Si è spento serenamente il 16 giugno del 2017 all’età di ottantasette anni nella sua casa di Ludwigshafen il signor Kohl Helmut Josef Michael di professione colosso della politica europea.
Ecco, potremmo chiudere qui la nota sulla dipartita del cancelliere Helmut Kohl. Chiudere qui e poi confidare sui ricordi dei nostri lettori, sulle immagini legate a quest’uomo e sulle sensazioni che ha suscitato nei nostri animi.
Ma un giornale è fatto di pagine bianche ed è nostro mestiere riempirle. E, poiché su Helmut Kohl è stato pressoché detto e scritto tutto, ci limiteremo a mettere un poco di ordine nei ricordi legati alla sua grande personalità. Ricordi che sono paralleli a quelli della nostra vita d’italiani in Germania e di cittadini europei.
Ve lo ricordate quest’omone di un metro e novantatré dalla faccia gioviale, con un piccolo difetto nella dizione che lo portava a sussurrare la s?
Gli italiani di Ludwigshafen e dintorni lo ricordano meglio degli altri perché lo hanno visto spesso da vicino quando era Ministro Presidente della Renania-Palatinato. Helmut Kohl, Doktor Kohl, era laureato in storia e giurisprudenza con un dottorato di ricerca sulla ricostituzione dei partiti politici nel dopoguerra. E subito arriviamo al primo aspetto contraddittorio di Helmut Kohl. Aveva un’eccellente preparazione accademica ma era un pessimo oratore. I suoi discorsi con la lisca in bocca e un marcato accento della zona di Mannheim/Ludwigshafen lo rendevano decisamente goffo. Questo handicap era tanto più evidente, se si considera che quest’uomo facesse politica ai tempi di Willy Brandt, Herbert Wehner, Oskar Lafontaine e Franz-Joseph Strauß, tutta gente capace di ribaltare umori d’intere generazioni con una sola parlata. Le sue capacità erano altre. Uno spiccato istinto per il potere. Un istinto evidente che l’ha reso l’icona dell’antipatia di un’intera generazione da un lato e l’idolo dei suoi coetanei dall’altro. Non è stato mai ministro. È stato l’unico Cancelliere della Germania a non aver mai guidato un dicastero. Passò al Parlamento nazionale e nel 1973 assunse la presidenza dalla CDU, il partito democristiano della Germania.
Al Bundestag venne fuori tutto il talento del politico Kohl. Un pessimo stratega ma un grande, geniale tattico con la capacità di saper reagire nell’arco di poche ore a tutti gli imprevisti. Franz-Joseph Strauss, leader della bavarese CSU e suo grande rivale, diceva di Helmut Kohl “è impossibile inchiodarlo in una posizione fissa. Ha la consistenza del budino”. Alla fine, proprio per l’impossibilità di inchiodarlo, il grande Franz-Joseph Strauss dovette fare spazio a Helmut Kohl quando si trattò di occupare la poltrona di cancelliere.
E vediamo come diventò cancelliere il Signor Kohl. Una manovra a palazzo. Niente campagna elettorale, niente scontro diretto con un altro monolite della politica tedesca, Helmut Schmidt che dichiarava ai giornalisti: “Il Dr Kohl, dovrebbe smetterla di scervellarsi su cose che non riuscirà mai a capire”. Kohl le cose le capiva invece molto bene. Nel 1982 propone in segreto ai liberali di Genscher un patto di governo. Avanza una mozione di sfiducia al Bundestag, mette in minoranza il cancelliere Schmidt e gli strappa il comando. Et Voilà. Ecco Kohl diventare Cancelliere, alla guida di una nazione potente ma spaccata in due. E qui comincia “La lunga marcia di Helmut Kohl”. Una marcia che lo porta innanzitutto a consolidare il ruolo della Germania all’interno della Comunità Europea.
È stato Kohl e solo Kohl a infondere la sensazione che la divisione della Germania era un problema non solo tedesco ma innanzitutto europeo. Contemporaneamente e definitivamente, Kohl si scrolla di dosso le ceneri della guerra e la responsabilità del nazismo, coniando il concetto della “Gnade der späten Geburt” la benedizione della tarda nascita. Cioè io non sono responsabile per cose accadute prima della mia nascita. Punto e basta. La Germania guarda avanti e senza complessi d’inferiorità. Il passato va rispettato e il futuro dimostrerà quanto sia pacifica la nuova Germania saldamente ancorata in un’Europa Unita. È stata questa filosofia che poi ha spianato la via verso la riunificazione tedesca. Helmut Kohl è stato innanzitutto un esorcista. Ha tirato fuori dagli animi europei, russi e americani la paura della “Grande Germania”.
Ha rassicurato tutti che da una Germania riunificata non sarebbero scaturiti pericoli per nessuno. Kohl ebbe l’intuito e il senso della misura quando avvicinò i russi, con il consenso degli alleati americani, chiedendo prima l’apertura e poi l’abbattimento del muro di Berlino. Lo fece soprattutto salvaguardando la faccia dei russi e mettendo sul tavolo sovietico una barca di soldi. La Germania si riunificò e non fu sparato nemmeno un colpo di fucile. Grazie Signor Kohl. Ora qualcuno dirà che Kohl è stato imputato per il finanziamento illecito al suo partito. Che fu macchiato di disonore quando gli ritirarono la carica di presidente onorario della CDU. Tutto vero, ma è anche vero che non ha mai messo una lira nelle proprie tasche. È morto e non ha lasciato debiti né materiali né morali. Volle anche per questo al suo fianco Willy Brandt, quando annunciò la riunificazione delle due Germanie.
Un’immagine racchiude tutto l’essere di Helmut Kohl. Un tizio gli lanciò addosso delle uova marce. Il Cancelliere si svincolò dalle sue guardie del corpo per afferrarlo. I suoi uomini lo bloccarono e dovettero proteggere lo scostumato contestatore dai ceffoni del Kanzler. Un uomo che aveva manovrato i destini d’intere nazioni, pronto a scazzottarsi con uno sconosciuto. Questo è stato Helmut Kohl. Simpatico, antipatico, grande opportunista, benefattore e anche spietato conservatore del proprio potere. Ma sempre, in ogni situazione e in ogni momento, un uomo autentico e vero.