Dal 1979 esiste un Parlamento Europeo, eletto suffragio universale, che rappresenta oltre mezzo miliardo di cittadini distribuiti nei Paesi che hanno aderito all’Unione. C’è anche una Corte di Giustizia Europea, una Banca Centrale Europea (BCE), e una moneta unica. Insomma, l’UE, pur col Brexit Britannico, tenderà a espandersi ancora verso l’est. L’Italia è stata uno dei primi Paesi a credere in una Federazione Comunitaria. Da Roma sono nate quelle premesse che hanno portato il Vecchio Continente all’attuale realtà. Eppure, il Bel Paese è sempre in crisi economica; anche se non d’identità. Questo non ci sembra, però, il luogo per focalizzare delle responsabilità politiche che, in ogni caso, ci sono. Il nostro vuole essere un intervento informativo. L’Italia ha da affrontare problemi interni che l’Unione non potrà fare suoi. Certo è che, oltre i confini politici degli Stati, ci sono anche delle nostre mete interne da conquistare. Ma essere europei è importante. Sotto ogni profilo. Del resto, più di tre milioni di cittadini italiani vivono in altri Paesi UE e la loro integrazione si è realizzata in termini ormai più che fisiologici. Quindi, italiani sì, ma anche cittadini d’Europa.
La nostra Comunità nel Vecchio Continente è, sicuramente, più numerosa di quella in essere nelle Americhe. Mostrarsi europei, quindi, significa anche condividere una realtà ben più articolata di quella vissuta nel territorio nazionale. Mentre riteniamo che in questo nuovo Millennio la società europea sarà ampiamente multi etnica, potrebbe essere anche realizzata una Costituzione Europea. Quindi, anche mutare perfino i rapporti politici tra gli Stati UE. La nostra è più che un’ipotesi.
Pure se ci vorrà ancora tempo per superare alcuni comportamenti tipicamente “nazionali”, non verrà meno l’impegno per andare oltre. Superati i compromessi, la realtà che ci attende incoraggerà anche il rilancio del nostro sviluppo. Perché essere “parte” di un “tutto” resta una garanzia che non è sfuggita a chi si sente europeo nell’essere.