Oggi più che mai alla luce di quanto ancora sta accadendo nella vecchia cara Europa, a dispetto di quanto detto e soprattutto dei proclami di cui si riempiono la bocca politici e pseudo tali, quale è l’importanza del “realismo cristiano” che ci permette di vedere il tema delle migrazioni in maniera più completa ed oggettiva evitando di cadere nel “sentimentalismo” che oggi va per la maggiore? Un conto è la persona che emigra con tutte le sue problematiche personali, un conto, invece, sono le politiche migratorie che devono considerare innanzitutto il diritto di poter crescere, lavorare e vivere con dignità nel proprio Paese di origine. In secondo luogo a fuggire non sono mai le persone più povere ma persone che hanno i soldi.
Inoltre i Paesi in via di sviluppo corrono il pericolo di veder mancare la fascia giovanile che potrebbe essere fondamentale per il loro sviluppo. Senza considerare il fattore della ‘criminalità organizzata’ coinvolta nell’organizzazione di questi viaggi e che a sua volta alimenta il terrorismo internazionale. Importante è anche la comprensione e l’utilizzo appropriato dei termini della questione. Se i termini: migrante, profugo e rifugiato sono usati con lo stesso significato e non con il proprio specifico si crea un caos terminologico che non aiuta la comprensione del fenomeno. In questi anni, 100 milioni di persone potrebbero migrare in Europa provenienti dalla sola area dell’Africa subsahariana. Si porrebbero le basi per un caos sociale, e questo caos avrebbe anche una sua “regia” che mira a sminuire le identità nazionali per creare un “nuovo ordine” mondiale sostenuto da un’etica comune e basato sul sincretismo religioso.
Questa regia ha l’intenzione di contrastare l’influenza della Chiesa cattolica che a sua volta è fortemente in opposizione al nuovo ordine mondiale in particolare sul tema del controllo delle nascite e della promozione dei cosiddetti diritti civili. L’accelerazione degli arrivi e degli spostamenti ha un’origine ben circoscritta nel tempo e corrisponde agli effetti indesiderati delle primavere arabe che tra il 2010 e il 2011 hanno portato alla destabilizzazione del mondo arabofono. Passando dalla storia di ieri in cui “l’autore biblico” narra con frequenza di carestie, catastrofi naturali, esodi e spostamenti con connotati sia negativi che positivi ma sempre … “provvidenziali” a quella di oggi, sempre con maggior insistenza si parla di “un’invasione preordinata” dell’Europa di cui, l’Italia e la Grecia, sarebbero il “ventre molle” da cui partire per indebolire l’intero continente.
Come ci insegna Papa Francesco, la comunità cristiana predica l’accoglienza ma lo stesso Pontefice, saggiamente, parla anche di limiti oggettivi di cui ogni nazione dovrebbe prudenzialmente tenere conto. In conclusione sarebbe sapiente da parte dei cristiani che accolgono i migranti aggiungere all’aspetto materiale del quanto dare e del come dare, l’aspetto spirituale della preghiera per contribuire ad un ritorno dell’Europa ai suoi fondativi valori cristiani. Gianni Vattimo, filosofo e padre del “pensiero debole”, nel 1994, quando ci fu l’implosione del partito dei cattolici, scrisse un articolo in cui parafrasando, diceva: “adesso che non c’è più la DC, cosa facciamo fare ai cattolici? Sono tanto bravi con i drogati; mettiamoli ad occuparsi delle “patologie” sociali mentre alla “fisiologia” sociale pensiamo noi”.
Questo assunto ci fa toccare la questione di fondo: oggi i cattolici non adoperano tutto il bagaglio della Dottrina sociale della Chiesa perché la conoscono poco ed il motivo per cui la conoscono poco risiede nel fatto che molti pensano che essa non debba più esistere in quanto “residuo ideologico” del passato; desiderio da parte della Chiesa di “conquistare” la società e di non rispettare il pluralismo, l’autonomia del mondo e la sovranità della coscienza personale. Il Magistero di Papa Giovanni Paolo II ci ricorda, invece, che la Dottrina sociale non è altro che il semplice ed integrale annuncio di Cristo nelle realtà temporali.
Il futuro della Pastorale sociale sarà nelle mani di piccole comunità creative che dal basso, recupereranno l’intero quadro della Dottrina sociale della Chiesa, per convinzione e con nuovo spirito di militanza, nutrendo questa esperienza con l’intera vita cristiana… Possono essere comunità di famiglie, gruppi parrocchiali, amici che si formano in una Scuola diocesana…..da soli o seguiti da un sacerdote o, perché no, da un Vescovo… Poi penserà lo Spirito Santo ad animarli e a collegarli tra loro in rete per farne qualcosa di nuovo… Piccole comunità creative che non smettano di sentire con tutta la Chiesa e che resistano alla tendenza di adeguarsi allo spirito del mondo, proprio per servirlo pienamente.