Al ministro dell’Interno Maroni le considerazioni della deputata Laura Garavini, capogruppo democratica nella Commissione Antimafia, non sono state digerite e ha minacciato querela.
Le critiche a Maroni ponevano l’accento di non aver dato ai Prefetti alcun impulso a collaborare con la commissione per verificare realmente il rispetto del Codice di Autoregolamentazione sulle candidature, parlando di “reticenza“. “D’altra parte lo stesso ministro – aveva detto la Garavini – nulla ha fatto per accertare se, nei comuni e nelle ASL della Lombardia di cui si parla ampiamente nelle operazioni contro la ’ndrangheta portate a termine nel mese di luglio, ci fossero situazioni di reale condizionamento mafioso. Ha preferito fare finta di nulla per non dover constatare che le mafie si sono ben insediate in quel territorio ed hanno ottimi rapporti con esponenti politici della sua maggioranza“.
Di qui l’annuncio del ministro di aver dato il mandato ai suoi legali ad agire contro affermazioni “offensive“ e “inaccettabili“. Il Pd si è schierato prontamente in difesa della deputata condividendone la posizione, e creando uno scudo intorno alla deputata poiché nella sede opportuna aveva espresso le proprie considerazioni. La questione è stata affrontata in una conferenza stampa alla Camera da Emanuele Fiano e Andrea Orlando, responsabili sicurezza e giustizia del Pd. “Maroni – ha detto il responsabile della Sicurezza del Pd Fiano – avrebbe fatto bene a fornire una ‚’risposta politica’’ a queste osservazioni, invece di sporgere querela”.
Il suo “è un tentativo di intimidazione al quale intendiamo reagire con forza“ perché la Garavini “ha semplicemente rivolto delle domande ed espresso opinioni nella sua veste di parlamentare. E credo sia la prima volta nella storia della Repubblica – ha proseguito Fiano – che un ministro quereli un parlamentare invece di rispondergli“. “Le prefetture sono sempre state uno strumento prezioso per l’Antimafia – dicono dal PD – vorremmo che continuassero a esserlo senza che ci si attaccasse a una copertura normativa per impedirgli di collaborare con le altre istituzioni”.
“Invece di perdere tempo con le querele – affermano i democratici – il ministro farebbe bene ad aiutare i prefetti a rispondere sullo stato d’infiltrazione della criminalità in Lombardia”. “Da Maroni attendiamo risposte, non querele“- ha detto invece il responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando, in una conferenza stampa a Montecitorio. La Garavini – ha rimarcato Orlando, “ha detto cose non dissimili da quelle del presidente dell’Antimafia Pisanu“ che ha denunciato presenze “indegne“ nelle liste dei partiti e una scarsa collaborazione da parte dei prefetti”.
Il presidente dell’Antimafia Beppe Pisanu, infatti, ultimamente aveva lanciato un allarme sul fatto che alle ultime elezioni amministrative non tutte le liste sarebbero state al riparo da infiltrazioni mafiose. “Noi condividiamo le considerazioni della collega Garavini e dunque invitiamo Maroni a denunciare anche noi“ afferma Orlando il quale rileva che “esiste però un aspetto politico“ che va oltre il caso della Garavini, ovvero “la questione dei prefetti“ e della loro “leale collaborazione istituzionale“ che è stata “richiesta all’unanimità‘ dalla Commissione Antimafia“.
Nella questione delle infiltrazioni “ci sono responsabilità delle forze politiche e istituzionali che non possono essere delegate alle forze di polizia“. Alcuni prefetti, fra cui quello di Milano, hanno deciso di non rispondere alle sollecitazioni dell’Antimafia sul perché nelle ultime amministrative non sia stato rispettato il Codice di autoregolamentazione approvato all’unanimità dalla commissione per evitare che venissero candidate persone in odore di mafia, Orlando si chiede se per caso non siano arrivate precise “indicazioni” da parte del Viminale.
“Noi non vogliamo dare pagelle, dividere i prefetti in buoni e cattivi, tra chi collabora e chi no. Noi non sappiamo se c’e‘ un’iniziativa di alcuni prefetti (che non collaborano) o se si attengono ad una indicazione del Ministero. Vogliamo sapere cosa è successo per fare venire meno quella leale collaborazione istituzionale che era stata assicurata dallo stesso Maroni e dal presidente dell’Antimafia“. Quindi Orlando si aspetta risposte. Nel frattempo gli esponenti di Sinistra e Libertà Carlo Leoni, Claudio Fava e l’ex presidente dell’Antimafia Francesco Forgione scrivono ai presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini per chiedere che si facciano loro garanti del rispetto del Codice di Autoregolamentazione, approvato all’unanimità in Antimafia il 18 febbraio 2010, e che impegna i partiti a non candidare persone rinviate a giudizio o condannate per reati come quelli di mafia oltre che quelli di usura, estorsione, riciclaggio, traffico di rifiuti e terrorismo.
L’Italia dei Valori presenta al Senato un ddl e una mozione per chiedere l’attuazione del Codice proponendo l’ineleggibilità‘, ma anche l’incandidabilità di chi è giudicato, da sentenze, in odore di mafia.