Una condanna da molti ritenuta ingiusta, per almeno due ragioni. La prima è che da parte lesa, Righi si è inspiegabilmente ritrovato ad essere quella imputata, visto che la storia inizia con una sua denuncia ad una pensione privata per animali, dopo che i suoi tre cani gli erano stati uccisi senza ragione e in barbara maniera.
La seconda è che in quella manifestazione animalista Simone Righi non ha avuto alcun comportamento violento e a testimoniarlo ci sono video, disponibili su internet, e testimonianze, mai però prese in considerazione nel corso del processo. Non solo, nel corso di quella protesta, Simone viene picchiato ed arrestato. La giustificazione fu che, essendo italiano, sarebbe potuto fuggire, cosa ammissibile solo di fronte ad un soggetto pericoloso, caso che non appartiene né a Simone né alla fidanzata Jo, due ragazzi tranquilli. Dietro tanto accanimento ci potrebbe invece essere la volontà di nascondere qualcos’altro, tesi rafforzata dalla notizia ufficiosa che al processo sarebbero stati presenti anche alcuni membri del Governo.
La innocenza di Simone è talmente palese che ha mobilitato subito diverse figure istituzionali, arrivando a 10 mila firme di petizione e ad un sit-in, tenutosi il 22 febbraio davanti a Piazza Montecitorio, con l’obiettivo di chiedere assistenza e tutela giuridica per Simone ed un intervento forte di governo e parlamento. Un interesse che si deve in gran parte alla determinazione della stessa fidanzata Jo Fiori, che per la causa ha partecipato a trasmissioni televisive e informato costantemente sul web. È lei stessa a diffondere in rete la sua storia. Eccone uno stralcio.
“Tutto ebbe inizio il 13 settembre 2007, quando due italiani, Jo Fiori e Simone Righi, nel corso di una loro vacanza a Cadice, lasciarono i loro tre cani, Holly, Vito e Maggie presso una pensione per animali privata a pagamento e Associazione animalista di Puerto Real (Cadice), convenzionata con una quindicina di comuni della zona. Il soggiorno di quattro giorni venne concordato con il veterinario della struttura, Roberto Alfredo Parodi. Il 17 settembre 2007, come da accordi, andarono a prendere i cani, ma non c’erano più, erano stai uccisi. Sconvolti, pretesero vedere il cadavere di Holly, preso da un congelatore, impilato sopra ad altri cadaveri e sbattuto sopra un tavolo di alluminio; videro altri cani morti per terra, il forno crematorio, dove gli altri due cani, Vito e Maggie erano già stati bruciati. Il veterinario e l’operaio presenti fuggirono come lepri. Rimasti soli dentro la struttura, chiamarono immediatamente le forze dell’ordine e scoprirono che la residenza era da tempo sotto indagine per maltrattamento animale e per la forma illegale utilizzata per sacrificare gli animali. Jo e Simone denunciarono i responsabili della struttura per "omicidio volontario continuato", e i membri della famiglia, per "falsa testimonianza" e "falsa documentazione".
L’autopsia su Holly rivelò la presenza di un potente paralizzante muscolare, farmaco illegale per l’eutanasia, che garantisce all’animale una morte lenta, per soffocamento, cosciente e agonizzante sino all’ultimo respiro. La prova permise la chiusura del canile, oltre all’imputazione di cinque persone, chiamate a rispondere nel primo processo per omicidio animale. Venti giorni dopo la morte dei cani, i due italiani decisero di partecipare a Cadice alla manifestazione animalista per la chiusura del canile (verrà chiuso a novembre 2007). Teofila Martinez Saoz, sindaca di Cadice partecipava alla Messa celebrativa della patrona della città, accompagnata dalla Giunta comunale.
I manifestanti si mossero verso la chiesa, Teofila Martinez uscì protetta dalle guardie del corpo e da un impressionante spiegamento di polizia. Passò attraverso una strada stretta, gremita di persone e se ne andò. Jo e Simone erano appoggiati contro una parete, quando due agenti si avvicinarono e senza ragione alcuna li strattonarono, riuscendo a catturare, percuotere a sangue ed arrestare Simone. La vita si capovolse in un minuto, dopo tre giorni in cella d’isolamento, il Giudice sentenziò la detenzione di Righi senza cauzione, nonostante le immagini e i video che riprendevano l’evidente aggressione della Policia local e Policia nacional verso i due italiani. I capi d’accusa erano “intento di attentato, resistenza a pubblico ufficiale e disordine pubblico”.
Il 23 ottobre 2007, Jo fiori venne imputata con gli stessi capi d’accusa di Righi, interrogata, ma mai arrestata. Dopo due mesi di detenzione, due ricorsi, l’intervento dell’ex console di Madrid Sergio Barbanti, del ministro Frattini, dell’on. Marco Zacchera, di Madame Brigitte Bardot e di moltissime altre persone da tutto il mondo e dopo il pagamento di 3.000€ di cauzione, Simone Righi venne rilasciato il 07 dicembre 2007, con obbligo di firma e il ritiro del passaporto.
Inspiegabile l’accanimento del Comune di Cadice, impegnato nel voler distruggere la vita di chi a suo tempo fece la cosa giusta, ovvero denunciare un mattatoio a cielo aperto. L’avvocato Libero Mancuso, che rappresenta i due italiani in Italia, definisce "aberrante la vicenda ed esente da qualsiasi logica". Le accuse si muovono su ipotesi e mai su prove certe. Una storia surreale, una storia che poteva capitare a chiunque, una storia di tutti”.