Dopo una sosta di 171 giorni, la Bundesrepublik ha un nuovo governo con Angela Merkel al suo quarto mandato. CDU-CSU e SPD hanno firmato il “Koalitionsvertrag“, l’accordo della nuova „Große Koalition”, con un governo formato da quattordici ministri. Sei donne e nove uomini. Non mancano volti nuovi come Franziska Giffey della SPD catapultata alla guida del dicastero per la Famiglia dalla politica comunale di un quartiere berlinese. Un governo giovane, con un’età media di circa 50 anni. La CDU, oltre alla Cancelliera, occupa 6 ministeri, di cui solo due affidati a veterani come Peter Altmeier e Ursula von der Leyen. La CSU ha mandato a Berlino tre ministri, tra cui lo stesso segretario del partito Horst Seehofer, che ora è ministro dell’Interno accompagnato da Gerd Müller al dicastero per lo Sviluppo e Andreas Scheuer al Traffico. Alla SPD quattro ministeri, tra cui Olaf Scholz alle Finanze e Heiko Maas agli Esteri. Questo è il gabinetto Merkel al completo: Heiko Maas (SPD), Außenministerium; Katarina Barley (SPD), Justizministerium; Olaf Scholz (SPD), Finanzministerium; Franziska Giffey (SPD), Familienministerium; Svenja Schulze (SPD), Umweltministerium; Hubertus Heil (SPD), Arbeitsministerium; Helge Braun (CDU), Kanzleramt; Peter Altmaier (CDU), Wirtschaftsministerium; Ursula von der Leyen (CDU), Verteidigungsministerium; Julia Klöckner (CDU), Landwirtschaftsministerium; Jens Spahn (CDU), Gesundheitsministerium; Anja Karliczek (CDU), Bildungsministerium; Horst Seehofer (CSU), Innenministerium; Andreas Scheuer (CSU), Verkehrsministerium; Gerd Müller (CSU), Entwicklungsministerium. Poi si aggiungono i cosiddetti „Staatsminster“, ministri senza portafoglio, Dorothee Bär (CSU); Michelle Müntefering (SPD); Michael Roth (SPD); Monika Grütters (CDU).
Sei mesi col pilota automatico per formare il nuovo governo.
In questi sei mesi per formare il Governo, la Bundesrepublik è andata avanti senza scossoni. Una specie di pilota automatico che mette davanti agli occhi del mondo come questo Paese sia solido, fermamente saldato sui piloni che lo reggono: un’amministrazione funzionante, un’economia d’acciaio, una disoccupazione ai minimi storici, un bilancio dello Stato senza deficit, un PIL in continua crescita. La Borsa di Francoforte non ha mostrato segni di nervosismo, i mercati internazionali completamente rilassati e all’unione Europea un diffuso sentimento d’impazienza soltanto perché, e l’ha fatto capire senza mezzi termini la Francia di Emmanuel Macron, in assenza della Germania nulla d’importante può essere deciso.
“Erst das fressen, dann die Moral”. Prima lo stomaco pieno e poi la morale.
Al momento in cui, per dirla cinicamente con le parole di Berthold Brecht, lo stomaco dei tedeschi è pieno, la politica ha la facoltà di occuparsi di ciò che possiamo mettere nella categoria della morale, che riguarda cioè la scelta tra il giusto e l’ingiusto, tra il bene e il male. La discussione politica tedesca si è quindi molto concentrata sulla gestione dei profughi, sulle modalità di ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo politico, sulla possibilità di considerare l’Islam come parte integrante della società tedesca. La SPD non ha avuto il coraggio di affermare i propri tradizionali principi di solidarietà verso i perseguitati e si è in pratica cancellata dopo aver fatto troppi compromessi, annacquando così la propria “morale” fino a farla scomparire. Sembra che la CDU di Angela Merkel non voglia commettere lo stesso errore. Angela Merkel ha patteggiato, affermando quel principio morale di “Christlich” che ne descrive la matrice e che impone solidarietà incondizionata verso i più deboli.
La CSU sembra invece imbrigliata in una sorta di Realpolitik che tiene conto delle esigenze degli elettori e agisce per non lasciare la Germania proprio in mano ai radicali della AFD col rischio che possa assorbire tutti gli scontenti e che possa calpestare irrimediabilmente i principi di solidarietà una volta giunta al potere.
Angela Merkel nel suo discorso d’insediamento del nuovo Governo: “L’Islam è diventato nel frattempo una parte della Germania”.
„Es steht völlig außer Frage, dass die historische Prägung unseres Landes christlich und jüdisch ist. Doch so richtig das ist, so richtig ist es auch, dass mit den 4,5 Million bei uns lebenden Muslimen ihre Religion, der Islam, inzwischen ein Teil Deutschlands geworden ist.“ Strana presa di posizione che fa torcere il naso a storici, sociologi e antropologi. L’impronta storica della Germania non è né ebraica né cristiana. La società moderna tedesca è figlia della “Aufklärung”, dell’Illuminismo europeo con il quale la religione resta fuori dall’ordinamento statale. In quanto al fatto matematico (la citazione del numero di musulmani), nulla di nuovo.
Un conticino scontato, una constatazione ovvia, tanto ovvia da sfiorare il banale. Ma perché toccare il tema dell’esistenza di una diffusissima pratica religiosa nel proprio Paese, in una dichiarazione di Governo? Perché, in buona sostanza, non si parla di religione ma piuttosto di “Weltanschauung” e qui il discorso cambia. La libertà di religione è, infatti, sancita dalla costituzione tedesca dov’è stabilito che nessuno può essere discriminato per il suo sesso, religione e colore della pelle.
Il pugno nello stomaco dei conservatori (soprattutto nelle costole di Seehofer CSU) è arrivato al momento in cui la Cancelliera ha parlato di “parte della Germania” come se ne avesse tagliata una fetta e l’avesse regalata all’Islam. È inevitabile l’impressione che la Cancelliera, e questo è tipico par il suo modo tattico di fare politica, abbia voluto invece tagliare per se una fetta d’immagine aperta e liberale, togliendo terreno da sotto i piedi ai liberali della FDP, ai Verdi, ai Linke e, una volta e per tutte, allo storico avversario SPD.
L’Islam è pertanto veramente sul treno Germania, ma deve pagare il biglietto come tutti gli altri.
La Cancelliera avrebbe fatto bene a evidenziare che il senso di appartenenza a una società occidentale non è, e non può essere, solo un fatto numerico. Non è la cifra di quattro milioni e mezzo di aderenti all’Islam a legittimarne il ruolo di parte integrante di una società che si definisce figlia dell’illuminismo, della democrazia e della tolleranza. L’Islam è parte della Germania quando, alla stregua degli ebrei, dei cristiani, dei buddisti, e chi più ne ha più ne metta, avrà sottomesso i propri principi a quelli sanciti dalla costituzione in cui, in parole povere, è descritto che la libertà di religione finisce lì dove tenta di limitare quella degli altri. L’Islam è legittima parte della società tedesca, quando rinuncia a sostituirsi al codice civile e al codice penale. Questo è il prezzo del biglietto del treno Germania e che lo paghino tutti, senza rischiare di scendere alla prossima stazione.