La decisione di Salvini di non permettere l’accesso alle navi di immigrati ha suscitato reazioni diverse. Necessario un accordo tra gli Stati europei
Comprensibile, soprattutto dopo le dichiarazioni nella campagna elettorale, l’intenzione del Ministro degli Interni di non fare più approdare nei porti nazionali le imbarcazioni cariche di emigranti, molti dei quali senza documenti o con documenti falsi. Sono migliaia gli Africani, e non solo, che cercano da noi o in Europa una vita migliore. Il che fa dire a Salvini: “La pacchia è finita”.
Decisione espressa a Il Giornale, dove ha anche affermato che le “Marina militare e Guardia costiera continueranno a salvare vite come hanno fatto meritoriamente fino ad oggi, ma poi ragionerò con i ministri Toninelli e Trenta, che ne hanno competenza e con i quali sto lavorando benissimo, sul fatto che è giusto salvare vite, però non sta scritto sulla Bibbia che dobbiamo essere gli unici a girare per tutto il Mediterraneo”. Si dichiara orgoglioso di ciò che fa la Marina e la Guardia costiera, ma aggiunge che “anche noi dovremo essere più attenti e vicini al nostro territorio, per cui chiederò ai colleghi di tenere i nostri uomini e le nostre navi più vicini alle nostre coste”.
Sapendo che le imbarcazioni con emigranti provengono prevalentemente dalla Libia, fa sapere che intende andarvi quanto prima “per confermare l’amicizia tra i due Paesi e una collaborazione economica per investire in strade, infrastrutture, ospedali e altro, ma anche per ribadire il ruolo di Marina e Guardia costiera libiche, perché noi non andiamo come i Francesi a dare lezioni o a colonizzare, ma a dare il nostro supporto”. A questa decisione si aggiunge quella “di mettersi d’accordo con i Ministri degli Esteri di Tunisia ed Egitto”. Il Ministro è convinto di essere “solo all’inizio … ma son contento di aver dato un segnale di orgoglio e dignità a nome del popolo italiano”. E a chi gli domanda perché i predecessori non abbiano chiuso i porti, come ha fatto lui, risponde: “Perché c’è … la sinistra radical chic per cui l’Italia deve diventare un campo profughi”. Riconosce al suo predecessore, Minniti, di aver ridotto gli sbarchi, ma afferma che le Ong (Organizzazioni Non Governative) “non sono generosi, Cristiani che salvano il prossimo, ma nascondono precisi interessi economici. Ecco perché continueremo a non far entrare le navi Ong e a dirottarle in altri Paesi”.
Il che è possibile in quanto gli aerei dell’Aeronautica volano sopra il Mediterraneo e forniscono informazioni che permettono anche, secondo Salvini, di agire “sulle regole, sui finanziamenti, sul rispetto delle normative. Ci stanno lavorando anche altri, ci sono indagini in corso da tempo. Vanno fermati il prima possibile”. Perché, continua il Ministro, è “giusto salvare vite, ma non soltanto noi”. Motivo per cui fa attraccare a Valencia, in Spagna, la nave Aquarius, che trasporta 629 immigrati. Uno dei quali dice:” “l’Italia non ci ha voluto. Dio sì”.
Ad attenderli c’erano, dalla sera precedente, 2.500 persone, registrate da telecamere di 400 tv e 600 giornalisti, con cartelli su alcuni dei quali c’era la scritta “l’Italia ingenerosa non vi ha accolto, noi vi abbracciamo tutti”, che davano loro il benvenuto in molte lingue, tranne quella dei “cattivi”, di noi Italiani senza cuore che non li abbiamo voluti fare approdare nei nostri porti. Cittadini spagnoli i quali forse non sanno che i minorenni saranno trasferiti a Malaga, le donne in gravidanza in altre città e che anche le leggi spagnole, simili alle nostre, prevedono il rimpatrio di chi, secondo la locale Croce Rossa, risultasse affetto da malattie contagiose. Il che normalmente comporta il rinvio nel Paese d’origine di molti.
Ritorni in patria che il Premier socialista Pedro Sánchez prevede per chi non ha “le carte in regola”. Motivo che lo ha spinto, per fare i necessari controlli, a far intervenire a Valencia medici, psicologi, interpreti, poliziotti ed operatori sociali, anche perché il 70% dei Valenziani e degli Spagnoli non vogliono immigrati illegali. In effetti, dal 2006 la Spagna li respinge, tanto da far registrare, nel 2009, il rinvio ai Paesi di origine di migliaia di emigrati.
Certo, secondo il diritto internazionale, è un obbligo salvare la vita a chi rischia di morire, prestare soccorso ai naufraghi, condurli nei luoghi sicuri, indicati dalla SAR, dove non sono sottoposti a torture e possono chiedere assistenza internazionale. Però ogni Stato ha pure il diritto di bloccare i porti nazionali, se l’eccesso d’immigrazione può provocare modifiche fisiche, politiche e religiose della popolazione.
L’’Italia nel 2017 ha soccorso 60 mila naufraghi, salvando così anche l’onore dell’Europa. Ma ora ha urgente bisogno dell’aiuto degli altri Stati, perché l’immigrazione non è una questione solo nazionale. Che fa rischiare in casa propria il collasso.