Chi tiene nella debita considerazione le statistiche diffuse da alcune associazioni ambientalistiche sulle decine di migliaia di morti premature causate dal dieselgate in Europa non può nascondere perplessità e indignazione di fronte alla piena assoluzione che la cancelliera Angela Merkel, inaugurando la IAA fiera dell’auto di Francoforte, si è affrettata a impartire ai manager di “VW & Co”, gli inventori del software truccato che simulava falsi valori d’inquinamento dei motore diesel Volkswagen. Secondo la Merkel, i manager di Wolfsburg tutto sommato non avrebbero fatto altro che servirsi “in modo eccessivo” di alcune carenze giuridiche della legislazione di Bruxelles. In sostanza, così afferma la Merkel, le imprese automobilistiche tedesche non avrebbero violato il diritto e le leggi tedesche ed europee ma si sarebbero semplicemente limitate a escogitare scaltre e ambigue formulazioni, moralmente ed eticamente discutibili fin che si vuole ma in nessun modo perseguibili sulla base di un codice fiscale o penale.
Ciò premesso, possiamo tranquillamente azzardare la previsione su quella che con tutta probabilità sarà in Europa, al contrario di quanto avvenuto negli USA, la conclusione giuridica della vicenda “dieselgate” che secondo molti esperti giuridici ha la stoffa per passare alla storia come “la più grave truffa che l’industria dell’auto abbia mai ideato e attuato”. Sono trascorsi ormai due anni da quando la frode è stata scoperta dalle autorità ambientali americane – un software che sui banchi di collaudo indicava una emissione corretta dei gas di scarico ma che su strada consentiva un esorbitante inquinamento ambientale . Per fortuna dopo due anni la macchina investigativa del Tribunale di Braunschweig (competente territoriale per Wolfsburg dove ha sede la centrale Wolkswagen) ha smesso di girare a vuoto e finalmente si è vista in grado di arrestare per la prima volta uno dei più stretti collaboratori di Martin Winterkorn, ex amministratore delegato (ad) del gruppo Volkswagen.
Si tratta di Wolfgang Hatz, ex presidente della Porsche, uno dei più importanti responsabili dello sviluppo dei motori del gruppo di Wolfsburg, che sulla base delle prove raccolte a suo carico è stato arrestato il 27 settembre a Monaco di Baviera. Non si conoscono ancora i motivi dell’arresto di Hatz ma ci suppone che egli abbia avuto a suo tempo un’importante ruolo nella messa punto sviluppo del software che truccava i dati di emissione dei motori diesel Volkswagen. Allo stretto fianco dell’ad Martin Winterkorn anche Hatz che non poteva non essere al corrente della truffa ordita con l’obiettivo di fare della Volkswagen, costi quello che costi, il più grande gruppo automobilistico del mondo. Difficile dire se un simile obiettivo possa ancora essere realistico una volta che le negative ripercussioni del diesel sull’immagine della Volkswagen saranno dimenticate. In attesa che l’oscuro passato venga chiarito la Volkswagen, insieme con tutte le altra case automobilistiche tedesche, si è impegnata a costruire auto elettriche facendo però nello stesso tempo tutto il possibile per evitare che il motore diesel, fino a due anni fa orgoglio della migliore tecnologia tedesca, si avvii nei prossimi decenni a divenire un capitolo chiuso.
