Mano sul cuore. Ci avete capito qualcosa sulla nuova legge elettorale? Quando per comprendere un sistema elettorale, c’è bisogno del vocabolario e occorre leggere tre volte il foglio delle istruzioni, come quello di un aggeggio elettronico, ne soffre l’esercizio della partecipazione democratica. La Democrazia, quella con la “D” maiuscola già per se non è cosa semplice. La fai troppo complicata? Allora rischia di diventare uno strumento per pochi addetti ai lavori. La fai troppo semplice? Allora rischia di diventare un’accozzaglia senza regole. È però evidente che abbiamo osservato, nel dibattito politico italiano sul percorso della riforma del sistema elettorale, a un’ennesima mischia che avrebbe dovuto evitare proprio la rissa senza regole ed esclusioni di colpi. Un paradosso. Il paradosso quotidiano della vita politica italiana. La riforma? Una figlia con tanti nomi. L’hanno chiamata Rosatellum, Fianum, Verdinellum, Tedeschellum, Provincellum, Mattarellum rovesciato e chi più ne ha più ne metta. Abbiamo visto parlamentari imbavagliati, parlamentari agitati, parlamentari che si sono dichiarati contrari pur votando a favore e parlamentari esausti che hanno gettato la spugna con gran dignità. Bella sceneggiata. Grazie per lo spettacolo. Non abbiamo capito bene il finale ma grazie lo stesso. Grazie anche perché in questo pezzo teatrale un poco pirandelliano dal titolo “Seicentotrenta deputati in cerca di una legge elettorale” avete riservato una particina anche per noi. Noi? Noi, gli italiani all’estero. Quelli cioè che “non dovrebbero proprio votare perché non pagano le tasse, quelli che si vendono le schede elettorali a cinque Euro cadauna, quelli che non hanno capito l’essenza sublime del “Rosatellum”, scambiandolo per aceto balsamico”.
La parte nostra su questo involontario palcoscenico è la nuova regola che stabilisce la possibilità di candidarsi su una circoscrizione estera pur essendo residente in Italia.
Ma procediamo per ordine, anticipando però che la procedura elettorale che ci riguarda all’estero ha un angelo custode. Si chiama Mirko Tremaglia. Fu Senatore e volle, con tutta la sua forza, il voto per gli italiani all’estero. Il fatto che questo Signore-angelo custode, pace all’anima sua, sia stato in gioventù fascista convinto e volontario della Repubblica di Salò è stato perdonato e poi dimenticato anche dai comunisti marxisti, leninisti e maoisti.
Diamo quindi uno sguardo al passato di questo voto d’oltralpe e d’oltreoceano. Gli italiani votano dall’estero dal 2003 (due Referendum in un anno) e i propri (attenzione: “ propri”, quindi gente della “propria” gente) rappresentanti alla Camera e al Senato dal 2006. E qui cominciavano subito i primi problemini. Tra la propria gente, alla prima tornata elettorale, venne a galla subito il primo furbacchione che taroccò la residenza all’estero A.I.R.E. per candidarsi. Poi altra gente della “propria gente” un poco particolare. Un eletto all’estero va a finire alla televisione per la frase detta in confidenza al Senato “Amico, senti a me, pensa ai fatti tuoi” (usò però l’altra parola più comune). Poi un altro tizio, già eletto all’estero, che a tuttora è in galera negli Stati Uniti per traffico internazionale di armi. Poi un altro ancora che da settimane è in televisione per strani inviti a cena a segretarie non retribuite, per il sospetto di raccogliere voti nei sacchi dell’immondizia e per l’atteggiamento minaccioso verso i giornalisti che lo intervistano.
Vediamo ora le varie tipologie degli eletti all’estero in questi anni, oltre gli strambi, i veri e i presunti delinquenti. Eletto all’estero di tipo A: Gli scomparsi. Sono stati eletti all’estero e poi arrivederci a tutti. Non li vedi più, non li senti più. Tipo B: Gli indignati. Quelli del tipo “non si finisce mai di imparare” come se questo senatore fosse veramente convinto di aver già imparato tutto dalla vita. Tipo C: I visionari. Quelli dei grandi argomenti del tipo “non mi fate parlare dei servizi consolari poiché devo combattere la criminalità organizzata”. Tipo D: I radicati. “Non ci dimentichiamo da dove veniamo e poiché abbiamo ricevuto i voti grazie ai patronati, li premiamo con i servizi consolari”. Tipo E: tutti gli altri. Tutti gli altri che quotidianamente cercano di tenere alta l’attenzione dei loro partiti sui bisogni di circa sei milioni d’italiani all’estero e che combattono tutti i giorni tra la morale del loro mandato e l’ordine di scuderia che li obbliga a votare Sì o a votare No a seconda delle occasioni.
Allora? Allora è evidente che la residenza all’estero non è garanzia dell’onestà e dell’intelligenza di eventuali candidati. Certamente nemmeno la residenza in Italia è garanzia di correttezza dei candidati. Non si contano più gli eletti, residenti in Italia e votati dagli italiani residenti in Italia, finiti sotto inchiesta o addirittura in galera.
Ingoiamo pertanto il rospo e cerchiamo di digerirlo presto. La bella favola, che ci raccontava come i rappresentanti degli emigranti al Parlamento di Roma provenivano dalla stessa emigrazione, è finita. Era una bella favola. Ci abbiamo creduto. Il rospo ci resta sullo stomaco.
Forse ci aiuta un bel digestivo per mandarlo giù. Un digestivo fatto di competenza e di sincera passione nei confronti di chi vive all’estero a ogni titolo, dal pizzaiolo al funzionario della Banca Centrale Europea. Un candidato che vive in Italia e si presenta per la circoscrizione estera dovrà dimostrare, appunto, queste due cose: competenza e passione, cuore e cervello. Non sarà più necessario contare sull’amicizia di tanti lavoratori emigrati per raccoglierne il consenso elettorale. Forse ci vorrà di più e a noi può far solo piacere.
E torniamo così alla buonanima di Tremaglia. È stato lui a volere e a combattere una vita per l’esercizio del voto italiano all’estero. Eppure non è stato mai emigrato. Non ha mai vissuto all’estero né per necessità né per piacere. Ciononostante ha dimostrato cuore e cervello verso gli italiani all’estero. Prendete esempio da lui se, voi futuri candidati residenti a Milano, Napoli o Palermo, volete essere veramente eletti da noi che viviamo in America, in Australia o a Francoforte.