cittadina a maggioranza protestante. È l’anno 1998, nell’Irlanda del Nord è stato firmato da pochi mesi l‘accordo di pace tra le due fazioni, tuttavia la situazione nel paese continua a rimanere abbastanza tesa. Mia madre ed io con i miei figli abitavamo in due piccole case su due piani in un quartiere qui un po’ fuori città, Carnany Park. Mia madre abitava in una casa dietro di me, un po’ in diagonale rispetto alla mia. Il quartiere era già allora una mix-area, dove vivevano tranquillamente protestanti e cattolici. Circa 300 famiglie in tutto, di cui soltanto una dozzina cattoliche. Io sono cattolica, i miei quattro figli frequentavano una scuola protestante, mio marito era protestante. All’inizio di giugno le famiglie cattoliche del quartiere iniziano a ricevere nella posta messaggi minacciosi, bossoli di arma da fuoco e intimidazioni a lasciare il quartiere. Io sapevo di essere “indesiderata“ a Carnany Park, tuttavia non avevo ricevuto nessuna minaccia diretta. Noto però che c’è qualcuno che con un auto mi osserva, passando poi abbastanza spesso davanti la nostra casa. Il 9 di luglio mia madre per paura lascia il quartiere. Io e i miei figli rimaniamo. È la sera del 11 luglio, a casa ci sono anche due amici che decidono di rimanere a dormire. Verso le 4 di mattina del 12 luglio un rumore mi sveglia. Mi alzo e mi accorgo che la casa brucia, corro verso la stanza dei ragazzi, ma Richard (12), Mark (10) e Jason (9) non sono nei loro letti, faccio appena in tempo a saltare dalla finestra del piano superiore. Richard, Mark e Jason sono lì dentro intrappolati nell’inferno di fuoco. Sento le loro grida, grida di paura, eppoi vedo la faccia di Richard schiacciata alla finestra del piano superiore. Le scene dopo sono ancora più raccapriccianti, non si possono nemmeno raccontare o descrivere“.
I due amici si sono salvati, come anche Lee il più grande dei fratelli Quinn, poiché trascorre i fine settimana dalla nonna. Qualcuno nella notte, ha rotto la finestra del salottino al pian terreno ed ha gettato dentro una bomba molotov. Nello stesso giorno si scopre che il 10 di luglio anche la casa della madre era stata attaccata con una bomba incendiaria, ma fortunatamente senza causare grandi danni visto che era stata svuotata di tutto. Il nuovo inquilino ricevendo le chiavi l’11 di luglio aveva denunciato l’accaduto.
Grazie alla testimonianza di una vicina di casa, essa protestante, il proprietario di una macchina sospetta, Garfield Gilmour, viene prima identificato, interrogato eppoi arrestato. Nell’interrogatorio ammetterà la sua partecipazione all’attentato, confesserà il nome dei suoi tre complici, e relativi ruoli nell’attentato e l’appartenenza dei tre complici all’organizzazione paramilitare protestante UVF (Ulster Volunteer Force). Chrissie prende una matita e scrive sul mio taccuino il ruolo di ognuno degli attentatori. Gilmour Garfield guida la macchina, Ivan Parke rimane nella macchina, a controllare che il Gilmour non scappi via, Raymond Parke aveva il compito di rompere la finestra al pian terreno e Johnny McKay colui che getta la bomba incendiaria nella casa.
Nel 1999 soltanto il Gilmour verrà condannato a 3 ergastoli, ridotti poi in appello a 7 anni, alla fine sconterà solo 3 anni di carcere. Gli altri complici e assassini, malgrado la confessione del Gilmour, per mancanza di prove non sconteranno un solo giorno di galera. Chrissie ha sofferto moltissimo, e soffre ancora oggi, non esce quasi mai di casa, ma l’ho vista sorridere ed era bello.
Nel salutarmi mi confessa…“Dopo la mia tragedia sono fuggita via da Ballymoore, sono scappata per 18 anni da questa città, ma da due anni sono ritornata, qui dovevo chiudere il cerchio della mia vita“. Nel 2000, la città ha deciso di demolire la casa di Chrissie ed al suo posto è stato costruito un parco giochi per bambini in memoria dei fratelli Quinn. “Dove non c’è la giustizia non c’è la pace…“ affermò qualcuno. Giustizia non c’è stata, pace vedremo.