Il dieselgate non è stato una caduta di scarso rilievo e autorizza la domanda se dopo averlo in un qualche modo superato il gruppo Volkswagen abbia ancora i presupposti per sfidare i grandi roduttori mondiali – giapponesi, cinesi o americani che siano – per conquistare quel primato che Wintern s’era illuso di vincere barando. “Abbiamo capito la lezione”, ha affermato l’attuale ad del gruppo Volkswagen Matthias Mueller, annunciando alla fiera IAA di aver deciso un’offensiva nel settore dell’auto elettrica in grado di soddisfare domanda ed esigenze del futuro mercato automobilistico. In futuro ognuno dei circa 300 modelli prodotti dalla Volkswagen avrà una sua propria variante elettrica ed entro il 2025 il gruppo di Wolfsburg sarà stato in grado di mettere sul mercato nuovi 80 modelli di cui 50 puramente elettrici e gli altri 30 in versione ibrida. Vale a dire auto dotate di due motori: il primo tradizionale a conbustione interna alimentato a benzina o a diesel, il secondo alimentato, invece, da una batteria elettrica. Più o meno è questo anche il programma delle altre case tedesche – Daimler, Audi, Porsche,Bmw – la quale ultima sta lavorando a un programma di 25 modelli elettrici, di cui 13 ibridi e 12 esclusivamente elettrici, di cui una, “Vision Dynamics”, con una velocità superiore ai 200 km/h e un’autonomia di 600 chilometri.
All’inaugurazione della mostra internazionale dell’auto IAA la cancelliera Angela Merkel ha invitato l’industria automobilistica tedesca a ripristare il più presto possibile la fiducia nella sua affidabilità, affermando che lo scorretto comportamento di alcuni dei suoi esponenti ha danneggiato anche i consumatori e tratto in inganno molti funzionari statali. Sottolineando l’importanza dell’auto, industria chiave ai fini dell’occupazione e della crescita economica della Germania, la cancelliera ha poi aggiunto che i motori a scoppio dovranno assolutamente divenire più puliti perché soltanto così sarà possibile scongiurare il pericolo di divieti di circolazione delle auto diesel nelle grandi città tedesche. La Merkel ha poi concluso con un appello a evitare un clima di condanna della tecnologia diesel ricordando che dei motori a scoppio la moderna società continuerà ad aver bisogno ancora per alcuni decenni parallelamente alla necessità di incrementare gli investimenti in nuove tecnologie di trasporto.
Durante tutta la campagna elettorale per le politiche del 24 settembre che hanno visto ancora una volta il trionfo di Cdu-Csu, la cancelliera Merkel non ha mai smesso di assicurare la sua ferma opposizione a un divieto di circolazione delle auto diesel nelle grandi città. Una promessa non facile da mantenere qualora nel corso dell’ormai prossima stagione invernale il maltempo dovesse provocare un peggioramento degli indici dell’inquinamento dell’ossido di azoto (NOx). Intanto è chiaro che tra le promesse elettorali della Merkel c’è anche quella di una facilitazione fiscale a favore delle case automobilistiche che attueranno quel piccolo e poco costoso intervento sul software dei motori diesel truccati che dovrebbe aiutare a ridurre, ma sicuramente non molto, l’inquinamento dell’ambiente. Le case automobilistiche tedesche, al contrario di molti altri paesi europei, hanno ancora il vantaggio di non avere in casa il problema delle “class action”, vale a dire quelle azioni collettive che nel caso del dieselgate potrebbero essere in grado di intevenire anche in Germania nei confronti del gruppo Volkswagen. Maggiori difficoltà avrà sicuramente la Volkswagen in Italia, dove l’istituto della class action è stato recentemente approvato in dal Tribunale di Venezia.
Conseguentemente i proprietari di una vettura delle varie marche Volkswagen hanno avuto tempo fino al primo ottobre la possibilità di partecipare alla class action organizzata dall’agenzia Altroconsumo. La quale si è proposta di dimostrare che le auto tedesche avevano un sistema di controllo delle emissioni truccato e che anche dopo l’intervento sul software il grado del loro inquinamento è eccessivo. Per la Volkswagen Italia non sarà facile dimostrare l’efficacia degli interventi sul software dei motori Vw, anche tenendo conto di risultati ai quali saranno pervenute nel frattempo le class action in corso anche in altri Paesi. Considerato che negli Usa 600mila vetture immatricolate hanno obbligato la Volkswagen a pagare ai suoi proprietari compensazioni per circa otto miliardi di euro è facile immaginare quanto alto potrebbe essere il danno nella UE qualora le prossime varie class action avessero successo. Indipendentemente dal loro risultato, esse avranno l’effetto di accelerare l’ormai irreversibile crepuscolo del diesel.